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Di Raffaele Lauro (del 10/12/2010 @ 17:07:08, in Il commento politico, linkato 413 volte)
Facebook. Lauro (PdL): L'utilizzo per ore, in una stessa giornata, dei social network, da parte dei minori, può portare all'analfabetismo emotivo. E' necessario un Osservatorio Nazionale. Con una interpellanza ai Ministri dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e della Gioventù, il Sen. Raffaele Lauro (PdL) affronta i temi della tutela della privacy e dei minori nell'utilizzo dei social network, con particolare riferimento a Facebook, e formula alcune proposte al Governo, tra le quali un Osservatorio Nazionale sul fenomeno. "Nel caso di Facebook - ha dichiarato Lauro - risulta di fatto impossibile garantire la privacy, perché è l'utente stesso che immette volontariamente i propri dati in rete, nel momento in cui compila il proprio profilo, all'interno del quale possono essere presenti la propria foto, il nome e il cognome, l'indirizzo, il tipo di lavoro, gli hobbies ed altro. Tali informazioni sono, peraltro, disponibili per ogni 'amico' collegato alla rete virtuale dell'utente. Benché alcuni utilizzino uno pseudonimo e, al posto della foto personale, talvolta inseriscano la foto di un personaggio famoso o un disegno, la maggior parte degli utenti sceglie comunque di presentarsi con le proprie reali generalità. Inoltre, l'iscrizione comporta automaticamente l'accettazione del contratto d'uso, che prevede, oltre alla cessione al titolare del sito dei diritti d'uso dei contenuti immessi, la non responsabilità della società per i danni che l'utente può subire a causa dell'uso del sito stesso." "Non si può più ignorare che i social network - ha precisato Lauro - prevedono un limite d'età per l'accesso e l’iscrizione, ma, poiché non esiste alcun modo di verificare se l'età dichiarata dall'utente corrisponde a quella reale, di fatto qualunque minore intelligente può con facilità iscriversi, ad esempio, a Facebook; che i minori e i giovani in generale immettono in rete dati sensibili con facilità, sia perché non posseggono la stessa concezione della privacy delle generazioni più vecchie, sia perché non ritengono che i dati sensibili costituiscano una fonte di potenziali pericoli; che i minori possono essere fatti oggetto di bullismo attraverso la rete (il cosiddetto cyberbullismo), sotto forma di aggressioni verbali e minacce più o meno spinte, ma possono evitare di farne parola con i propri genitori, con altri parenti, o con i conoscenti (entra in gioco, infatti, un meccanismo di blocco psicologico dovuto, a seconda dei casi, alla paura che si avverino le minacce ricevute, oppure al senso di vergogna per essersi ritrovati vittime impotenti della situazione); che i minori possono anche essere fatti oggetto di attenzione sessuale da parte di singoli individui o gruppi organizzati (anche in questo caso è possibile che i giovani non rivelino ad alcuno la situazione per senso di vergogna o per il timore di punizioni da parte dell'adulto); che alcuni minori trascorrono molte ore nei collegamenti a uno o più social network (di per sé questo comportamento non provoca arresti dello sviluppo o danni irreversibili a livello della personalità, ma, di fatto, limitando le interazioni fisiche del minore con i coetanei e con il proprio contesto di vita, può condurre a una sorta di 'analfabetismo emotivo', cioè alla difficoltà - da parte del minore prima e dell’adulto poi - sia nel gestire le complesse dinamiche di rapporto con le persone reali che nell'assumersi la responsabilità delle conseguenze che le proprie parole e le proprie azioni generano nell'altro)." "Chiedo - ha aggiunto Lauro - al Governo di intervenire per ottenere dai gestori dei siti a rendere ben evidente l'informativa relativa alle condizioni d'uso, a differenziare i livelli di consenso al trattamento dati (compresa l'indicizzazione del profilo nei motori di ricerca) e a consentire all'utente la propria cancellazione dal sito tramite una procedura chiara e di facile accesso (di recente anche Facebook ha reso più semplice l'identificazione del procedimento cancellazione), nonché per incoraggiare gli utenti a usare uno pseudonimo al posto del vero nome, a non immettere dati sensibili come la propria foto, il proprio indirizzo, la propria sede di lavoro, le scuole o le università frequentate e in genere tutti quegli elementi della propria biografia che possano consentire la localizzazione dell'utente ad accettare l'amicizia nell'ambito del social network solo nel caso di persone già ben conosciute in contesti reali; per promuovere campagne di sensibilizzazione dei genitori, attraverso i media (TV e giornali), invitando le famiglie a non trascurare la conoscenza di come i figli utilizzano la rete e a non rifuggire dal dialogo con loro; per promuovere, anche tramite le istituzioni scolastiche, campagne di sensibilizzazione rivolte direttamente ai minori e finalizzate all’uso responsabile e intelligente dei social network." "Bisogna istituire con urgenza - ha concluso Lauro - un Osservatorio Nazionale e/o più osservatori regionali, finalizzati alla raccolta di informazioni e allo studio delle attuali modalità di utilizzo della rete da parte dei giovani, nonché incaricati di monitorare gli effetti delle nuove tecnologie sulla vita e sul comportamento delle giovani generazioni." ----------- Internet: Lauro (Pdl), serve osservatorio nazionale su effetti social network Interpellanza, 'su Facebook di fatto impossibile garantire la privacy' Roma, 11 dic. (Adnkronos) - Con una interpellanza ai Ministri dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e della Gioventù, il Sen. Raffaele Lauro (PdL) affronta i temi della tutela della privacy e dei minori nell'utilizzo dei social network, con particolare riferimento a Facebook, e formula alcune proposte al Governo, tra le quali un Osservatorio Nazionale sul fenomeno. "Nel caso di Facebook - ha dichiarato Lauro - risulta di fatto impossibile garantire la privacy, perché è l'utente stesso che immette volontariamente i propri dati in rete, nel momento in cui compila il proprio profilo, all'interno del quale possono essere presenti la propria foto, il nome e il cognome, l'indirizzo, il tipo di lavoro, gli hobbies ed altro''. ''Tali informazioni sono, peraltro, disponibili per ogni 'amico' collegato alla rete virtuale dell'utente. Benché alcuni utilizzino uno pseudonimo e, al posto della foto personale, talvolta inseriscano la foto di un personaggio famoso o un disegno, la maggior parte degli utenti sceglie comunque di presentarsi con le proprie reali generalità . Inoltre -rileva Lauro- l'iscrizione comporta automaticamente l'accettazione del contratto d'uso, che prevede, oltre alla cessione al titolare del sito dei diritti d'uso dei contenuti immessi, la non responsabilità della società per i danni che l'utente può subire a causa dell'uso del sito stesso". (segue) (Pun/Ct/Adnkronos) Internet: Lauro (Pdl), serve osservatorio nazionale su effetti social network (2) (Adnkronos) - "Non si può più ignorare -osserva Lauro- che i social network prevedono un limite d'età per l'accesso e l’iscrizione, ma, poiché non esiste alcun modo di verificare se l'età dichiarata dall'utente corrisponde a quella reale, di fatto qualunque minore intelligente può con facilità iscriversi, ad esempio, a Facebook; che i minori e i giovani in generale immettono in rete dati sensibili con facilità , sia perché non posseggono la stessa concezione della privacy delle generazioni più vecchie, sia perché non ritengono che i dati sensibili costituiscano una fonte di potenziali pericoli''. I minori, poi, ''possono essere fatti oggetto di bullismo attraverso la rete (il cosiddetto cyberbullismo), sotto forma di aggressioni verbali e minacce più o meno spinte, ma possono evitare di farne parola con i propri genitori, con altri parenti, o con i conoscenti (entra in gioco, infatti, un meccanismo di blocco psicologico dovuto, a seconda dei casi, alla paura che si avverino le minacce ricevute, oppure al senso di vergogna per essersi ritrovati vittime impotenti della situazione)''. (segue) (Pun/Ct/Adnkronos) Internet: Lauro (Pdl), serve osservatorio nazionale su effetti social network (3) (Adnkronos) - Il senatore del Pdl sottolinea poi ''che i minori possono anche essere fatti oggetto di attenzione sessuale da parte di singoli individui o gruppi organizzati (anche in questo caso è possibile che i giovani non rivelino ad alcuno la situazione per senso di vergogna o per il timore di punizioni da parte dell'adulto); che alcuni minori trascorrono molte ore nei collegamenti a uno o più social network (di per sé questo comportamento non provoca arresti dello sviluppo o danni irreversibili a livello della personalità , ma, di fatto, limitando le interazioni fisiche del minore con i coetanei e con il proprio contesto di vita, può condurre a una sorta di 'analfabetismo emotivo', cioè alla difficoltà - da parte del minore prima e dell’adulto poi - sia nel gestire le complesse dinamiche di rapporto con le persone reali che nell'assumersi la responsabilità delle conseguenze che le proprie parole e le proprie azioni generano nell'altro)." Lauro chiede quindi al governo di intervenire per ottenere dai gestori dei siti un impegno ''a rendere ben evidente l'informativa relativa alle condizioni d'uso, a differenziare i livelli di consenso al trattamento dati (compresa l'indicizzazione del profilo nei motori di ricerca) e a consentire all'utente la propria cancellazione dal sito tramite una procedura chiara e di facile accesso (di recente anche Facebook ha reso più semplice l'identificazione del procedimento cancellazione), nonché per incoraggiare gli utenti a usare uno pseudonimo al posto del vero nome, a non immettere dati sensibili come la propria foto, il proprio indirizzo, la propria sede di lavoro, le scuole o le università frequentate e in genere tutti quegli elementi della propria biografia che possano consentire la localizzazione dell'utente e ad accettare l'amicizia nell'ambito del social network solo nel caso di persone già ben conosciute in contesti reali''. (segue) (Pun/Ct/Adnkronos) Internet: Lauro (Pdl), serve osservatorio nazionale su effetti social network (4) (Adnkronos) - E' infine opportuno per Lauro ''promuovere campagne di sensibilizzazione dei genitori, attraverso i media (TV e giornali), invitando le famiglie a non trascurare la conoscenza di come i figli utilizzano la rete e a non rifuggire dal dialogo con loro'', oltre che ''promuovere, anche tramite le istituzioni scolastiche, campagne di sensibilizzazione rivolte direttamente ai minori e finalizzate all’uso responsabile e intelligente dei social network." "Bisogna istituire con urgenza - conclude Lauro - un Osservatorio Nazionale e/o più osservatori regionali, finalizzati alla raccolta di informazioni e allo studio delle attuali modalità di utilizzo della rete da parte dei giovani, nonché incaricati di monitorare gli effetti delle nuove tecnologie sulla vita e sul comportamento delle giovani generazioni." (Pun/Ct/Adnkronos)
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LAURO - Ai Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della gioventù Premesso che: - nel caso di social network, come Facebook, risulta di fatto impossibile garantire la privacy, perché è l'utente stesso che immette volontariamente i propri dati in rete, nel momento in cui compila il proprio profilo, all'interno del quale possono essere presenti la propria foto, il nome e il cognome, l'indirizzo, il tipo di lavoro, gli hobbies ed altro. Tali informazioni sono, peraltro, disponibili per ogni 'amico' collegato alla rete virtuale dell'utente. Benché alcuni utilizzino uno pseudonimo e, al posto della foto personale, talvolta inseriscano la foto di un personaggio famoso o un disegno, la maggior parte degli utenti sceglie comunque di presentarsi con le proprie reali generalità; - l'iscrizione a un social network, come Facebook, comporta automaticamente l'accettazione del contratto d'uso, che prevede, oltre alla cessione al titolare del sito dei diritti d'uso dei contenuti immessi, la non responsabilità della società per i danni che l'utente può subire a causa dell'uso del sito stesso, considerato che: - i social network prevedono un limite d'età per l'accesso e l’iscrizione, ma poiché non esiste alcun modo di verificare se l'età dichiarata dall'utente corrisponde a quella reale, di fatto qualunque minore intelligente può con facilità iscriversi, ad esempio, al sito di Facebook; - i minori e i giovani in generale immettono in rete dati sensibili con facilità, sia perché non posseggono la stessa concezione della privacy delle generazioni più vecchie, sia perché non ritengono che i dati sensibili costituiscano una fonte di potenziali pericoli; - i minori possono essere fatti oggetto di bullismo attraverso la rete (il cosiddetto cyberbullismo), sotto forma di aggressioni verbali e minacce più o meno spinte, ma possono evitare di farne parola con i propri genitori, con altri parenti, o con i conoscenti. Entra in gioco, infatti, un meccanismo di blocco psicologico dovuto, a seconda dei casi, alla paura che si avverino le minacce ricevute, oppure al senso di vergogna per essersi ritrovati vittime impotenti della situazione; - i minori possono anche essere fatti oggetto di attenzione sessuale da parte di singoli individui o gruppi organizzati. Anche in questo caso è possibile che i giovani non rivelino ad alcuno la situazione per senso di vergogna o per il timore di punizioni da parte dell'adulto; - alcuni minori trascorrono molte ore nei collegamenti a uno o più social network. Di per sé questo comportamento non provoca arresti dello sviluppo o danni irreversibili a livello della personalità, ma, di fatto, limitando le interazioni fisiche del minore con i coetanei e con il proprio contesto di vita, può condurre a una sorta di "analfabetismo emotivo", cioè alla difficoltà - da parte del minore prima e dell’adulto poi - sia nel gestire le complesse dinamiche di rapporto con le persone reali che nell'assumersi la responsabilità delle conseguenze che le proprie parole e le proprie azioni generano nell'altro, si chiede di sapere se il Governo intenda intervenire: - per costringere i gestori dei siti a rendere ben evidente l'informativa relativa alle condizioni d'uso; a differenziare i livelli di consenso al trattamento dati (compresa l'indicizzazione del profilo nei motori di ricerca); a consentire all'utente la propria cancellazione dal sito tramite una procedura chiara e di facile accesso (di recente anche Facebook ha reso più semplice l'identificazione del procedimento cancellazione); - per incoraggiare gli utenti a usare uno pseudonimo al posto del vero nome; a non immettere dati sensibili come la propria foto, il proprio indirizzo, la propria sede di lavoro, le scuole o le università frequentate e in genere tutti quegli elementi della propria biografia che possano consentire la localizzazione dell'utente; ad accettare l'amicizia nell'ambito del social network solo nel caso di persone già ben conosciute in contesti reali; - per promuovere campagne di sensibilizzazione dei genitori,attraverso i media (TV e giornali), invitando le famiglie a non trascurare la conoscenza di come i figli utilizzano la rete e a non rifuggire dal dialogo con loro; - per promuovere anche campagne di sensibilizzazione rivolte direttamente ai minori e finalizzate all’uso responsabile e intelligente dei social network; - per costituire, quanto prima, un osservatorio nazionale e/o più osservatori regionali finalizzati alla raccolta di informazioni e allo studio delle attuali modalità di utilizzo della rete da parte dei giovani, nonché incaricati di monitorare gli effetti delle nuove tecnologie sulla vita e sul comportamento delle giovani generazioni; - per dotare i computer destinati ai minori, tramite predisposizione già al momento dell'acquisto, di programmi-filtro con i quali gli adulti possano limitare gli accessi a siti potenzialmente dannosi o non sufficientemente sicuri.
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COMUNICATO STAMPA DEL SEN. RAFFAELE LAURO (PdL) (Senato, 10 dicembre 2010) ORDINE GIORNALISTI. LAURO (PdL): Con l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti verrà a cadere un'anomalia tutta italiana all'interno dell'Unione Europea e si restituirà piena dignità professionale a chi svolge la professione di giornalista. Tornare alla rivoluzione liberale di Luigi Eiunaudi Con un disegno di legge, in un unico articolo, presentato stamane al Senato, il sen. Raffaele Lauro (PdL) propone l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti, come disciplinato dalla legge n. 69 del 1963 e che compone quella parte della legislazione statale che, nel corso dei decenni, si è stratificata in materia di comunicazione e di informazione. Tale intento soppressivo deriva sostanzialmente dai profondi ed irreversibili mutamenti che i processi telematici e di Internet hanno determinato sul versante della liberalizzazione dei sistemi di comunicazione. La rivoluzione informatica, già nei fatti, ha determinato uno spostamento radicale dalla "materialità" della carta stampata al mondo del web, determinando di conseguenza anche concettualmente una coincidenza tra il concetto di libertà di stampa con quello di libertà di opinione. "La legge che propongo di abrogare - ha dichiarato Lauro - ha garantito e tutelato, fin dal suo nascere, più che la libertà di stampa, la stampa, intesa come corporazione giornalistica. Già nel 1945, Luigi Einaudi aveva levato la voce contro l’istituzione di un Ordine dei Giornalisti, definendo addirittura immorale un albo obbligatorio, perché avrebbe posto un limite a quel che limiti non ha, e non dovrebbe avere, cioè alla libera espressione del pensiero. Ammettere il principio dell’albo obbligatorio avrebbe resuscitato i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti. Una previsione, quella di Einaudi, primo Presidente della Repubblica, che ha trovato drammatico riscontro nella realtà di questi decenni repubblicani, fino ad oggi. Il dettato costituzionale e la lettera stessa dell’articolo 21 della Costituzione (libertà di pensiero e di stampa) consentono a tutti i cittadini l'esercizio della libertà di stampa, mentre la legge n. 69 del 1963 ha stabilito il contrario, perchè nessuno può assumere il titolo, né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell'albo professionale." "Con l'abolizione dell'Ordine - ha aggiunto Lauro - verrà a cadere un'anomalia tutta italiana all'interno dell'Unione Europea e si restituirà piena dignità professionale a chi svolge la professione di giornalista. Ogni singolo professionista risponderà della sua capacità di esercitare la professione nei termini di legge. Avremo professionisti che non vedrebbero minato il loro diritto alla libertà di opinione od espressione, semplicemente perché un ordine impone, come etica collettiva, quella che invece dovrebbe essere un’etica individuale. Resterà ovviamente salvo il diritto per ogni categoria di organizzarsi come ritiene più opportuno, ad esempio con associazioni di categoria o associazioni parasindacali, ma non tramite ordini, ai quali è obbligatorio iscriversi." " Parliamo sempre di Europa, ma difendiamo tutte le vecchie logiche corporativistiche. Nel resto d’Europa - ha concluso Lauro -la professione è governata da logiche prevalentemente associativo-sindacali, anche se non mancano iniziative di regolazione professionale con il concorso di autorità pubbliche. In sostanza, si vede chiaramente che l’attività giornalistica è concepita secondo logiche di mercato, associativo-sindacali e organizzative proprie delle aziende editoriali, in cui viene svolto il lavoro vero e proprio. Da una parte gli editori, dall’altra i giornalisti (tutelati da uno o più sindacati). Lo Stato interviene in rari casi, partecipando alle commissioni che abilitano i giornalisti alla professione. In altri casi, come in Gran Bretagna o in Germania, lo Stato non c’entra affatto. Bisogna spingere verso il modello più avanzato europeo ed aprire l’esercizio della professione a tutti coloro che la esercitano di fatto. Il lungo dibattito sulla riforma dell’Ordine non è arrivato a nulla e dimostra probabilmente l’impossibilità di un'autoriforma. Solo con l'abrogazione della legge, unitamente al depotenziamento di posizioni di rendita e di potere di pochi, si otterrà anche una maggiore responsabilizzazione di coloro che scrivono." --------ADNKRONOS, venerdì 10 dicembre 2010, 13.31.01 GIORNALISTI: LAURO (PDL) PRESENTA DISEGNO LEGGE PER ABOLIRE ORDINE Roma, 10 dic. (Adnkronos) - Con un disegno di legge, in un unico articolo, presentato oggi a Palazzo Madama, il senatore del Pdl, Raffaele Lauro, propone l' abolizione dell' Ordine dei Giornalisti, come disciplinato dalla legge n.69 del 1963. "La legge che propongo di abrogare -spiega Lauro- ha garantito e tutelato, fin dal suo nascere, piu' che la liberta' di stampa, la stampa, intesa come corporazione giornalistica. Gia' nel 1945, Luigi Einaudi aveva levato la voce contro l' istituzione di un Ordine dei giornalisti, definendo addirittura immorale un albo obbligatorio, perche' avrebbe posto un limite a quel che limiti non ha, e non dovrebbe avere, cioe' alla libera espressione del pensiero''. '' Ammettere il principio dell' albo obbligatorio -rimarca Lauro- avrebbe resuscitato i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti. Una previsione, quella di Einaudi, primo Presidente della Repubblica, che ha trovato drammatico riscontro nella realta' di questi decenni repubblicani, fino ad oggi''. '' Il dettato costituzionale -ricorda il senatore del Pdl- e la lettera stessa dell' articolo 21 della Costituzione (liberta' di pensiero e di stampa) consentono a tutti i cittadini l' esercizio della liberta' di stampa, mentre la legge n. 69 del 1963 ha stabilito il contrario, perche' nessuno puo' assumere il titolo, ne' esercitare la professione di giornalista, se non e' iscritto nell' albo professionale". (segue) (Pol-Gkd/Col/Adnkronos) 10-DIC-10 13:23 Oggetto: GIORNALISTI: LAURO (PDL) PRESENTA DISEGNO LEGGE PER ABOLIRE ORDINE (2) ADNKRONOS, venerdì 10 dicembre 2010, 13.41.28 GIORNALISTI: LAURO (PDL) PRESENTA DISEGNO LEGGE PER ABOLIRE ORDINE (2) (Adnkronos) - "Con l' abolizione dell' Ordine -ha aggiunto Lauro- verra' a cadere un' anomalia tutta italiana all' interno dell' Unione Europea e si restituira' piena dignita' professionale a chi svolge la professione di giornalista. Restera' ovviamente salvo il diritto per ogni categoria di organizzarsi come ritiene piu' opportuno, ad esempio con associazioni di categoria o associazioni parasindacali, ma non tramite ordini, ai quali e' obbligatorio iscriversi''. '' Nel resto d' Europa, invece -fa notare il senatore Pdl- la professione e' governata da logiche prevalentemente associativo-sindacali, anche se non mancano iniziative di regolazione professionale con il concorso di autorita' pubbliche". "Bisogna, quindi, spingere verso il modello piu' avanzato europeo -conclude Lauro- ed aprire l' esercizio della professione a tutti coloro che la esercitano di fatto. Il lungo dibattito sulla riforma dell' Ordine non e' arrivato a nulla e dimostra probabilmente l' impossibilita' di un' autoriforma. Solo con l' abrogazione della legge, unitamente al depotenziamento di posizioni di rendita e di potere di pochi, si otterra' anche una maggiore responsabilizzazione di coloro che scrivono". (Pol-Gkd/Col/Adnkronos) 10-DIC-10 13:34 NNN Odg, Lauro (Pdl): Con abolizione Ordine cade anomalia tutta italiana Romac, 10 DIC (Il Velino) - Con un disegno di legge, in un unico articolo, presentato stamane al Senato, il senatore Raffaele Lauro (Pdl) propone l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti, come disciplinato dalla legge n. 69 del 1963. "La legge che propongo di abrogare - dichiara Lauro - ha garantito e tutelato, fin dal suo nascere, piu' che la liberta' di stampa, la stampa intesa come corporazione giornalistica. Gia' nel 1945, Luigi Einaudi aveva levato la voce contro l'istituzione di un Ordine dei Giornalisti, definendo addirittura immorale un albo obbligatorio, perche' avrebbe posto un limite a quel che limiti non ha e non dovrebbe avere, cioe' alla libera espressione del pensiero". "Ammettere il principio dell'albo obbligatorio - spiega Lauro - avrebbe resuscitato i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti. Una previsione, quella di Einaudi, primo presidente della Repubblica, che ha trovato drammatico riscontro nella realta' di questi decenni repubblicani, fino ad oggi. Il dettato costituzionale e la lettera stessa dell'articolo 21 della Costituzione (liberta' di pensiero e di stampa) consentono a tutti i cittadini l'esercizio della liberta' di stampa, mentre la legge n. 69 del 1963 ha stabilito il contrario, perche' nessuno puo' assumere il titolo, ne' esercitare la professione di giornalista, se non e' iscritto nell'albo professionale". "Con l'abolizione dell'Ordine - aggiunge Lauro - verra' a cadere un'anomalia tutta italiana all'interno dell'Unione Europea e si restituira' piena dignita' professionale a chi svolge la professione di giornalista. Restera' ovviamente salvo il diritto per ogni categoria di organizzarsi come ritiene piu' opportuno, ad esempio con associazioni di categoria o associazioni parasindacali, ma non tramite ordini, ai quali e' obbligatorio iscriversi. Nel resto d'Europa, invece, la professione e' governata da logiche prevalentemente associativo-sindacali, anche se non mancano iniziative di regolazione professionale con il concorso di autorita' pubbliche". "Bisogna quindi spingere verso il modello piu' avanzato europeo ed aprire l'esercizio della professione a tutti coloro che la esercitano di fatto. Il lungo dibattito sulla riforma dell'ordine non e' arrivato a nulla e dimostra probabilmente l'impossibilita' di un'autoriforma. Solo con l'abrogazione della legge, unitamente al depotenziamento di posizioni di rendita e di potere di pochi - conclude Lauro - si otterra' anche una maggiore responsabilizzazione di coloro che scrivono". (com/ant) 101406 DIC 10 NNNNGIORNALISTI: LAURO (PDL) PRESENTA DDL PER ABOLIZIONE ORDINE = (AGI) - Roma, 10 dic - Con un disegno di legge, in un unico articolo, presentato stamane al Senato, il senatore Raffaele Lauro (PdL) propone l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti, come disciplinato dalla legge n. 69 del 1963. "La legge che propongo di abrogare - ha dichiarato Lauro - ha garantito e tutelato, fin dal suo nascere, piu' che la liberta' di stampa, la stampa, intesa come corporazione giornalistica. Gia' nel 1945, Luigi Einaudi aveva levato la voce contro l'istituzione di un Ordine dei Giornalisti, definendo addirittura immorale un albo obbligatorio, perche' avrebbe posto un limite a quel che limiti non ha, e non dovrebbe avere, cioe' alla libera espressione del pensiero. Ammettere il principio dell'albo obbligatorio avrebbe resuscitato i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti. Una previsione, quella di Einaudi, primo Presidente della Repubblica, che ha trovato drammatico riscontro nella realta' di questi decenni repubblicani, fino ad oggi. Il dettato costituzionale e la lettera stessa dell'articolo 21 della Costituzione (liberta' di pensiero e di stampa) consentono a tutti i cittadini l'esercizio della liberta' di stampa, mentre la legge n. 69 del 1963 ha stabilito il contrario, perche' nessuno puo' assumere il titolo, ne' esercitare la professione di giornalista, se non e' iscritto nell'albo professionale". "Con l'abolizione dell'Ordine - ha aggiunto Lauro - verra' a cadere un'anomalia tutta italiana all'interno dell'Unione Europea e si restituira' piena dignita' professionale a chi svolge la professione di giornalista. Restera' ovviamente salvo il diritto per ogni categoria di organizzarsi come ritiene piu' opportuno, ad esempio con associazioni di categoria o associazioni parasindacali, ma non tramite ordini, ai quali e' obbligatorio iscriversi. Nel resto d'Europa, invece, la professione e' governata da logiche prevalentemente associativo-sindacali, anche se non mancano iniziative di regolazione professionale con il concorso di autorita' pubbliche". "Bisogna, quindi, spingere verso il modello piu' avanzato europeo ed aprire l'esercizio della professione a tutti coloro che la esercitano di fatto. Il lungo dibattito sulla riforma dell'Ordine non e' arrivato a nulla e dimostra probabilmente l'impossibilita' di un'autoriforma. Solo con l'abrogazione della legge, unitamente al depotenziamento di posizioni di rendita e di potere di pochi, si otterra' anche una maggiore responsabilizzazione di coloro che scrivono" conclude Lauro.(AGI) Mal 101735 DIC 10 GIORNALISTI: LAURO (PDL) ABOLIRE L'ORDINE, E' UN'ANOMALIA (ANSA) - ROMA, 10 DIC - Con un disegno di legge, in un unico articolo, presentato stamane al Senato, il senatore del Pdl Raffaele Lauro propone l'abolizione dell'Ordine dei Giornalisti, disciplinato da una legge del 1963 perche' si difende ''una corporazione'' ed e' ''un'anomalia italiana''. ''La legge che propongo di abrogare - spiega Lauro - ha garantito e tutelato, fin dal suo nascere, piu' che la liberta' di stampa, la stampa, intesa come corporazione giornalistica. Gia' nel 1945, Luigi Einaudi aveva levato la voce contro l'istituzione di un Ordine dei Giornalisti, definendo addirittura immorale un albo obbligatorio, perche' avrebbe posto un limite a quel che limiti non ha, e non dovrebbe avere, cioe' alla libera espressione del pensiero. Ammettere il principio dell'albo obbligatorio avrebbe resuscitato i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti''. ''Una previsione, quella di Einaudi, - sostiene Lauro - che ha trovato drammatico riscontro nella realta' di questi decenni repubblicani, fino ad oggi. Il dettato costituzionale e la lettera stessa dell'articolo 21 della Costituzione (liberta' di pensiero e di stampa) consentono a tutti i cittadini l'esercizio della liberta' di stampa, mentre la legge n. 69 del 1963 ha stabilito il contrario, perche' nessuno puo' assumere il titolo, ne' esercitare la professione di giornalista, se non e' iscritto nell'albo professionale''. ''Con l'abolizione dell'Ordine - sottolinea Lauro - verra' a cadere un'anomalia tutta italiana all'interno dell'Unione Europea e si restituira' piena dignita' professionale a chi svolge la professione di giornalista. Restera' ovviamente salvo il diritto per ogni categoria di organizzarsi come ritiene piu' opportuno, ad esempio con associazioni di categoria o associazioni parasindacali, ma non tramite ordini, ai quali e' obbligatorio iscriversi. (ANSA). SES 10-DIC-10 19:07 NNNN
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SENATO DELLA REPUBBLICA AS .... ———– XVI LEGISLATURA ———– DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa del senatore LAURO ———– Abrogazione dell'ordine dei giornalisti ———– Onorevoli senatori. - Il disegno di legge pone all'attenzione del Senato la soppressione dell'ordine dei giornalisti, come disciplinato dalla legge n. 69 del 1963 e che compone quella parte della legislazione statale che nel corso dei decenni si è stratificata in materia di comunicazione e di informazione. Tale intento soppressivo deriva sostanzialmente dai profondi ed irreversibili mutamenti che i processi telematici e di Internet hanno determinato sul versante della liberalizzazione dei sistemi di comunicazione. La rivoluzione informatica, già nei fatti, ha determinato uno spostamento radicale dalla "materialità" della carta stampata al mondo del web, determinando di conseguenza anche concettualmente una coincidenza tra il concetto di libertà di stampa con quello di libertà di opinione. Se questo è il processo in atto, in fase già avanzata, allora la difesa dell'ordine dei giornalisti, così come il permanere delle provvidenze a favore dell'editoria ed anche l'attuale assetto della RAI, concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, risultano essere ormai strumenti obsoleti da superare. Per quanto riguarda l'ordine dei giornalisti, la legge istitutiva che qui si intende abrogare, a parere del presentatore, ma anche di una vasta porzione di opinione pubblica, ha garantito e tutelato, fin dal suo nascere, più che la libertà di stampa, la stampa, intesa come «corporazione» giornalistica. Già nel 1945, dalle colonne di "Risorgimento liberale", Luigi Einaudi aveva levato la sua voce contro l’istituzione di un ordine dei giornalisti: “L’albo obbligatorio è immorale, perché tende a porre un limite a quel che limiti non ha, e non deve avere, alla libera espressione del pensiero. Ammettere il principio dell’albo obbligatorio sarebbe un risuscitare i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti”. Una previsione, quella del primo Presidente della Repubblica, che trova drammatico riscontro nella realtà odierna. La legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti, che qui si intende abrogare, ha garantito non la libertà di stampa di tutti i cittadini, quindi, ma la libertà della stampa, intesa come corporazione giornalistica. Il dettato costituzionale e la lettera stessa dell’articolo 21 della Costituzione (libertà di pensiero e di stampa) consentono a tutti i cittadini l'esercizio della libertà di stampa; la legge n. 69 del 1963 ha stabilito al contrario, che «nessuno può assumere il titolo, né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell'albo professionale». Con la soppressione dell'Ordine della proposta di legge, che qui si illustra, viene a cadere un'anomalia italiana all'interno dell'Unione europea e si restituisce piena dignità professionale a chi svolge la professione di giornalista. Ogni singolo professionista risponde della sua capacità di esercitare la professione nei termini di legge: avremmo professionisti che non vedrebbero minato il loro diritto alla libertà di opinione od espressione semplicemente, perché un ordine impone, come etica collettiva, quella che invece dovrebbe essere un’ etica individuale. Resta ovviamente salvo il diritto per ogni categoria di organizzarsi come ritiene più opportuno, ad esempio con associazioni di categoria o associazioni parasindacali, ma non tramite ordini, ai quali è obbligatorio iscriversi. Nel resto d’Europa la professione è governata da logiche prevalentemente associativo-sindacali, anche se non mancano iniziative di regolazione professionale con il concorso di autorità pubbliche. In Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia, Regno Unito il giornalismo non è considerata una professione. In Belgio, Francia, Norvegia, Portogallo è attività professionalizzata ma l’abilitazione è affidata alle organizzazioni sindacali, in alcuni casi attraverso commissioni miste in cui sono presenti gli editori (Belgio e Francia) o solo i giornalisti (Norvegia, Portogallo). In Austria, il titolo abilitante è rilasciato da una Commissione mista editori-giornalisti con il visto del Ministero degli Interni. Rispetto all’Italia, nel resto d’Europa dunque il giornalismo non è considerato una libera professione alla stregua dell’avvocatura, della medicina, dell’ingegneria. In particolare, in Francia l’attività giornalistica è regolamentata da norme di legge, con il rilascio di un documento di identificazione da parte di una commissione statale. Non esiste un Ordine professionale; per esercitare il lavoro di giornalista non viene richiesto un titolo di studio specifico, mentre è necessario aver svolto un periodo di praticantato di almeno due anni. L’art. 762‑1 del codice del lavoro francese dà la definizione legale del giornalista. “Giornalista è colui che ha per professione principale, abituale e retribuita, l’esercizio della sua professione in una o più pubblicazioni, quotidiane e periodiche o in una o più agenzie di stampa e da cui ricava la sua entrata principale”. In conclusione l’esercizio della professione giornalistica in Francia è libero. In Germania non è presente alcuna forma di regolazione della professione da parte dello Stato, né forme di protezione del titolo professionale di giornalista. Chiunque può titolarsi giornalista e può svolgere attività giornalistica professionalmente. Non è richiesto dalla legge alcun titolo di studio né generale né specifico. Anche nel Regno Unito e in Irlanda la professione giornalistica non è sottoposta ad un controllo normativo di natura pubblica, mentre esistono associazioni private di categoria. Queste associazioni hanno una identità organizzativa complessiva a metà strada tra il sindacato e il club. Di fatto non è previsto un vincolo di adesione ad un’organizzazione specifica per l’esercizio della professione giornalistica, anche se le varie strutture associative mettono in atto specifiche iniziative di promozione e di tirocinio per i propri i scritti. In sostanza si vede chiaramente che nel resto d’Europa l’attività giornalistica è concepita secondo logiche di mercato, associativo-sindacali e organizzative proprie delle aziende editoriali in cui viene svolto il lavoro vero e proprio. Da una parte gli editori, dall’altra i giornalisti (tutelati da uno o più sindacati). Lo Stato interviene in rari casi, partecipando alle commissioni che abilitano i giornalisti alla professione. In altri casi, come in Gran Bretagna o in Germania, lo Stato non c’entra affatto. Conclusivamente, alle considerazioni già esposte in premessa si aggiunge quella ulteriore per la quale non si vede come possa sussistere un Ordine in aperto contrasto con gli indirizzi prevalenti in Europa circa la modalità della professione giornalistica. La scarsa fiducia nella categoria dei giornalisti, che l’Ordine, recepito come un organismo che tutela i loro interessi corporativi, è poi un elemento che dovrebbe spingere verso il modello più avanzato europeo e aprire l’esercizio della professione a tutti coloro che la esercitano di fatto. Il lungo dibattito sulla riforma dell’Ordine, dibattito che non è arrivato a nulla, dimostra probabilmente l’impossibilità di riformarlo, mentre il coraggio di proporne l'abolizione, unitamente al depotenziamento di posizioni di rendita e di potere di pochi comporterebbe di sicuro una maggiore responsabilizzazione di coloro che scrivono. PROPOSTA DI LEGGE Art. 1. (Abrogazione) 1. La legge 3 febbraio 1963, n. 69, e successive modificazioni, sull'ordinamento della professione di giornalista, e il relativo regolamento di esecuzione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1965, n. 115, e successive modificazioni, sono abrogati.
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ADN0094 5 POL 0 RTD POL NAZ UNIVERSITA': LAURO (PDL), DELEGA A GOVERNO PER ABOLIZIONE VALORE LEGALE TITOLO STUDIO = PRESENTATO DDL AL SENATO, SCELTA 'ENAUDIANA' PIU' EFFICACE DI MILLE RIFORME PER RINNOVARE E RIQUALIFICARE SISTEMA Roma, 3 dic. (Adnkronos) - Conferire al Governo una delega per l'abolizione del valore legale del titolo di studio. E' quanto prevede un disegno di legge, in un articolo unico, presentato stamane al Senato, da Raffaele Lauro (PdL), facendo riferimento ad un ordine del giorno a firma Grimoldi, accolto dal Governo il 9 gennaio 2009, presso la Camera dei deputati, nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge sul "Diritto allo studio, valorizzazione del merito e qualita' del sistema universitario e delle ricerca", con il quale il Governo si impegnava a superare "gradualmente" il valore legale del titolo di studio. "Le resistenze conservatrici, autoreferenziali ed opportunistiche del mondo accademico, di fronte a qualsiasi tentativo di riforma universitaria, confermate in queste ultime settimane di scioperi e di tensioni sulla riforma Gelmini - ha evidenziato Lauro - dovrebbero convincere il Governo e il Parlamento della necessita' di abolire, al piu' presto, il valore legale del titolo di studio, che ha trasformato i nostri atenei in autentici laureifici''. ''L' abolizione - ha spiegato - indurrebbe, al contrario, una concorrenza tra gli atenei che darebbero esclusiva importanza alla qualita' della didattica. La mancanza, inoltre, del ricorso al pezzo di carta per accedere al mercato del lavoro, implicherebbe la frequenza delle scuole e delle universita' solo da parte dei ragazzi veramente motivati, con un conseguente miglioramento dell'offerta formativa''. (segue) (Sin-Bis/Gs/Adnkronos) 03-DIC-10 08:47 ADN0101 5 POL 0 RTD POL NAZ UNIVERSITA': LAURO (PDL), DELEGA A GOVERNO PER ABOLIZIONE VALORE LEGALE TITOLO STUDIO (2) = (Adnkronos) - Secondo Lauro non puo' nemmeno piu' ''valere l'obiezione strumentale che una liberalizzazione del sistema formativo comporterebbe un'esplosione di corsi privati dall'incerta qualificazione in un mercato formativo fatalmente influenzabile, in maniera esclusiva, da logiche economiche". "La mia proposta dell'abolizione del valore legale del titolo accademico - ha aggiunto Lauro - riprende l'impostazione liberale einaudiana e la aggiorna rispetto alla evoluzione della societa' e del mercato: si, lo Stato deve fare un decisivo passo indietro, rinunciando ad un criterio che imporrebbe un livellamento dei sistemi d'istruzione, limitando l'innovazione e la concorrenza, con l'imposizione di schemi rigidi e di regole comuni applicate a tutti gli istituti scolastici operanti sul territorio nazionale". "L'acquisizione di un titolo di studio - ha concluso Lauro - non puo' avere il valore di certificazione burocratica. Non e' il pezzo di carta che, nel mondo reale, ovvero quello delle imprese e delle professioni, orienta i criteri di selezione delle risorse umane, semmai e' l'affidabilita' di quel pezzo di carta, ovvero la reputazione ed il rating dell'ateneo che l'ha rilasciato. Solo cosi' sara' possibile differenziare il prodotto offerto dai singoli atenei, facendo entrare le universita' in concorrenza tra loro, creando un circolo virtuoso, indispensabile alla ripresa della crescita culturale ed economica del nostro Paese". (Sin-Bis/Gs/Adnkronos) 03-DIC-10 08:57 Universita', Lauro (Pdl): Abolire valore legale titolo di studio Roma, 03 DIC (Il Velino) - Con un disegno di legge, in un articolo unico, presentato stamane al Senato, il senatore Raffaele Lauro (Pdl) propone di conferire una delega al governo per l'abolizione del valore legale del titolo di studio, facendo riferimento all'ordine del giorno Grimoldi n. 9/1966/56, accolto dal governo il 9 gennaio 2009, presso la Camera dei deputati, nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n.180 del 2008, recante "Diritto allo studio, valorizzazione del merito e qualita' del sistema universitario e delle ricerca", con il quale il governo si impegnava a superare "gradualmente" il valore legale del titolo di studio. "Le resistenze conservatrici, autoreferenziali ed opportunistiche del mondo accademico, di fronte a qualsiasi tentativo di riforma universitaria, confermate in queste ultime settimane di scioperi e di tensioni sulla riforma Gelmini, dovrebbero convincere il governo e il Parlamento - ha dichiarato Lauro - della necessita' di abolire, al piu' presto, il valore legale del titolo di studio, che ha trasformato i nostri atenei in autentici laureifici. L' abolizione indurrebbe, al contrario, una concorrenza tra gli atenei che darebbero esclusiva importanza alla qualita' della didattica. La mancanza, inoltre, del ricorso al pezzo di carta per accedere al mercato del lavoro, implicherebbe la frequenza delle scuole e delle universita' solo da parte dei ragazzi veramente motivati, con un conseguente miglioramento dell'offerta formativa. Ne' puo' valere oltre l'obiezione strumentale che una liberalizzazione del sistema formativo comporterebbe un'esplosione di corsi privati dall'incerta qualificazione in un mercato formativo fatalmente influenzabile, in maniera esclusiva, da logiche economiche. La mia proposta dell'abolizione del valore legale del titolo accademico - ha aggiunto il senatore Lauro -, riprende l'impostazione liberale einaudiana e la aggiorna rispetto alla evoluzione della societa' e del mercato: si, lo Stato deve fare un decisivo passo indietro, rinunciando ad un criterio che imporrebbe un livellamento dei sistemi d'istruzione, limitando l'innovazione e la concorrenza, con l'imposizione di schemi rigidi e di regole comuni applicate a tutti gli istituti scolastici operanti sul territorio nazionale. L'acquisizione di un titolo di studio - ha coincluso Lauro - non puo' avere il valore di certificazione burocratica. Non e' il pezzo di carta che, nel mondo reale, ovvero quello delle imprese e delle professioni, orienta i criteri di selezione delle risorse umane, semmai e' l'affidabilita' di quel pezzo di carta, ovvero la reputazione ed il rating dell'ateneo che l'ha rilasciato. Solo cosi' sara' possibile differenziare il prodotto offerto dai singoli atenei, facendo entrare le universita' in concorrenza tra loro, creando un circolo virtuoso, indispensabile alla ripresa della crescita culturale ed economica del nostro Paese". (com/sbm) 031037 DIC 10 NNNN UNIVERSITA', LAURO (PDL): DELEGA PER FINE VALORE LEGALE TITOLO STUDIO (9Colonne) Roma, 3 dic - Con un disegno di legge, in un articolo unico, presentato stamane al Senato, il senatore Raffaele Lauro (Pdl) propone di conferire una delega al Governo per l'abolizione del valore legale del titolo di studio, facendo riferimento all'ordine del giorno Grimoldi n. 9/1966/56, accolto dal Governo il 9 gennaio 2009, presso la Camera, nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge n.180 del 2008, recante "Diritto allo studio, valorizzazione del merito e qualità del sistema universitario e delle ricerca", con il quale il Governo si impegnava a superare "gradualmente" il valore legale del titolo di studio. "Le resistenze conservatrici, autoreferenziali ed opportunistiche del mondo accademico, di fronte a qualsiasi tentativo di riforma universitaria, confermate in queste ultime settimane di scioperi e di tensioni sulla riforma Gelmini, dovrebbero convincere il Governo e il Parlamento - ha dichiarato Lauro - della necessità di abolire, al più presto, il valore legale del titolo di studio, che ha trasformato i nostri atenei in autentici laureifici. L' abolizione indurrebbe, al contrario, una concorrenza tra gli atenei che darebbero esclusiva importanza alla qualità della didattica. La mancanza, inoltre, del ricorso al pezzo di carta per accedere al mercato del lavoro, implicherebbe la frequenza delle scuole e delle università solo da parte dei ragazzi veramente motivati, con un conseguente miglioramento dell'offerta formativa. Nè può valere oltre l'obiezione strumentale che una liberalizzazione del sistema formativo comporterebbe un'esplosione di corsi privati dall'incerta qualificazione in un mercato formativo fatalmente influenzabile, in maniera esclusiva, da logiche economiche". "L'acquisizione di un titolo di studio - ha concluso Lauro - non può avere il valore di certificazione burocratica. Non è il pezzo di carta che, nel mondo reale, ovvero quello delle imprese e delle professioni, orienta i criteri di selezione delle risorse umane, semmai è l'affidabilità di quel pezzo di carta, ovvero la reputazione ed il rating dell'ateneo che l'ha rilasciato. Solo così sarà possibile differenziare il prodotto offerto dai singoli atenei, facendo entrare le università in concorrenza tra loro, creando un circolo virtuoso, indispensabile alla ripresa della crescita culturale ed economica del nostro Paese". UNIVERSITA': LAURO "DELEGA A GOVERNO PER ABOLIRE VALORE LEGALE TITOLO" ROMA (ITALPRESS) - Con un disegno di legge, in un articolo unico, presentato stamane al Senato, il senatore del Pdl Raffaele Lauro, propone di conferire una delega al Governo per l'abolizione del valore legale del titolo di studio. "Le resistenze conservatrici, autoreferenziali e opportunistiche del mondo accademico, di fronte a qualsiasi tentativo di riforma universitaria, confermate in queste ultime settimane di scioperi e di tensioni sulla riforma Gelmini, dovrebbero convincere il Governo e il Parlamento - ha dichiarato Lauro - della necessita' di abolire, al piu' presto, il valore legale del titolo di studio, che ha trasformato i nostri atenei in autentici laureifici. L'abolizione indurrebbe, al contrario, una concorrenza tra gli atenei che darebbero esclusiva importanza alla qualita' della didattica. La mancanza, inoltre, del ricorso al pezzo di carta per accedere al mercato del lavoro, implicherebbe la frequenza delle scuole e delle universita' solo da parte dei ragazzi veramente motivati, con un conseguente miglioramento dell'offerta formativa. Ne' puo' valere oltre l'obiezione strumentale che una liberalizzazione del sistema formativo comporterebbe un'esplosione di corsi privati dall'incerta qualificazione in un mercato formativo fatalmente influenzabile, in maniera esclusiva, da logiche economiche". "La mia proposta dell'abolizione del valore legale del titolo accademico - ha concluso Lauro - riprende l'impostazione liberale einaudiana e la aggiorna rispetto alla evoluzione della societa' e del mercato. L'acquisizione di un titolo di studio non puo' avere il valore di certificazione burocratica. Solo cosi' sara' possibile differenziare il prodotto offerto dai singoli atenei, facendo entrare le universita' in concorrenza tra loro, creando un circolo virtuoso, indispensabile alla ripresa della crescita culturale ed economica del nostro Paese". (ITALPRESS).
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