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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
SENATO DELLA REPUBBLICA ———– XVI LEGISLATURA ———– DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa del senatore LAURO ———– Interpretazione autentica degli articoli 34, 35, 36 e 37 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 ———– Onorevoli Colleghi. - Un assillo del legislatore, sempre più pressato dall’opinione pubblica e dall’urgenza di dare risposte adeguate alle esigenze di celerità nella definizione delle controversie, è quello di evitare o quanto meno attenuare lungaggini processuali, nocive per i contendenti (che non hanno in tempi brevi certezza delle loro situazioni giuridiche soggettive) ma anche di non poco detrimento per le finanze statali (che sono costrette a risarcire le parti in lite attraverso l’applicazione della Legge Pinto). In tale ottica numerosi sono stati i tentativi, ancorché non sempre adeguati, di porre in qualche modo un argine alla crisi della giustizia, attraverso provvedimenti legislativi (da ultimo la legge n. 69 del 2009) che - senza incidere sulla qualità delle decisioni rese dagli organi giudicanti - fossero acceleratori dei procedimenti, anche affiancando alla giustizia ordinaria quella alternativa di giurisdizioni arbitrali. Così, nella delicata materia societaria, che più di altre necessita di celerità decisionale per le sue più stringenti connessioni con la struttura economica e produttiva del Paese, il legislatore (con la legge n. 366 del 2001) ritenne di delegare il Governo ad emanare norme finalizzate ad assicurare una più rapida ed efficace definizione di procedimenti; ed il Governo a tanto provvide con il decreto legislativo n. 5 del 2003, che purtroppo non ha dato i risultati sperati, tant’è che a data recente è stato abrogato nella parte riflettente le modalità di svolgimento del processo societario. Tuttavia, per ciò che interessa, il decreto legislativo n. 5 del 2003 rimane tuttora vigente nell’articolo 34, il quale dispone: “1. Gli atti costitutivi delle società, ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell'articolo 2325-bis del codice civile, possono, mediante clausole compromissorie, prevedere la devoluzione ad arbitri di alcune ovvero di tutte le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. 2. La clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società. Ove il soggetto designato non provveda, la nomina è richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale. 3. La clausola è vincolante per la società e per tutti i soci, inclusi coloro la cui qualità di socio è oggetto della controversia. 4. Gli atti costitutivi possono prevedere che la clausola abbia ad oggetto controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti e, in tale caso, essa, a seguito dell'accettazione dell'incarico, è vincolante per costoro. 5. Non possono essere oggetto di clausola compromissoria le controversie nelle quali la legge preveda l'intervento obbligatorio del pubblico ministero. 6. Le modifiche dell'atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso”. E’ di tutta evidenza che, nel disegno del legislatore, la norma intendeva espandere - attraverso la previsione di una tutela maggiormente specializzata, ma anche a fini deflattivi - l’ambito di applicazione dell’arbitrato in giustapposizione e/o in alternativa alla giustizia statuale, senza peraltro incidere restrittivamente sulla preesistente giurisdizione arbitrale; e tanto è chiaro sol che si legga la Relazione governativa, la quale sottolinea come “la formulazione del testo contribuisce alla creazione di una compiuta species arbitrale, che si sviluppa senza pretesa di sostituire il modello codicistico (naturalmente ultrattivo anche in materia societaria) comprendendo numerose opzioni di rango processuale (ma non soltanto: si pensi alla soluzione ex lege dell’opponibilità della clausola compromissoria contenuta nello statuto a soggetti astrattamente terzi rispetto alla fonte del mandato arbitrale, quali amministratori e sindaci) che appaiono assolutamente funzionali alla promozione della cultura dell’arbitrato endo-societario”. Senonché, ad onta delle buone intenzioni e del richiamato principio dell’ultrattività delle clausole legittime all’atto della loro formazione (tempus regit actum), in sede di interpretazione giurisprudenziale la norma ha dato occasione a pareri contrastanti, così impropriamente restringendo di fatto quello stesso ricorso all’arbitrato che si intendeva ampliare. In non pochi casi è stato ritenuto inapplicabile l’istituto dell’arbitrato per quelle società - in particolar modo di persone - che, costituite in epoca più o meno risalente, non ne potevano prevedere l’articolazione secondo modalità coerenti con lo schema postulato dalla normativa di cui all’articolo 34 del decreto legislativo n. 5 del 2003; in altri è accaduto, il contrario; sempre, nella pratica quotidiana, resta l’incertezza delle parti a promuovere la soluzione di controversie societarie regolamentate da clausole compromissorie redatte prima del 2003, divenendo più spesso oggetto di lite non già e non solo la controversia sostanziale ma, a monte, la stessa modalità procedimentale prevista per la sua definizione. La crescita esponenziale del contenzioso è stata peraltro rilevata puntualmente dalla dottrina; tant’è che, sull’autorevole rivista giuridica Giurisprudenza Italiana, 2007, 2, il Prof. Stefano Cerrato si è così espresso: “La Commissione Vietti ha voluto lasciare alla giurisprudenza il compito di dirimere questi nodi interpretativi: attenta ed autorevole dottrina ha più volte denunciato la pericolosità di tale scelta ed è forse venuto il momento che il legislatore ne prenda coscienza e metta mano all’articolo 34. Il sistema del doppio binario, che all’inizio aveva ispirato l’opera riformatrice, è l’approdo di gran lunga auspicabile. La persistente validità delle clausole vecchio stile eliminerebbe alla radice la difficoltà degli interpreti, le acrobazie giuridiche dei giudici, i patemi - non ultimo - di molti notai che, per aver omologato clausole "nulle", stanno attraversando in questi tempi le "forche caudine" dei procedimenti disciplinari promossi da zelanti pubblici ministeri. Occorre frenare la crescente incertezza e diffidenza intorno ad un sistema di risoluzione delle controversie che vorrebbe e dovrebbe, al contrario, rappresentare un’alternativa efficiente alla (ormai troppo lenta e caotica) giustizia statale. Prima che sia troppo tardi”. E’ con occhio attento al tempo stesso alla volontà del legislatore del 2003 ed alle esigenze sociali - e, nel caso di specie, anche del mondo della produzione e degli affari - di una giustizia rapida ed efficiente, non ripiegata su diatribe procedurali inutilmente defatiganti, che si ritiene di proporre all’attenzione parlamentare l’approvazione di una norma di interpretazione autentica che ponga fine ai possibili dubbi che finora hanno angustiato l’interprete; confidando che l’intervento contribuisca alla maggiore speditezza delle soluzioni delle controversie societarie. Art. 1. “Le disposizioni di cui agli articoli 34, 35, 36 e 37 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 devono essere interpretate nel senso che le medesime non precludono alle parti di valersi, in alternativa al particolare tipo di arbitrato societario da esse previsto, di clausole compromissorie di diritto comune, siano esse per arbitrato rituale che per arbitrato libero”.
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TURISMO. PANDEMIA SUINA. LAURO (PdL): Una strategia nazionale di difesa del settore turistico per contenere gli effetti previsti della pandemia suina. Con un'interrogazione urgente, a risposta orale, pubblicata il 21 luglio 2009, il sen. Raffaele Lauro (PdL) è intervenuto sul Ministro del Turismo, on. Maria Vittoria Brambilla, per sollecitare una strategia nazionale di difesa del nostro settore turistico, in relazione agli effetti previsti della pandemia suina. Il parlamentare campano sottolinea come:"In relazione alla diffusione pandemica, annunziata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, della febbre suina (contagio del 30 per cento con un tasso di mortalità dello 0,4 per cento) nella popolazione a livello mondiale ed europeo, autorevoli centri studi economici internazionali stanno valutando l'incidenza della stessa, in termini di costi, sulla economia dei Paesi comunitari; in particolare, l'Oxford Economics ha valutato la perdita di ricchezza, per ciascun Paese colpito, nel 2010, in termini di 5 punti percentuali di Prodotto Interno Lordo (PIL) che, associata alla deflazione, cioè alla diminuzione del livello generale dei prezzi, potrebbe portare la contrazione del PIL fino al 7,5 per cento; i settori più immediatamente colpiti saranno quelli del turismo e del trasporto aereo; l'Italia fa affidamento proprio sul turismo per l'inizio della ripresa economica, prevista per il 2010, in quanto il turismo vale il 42 per cento del nostro export". Sulla base di queste premesse, il sen. Lauro chiede al Ministro Brambilla: "di sapere se e quale strategia nazionale di difesa del nostro turismo o quali misure straordinarie di sostegno, con particolare riferimento al Mezzogiorno, il Ministero del Turismo stia predisponendo per fronteggiare una situazione che, con la diffusione pandemica, potrebbe diventare drammatica ed esiziale, non solo per l'incidenza negativa sul PIL italiano, ma per la stessa sopravvivenza di migliaia di aziende turistico-alberghiere e per l'indotto del turismo, già in grande affanno, in questa stagione, per l'attenuazione della domanda e per i difficili rapporti con il sistema bancario, in relazioni alla concessione del credito, a breve e a medio termine".
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GIUSTIZIA. LAURO (PdL): Richiesta al Ministro Alfano di intervento urgente per evitare il collasso delle sezioni staccate di Torre del Greco, di Gragnano e di Sorrento del Tribunale di Torre Annunziata. Con un'interrogazione urgente, a risposta orale, pubblicata il 21 luglio 2009, il Sen. Raffaele Lauro (PdL) è intervenuto sul Ministro della Giustizia, on. Angelino Alfano, per denunziare i gravi disagi, sofferti, nel territorio del Tribunale di Torre Annunziata, dalle sezioni staccate di Torre del Greco, di Gragnano e di Sorrento, a causa della carenza di personale di cancelleria. "Tale situazione risulta particolarmente grave riguardo alla sezione di Sorrento, in quanto una pianta organica, già inadeguata per il numero di magistrati in precedenza assegnati, e non a caso impugnata dal titolare dell'Ufficio, ha visto quasi raddoppiare il numero di giudici togati e onorari; l'aumento dei giudici è significativo della quantità e qualità del contenzioso, sia civile che penale, in un comprensorio tra i più importanti d'Italia, dal punto di vista sia turistico che bancario; a fronte dell'aumento dei giudici, non solo la pianta organica del personale non è stata adeguata, ma al contrario, in tempi recenti, lo staff ha subito una drastica riduzione di quattro elementi, di cui tre per pensionamento ed uno a causa di decesso;la situazione è prossima al collasso, essendo, allo stato, presenti solo due cancellieri, di cui uno al vertice dell'ufficio, con compiti prevalentemente di natura amministrativa, ed un altro soltanto, attualmente in forza al settore civile; il settore penale resta scoperto, con i delicati adempimenti di natura pubblica, attinenti ai termini, alla pubblicazione delle sentenze, alla tenuta del campione penale, alla ricezione degli atti di impugnazione, all'esecuzione dei provvedimenti; inoltre, il 4 agosto 2009 la cancelliera b3, in applicazione part-time quattro giorni alla settimana, terminerà il suo periodo di assegnazione, probabilmente scegliendo di non rinnovare la stessa, a causa del superlavoro in udienza penale, a cui viene sottoposta, per motivi di qualifica, non posseduta da altri elementi; l'incipiente periodo estivo, con il godimento delle ferie da parte dell'esiguo personale in servizio, rischia di provocare il collasso finale". Il parlamentare campano, al fine di evitare tale deprecabile collasso delle attività di giustizia, chiede al Ministro Alfano " di aderire, con urgenza, alla richiesta, avanzata da tempo dalla Presidenza del Tribunale di Torre Annunziata, per il comando di personale già individuato da altre amministrazioni (richiesta del 23 giugno 2009 prot. 1502, a seguito di nota dell'8 giugno 2009), in numero di quattro per Sorrento, due per Gragnano ed uno per Torre del Greco, che risulta in attesa del nulla osta del Direttore Generale, Carolina Fontecchia; e, dopo questo intervento tampone, di sapere quali iniziative di competenza siano state poste, o si intendano porre in essere, sia in via di urgenza, sia per rimpiazzare ed adeguare, con personale idoneo, gli uffici in questione e quello di Sorrento in particolare, affinché, anche superata l'improcrastinabile emergenza estiva, gli uffici vengano posti nell'effettiva possibilità di svolgere il delicato ruolo di loro competenza".
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Atto n. 3-00860 Pubblicato il 14 luglio 2009 Seduta n. 238 LAURO - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Premesso che i lavori di costruzione della variante alla strada statale 145 tra il chilometro 11,600 ed il chilometro 14, per la realizzazione degli impianti tecnologici e di sicurezza e conseguente chiusura della galleria "Seiano", nel comune di Vico Equense (Napoli), stanno creando gravissime preoccupazioni nella cittadinanza, negli amministratori locali e in tutti gli operatori economici della penisola sorrentina, che è uno dei comparti turistici più importanti e qualificati del Paese, si chiede di sapere, eventualmente all'esito di una riunione con tutti i soggetti istituzionali, territoriali ed economici interessati (e, naturalmente, la Prefettura di Napoli, i Sindaci della penisola sorrentina ed i rappresentanti delle categorie economiche), nonché con i vertici dell'ANAS: se siano state eseguite tutte le opere, la cui realizzazione era stata programmata durante la prima chiusura, già avvenuta, della galleria (gennaio-marzo 2009), che hanno provocato danni economici al territorio; se sia possibile rivedere parzialmente le prossime date di chiusura della galleria, previste nel 2009-2010 e 2010-2011 (dal 15 ottobre 2009 al 15 aprile 2010 e dal 15 ottobre 2010 al 15 aprile 2011), in quanto troppo estese e in grado di arrecare ancor più gravi, forse irreparabili, danni economici e di immagine all'intero comparto turistico-commerciale, considerando che i tempi di percorrenza media da Napoli a Sorrento sfiorano le tre ore. La revisione parziale delle date di chiusura dovrebbe tenere conto dei seguenti suggerimenti: la chiusura al 15 ottobre del 2010 e del 2011 è da considerarsi prematura, perché i grandi operatori turistici concludono i loro programmi alla fine del mese di ottobre; inoltre, la Pasqua del 2010 ricade il 4 aprile 2010 e, per l'economia locale, i periodi natalizi e pasquali sono da salvaguardare, perché essenziali ai bilanci delle aziende; se si ritenga necessario che sia assicurata certezza circa il rispetto dei tempi di esecuzione, senza ulteriori proroghe; se sia praticabile l'istituzione di un "nucleo di controllo dei lavori in corso di esecuzione", a carattere indipendente, che garantisca le amministrazioni locali e gli operatori economici sull'andamento dei lavori e sulla conclusione degli stessi, anche, se necessario, attraverso l'adozione di tre turni di lavoro o di ogni altra iniziativa, finalizzata alla velocizzazione dei lavori; se non sia più opportuno il potenziamento, di intesa con la Regione Campania, delle vie del mare.
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Atto n. 3-00859 Pubblicato il 14 luglio 2009 Seduta n. 238 LAURO - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Premesso che: il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 27 ottobre 2004, in materia di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto, prevede che le domande, dirette ad usufruire del beneficio, devono essere corredate dall’elenco delle attività lavorative comportanti l’esposizione all’amianto; non poche sono le difficoltà di allegare all’istanza la dichiarazione del datore di lavoro attestante il reale impiego in lavorazioni comportanti l’esposizione all’amianto, in modo diretto ed abituale, per un periodo non inferiore ad otto ore continuative giornaliere, anche in considerazione del fatto che molti armatori hanno cessato, nel tempo, ogni attività; pur rilevandosi altamente probabile l’esposizione all’amianto nel lavoro svolto a bordo delle navi, le attività lavorative elencate all’art. 2, comma 2, del citato decreto, non sono ad esso facilmente riconducibili; anche il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell'Istituto di previdenza del settore marittimo (IPSEMA) ha denunciato tale situazione, la quale impedisce, di fatto, di poter dare una risposta concreta alle attese dell'utenza marittima; considerato che: con il decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 24 novembre 2003, ai lavoratori marittimi sono stati riconosciuti i diritti conseguenti all’esposizione all’amianto ed i relativi benefici previdenziali; la legge 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 1, comma 567, ha trasferito la competenza relativa all’accertamento ed alla certificazione di esposizione all’amianto all’IPSEMA; il decreto ministeriale del 27 ottobre 2004 individua la documentazione da produrre a corredo della domanda, ai fini dell'avvio dell'attività istruttoria, prevedendo inoltre, all’art. 3, comma 3, che l’avvio del procedimento di accertamento e successiva certificazione è subordinato alla presentazione, da parte del lavoratore interessato, del “curriculum lavorativo”, "rilasciato dal datore di lavoro dal quale risulti l'adibizione, in modo diretto ed abituale, ad una delle attività lavorative di cui all’art. 2, comma 2, del medesimo decreto, comportanti l'esposizione all'amianto"; molteplici sono state le difficoltà operative emerse nell’applicazione, al settore marittimo, della disciplina generale dettata dal citato decreto ministeriale; le attività lavorative elencate all’art. 2, comma 2, del decreto, non sono facilmente riconducibili al lavoro svolto sulle navi anche se l’esposizione degli stessi all’amianto sia stata altamente probabile, pur riconoscendo l'impegno del Ministro in indirizzo per giungere ad un'adeguata soluzione del problema, si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda valutare l'opportunità di modificare l’art. 3, comma 3, del decreto 27 ottobre 2004, nel senso di rendere possibile che il curriculum lavorativo previsto venga attestato dal marittimo attraverso la produzione di copia del proprio estratto matricolare e/o copia conforme del libretto di navigazione, nonché di modificare l’art. 2, comma 2, dello stesso decreto ministeriale, nel senso di inserire, tra le attività lavorative comportanti esposizione all’amianto, il lavoro svolto a bordo di navi e/o galleggianti, su cui risulta la presenza di amianto nei materiali di costruzione, da accertare in relazione alle tecniche di costruzione impiegate in passato nella cantieristica.
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