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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Raffaele Lauro (del 28/02/2011 @ 09:08:56, in Il commento politico, linkato 572 volte)
Unità d'Italia. Lauro (PdL): Una vera unità nazionale non sarà possibile fino a quando il Sud resterà in balia della criminalità organizzata e di classi dirigenti, affette dalla malattia ereditaria del clientelismo, del familismo e del clanismo. Confidiamo nel Presidente Berlusconi, ma bisogna rimuovere, anche all'interno del governo, un condizionamento nordista, una mentalità nordista ed una diffusa insensibilità politica verso lo sviluppo del Mezzogiorno
Un grande applauso della platea dei giovani PdL ha salutato, stamane, a Sorrento, la lettura, da parte del sen. Raffaele Lauro, in apertura dei lavori della "Prima giornata di riflessione politica per i giovani del PdL", sul tema "I valori dell'unita' nazionale e il federalismo", i messaggi inviati dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Nella "Lectio magistralis", il professor Luigi Compagna, ordinario di Storia delle Dottrine Politiche, presso la LUISS di Roma, ha sottolineato come "il federalismo nella storia d'Italia apparve nel 1848, al momento della prima guerra d'indipendenza. Ci fu allora chi, quando i soldati del Papa andarono a collocarsi al fianco di quelli piemontesi, si riconobbe in quelle idee, in quel modello, in quei valori. Lo Stato nazionale nacque, invece, nel marzo del 1861, e alle ragioni del federalismo, o soltanto del decentramento, non potè lasciare spazio. Sarebbe stata la Costituzione del 1948 a fondare un assetto politico, meno centralizzato e meno centralistico. Lo stesso federalismo fiscale, oggi in discussione, si muove in tale direzione, proponendosi anche di correggere le incongruenze che la riforma del titolo V del 2000 ha imposto al nostro sistema delle autonomie." Nel suo intervento, il sen. Lauro ha affermato che "una vera unità nazionale non sarà possibile fino a quando il Sud resterà in balia della criminalità organizzata e di classi dirigenti, affette dalla malattia ereditaria del clientelismo, del familismo e del clanismo. Confidiamo nel Presidente Berlusconi, ma bisogna rimuovere, anche all'interno del governo, un condizionamento nordista, una mentalità nordista ed una diffusa insensibilità politica verso lo sviluppo del Mezzogiorno."
Di Raffaele Lauro (del 01/03/2011 @ 19:25:25, in Il commento politico, linkato 480 volte)
Per sopraggiunti ed inderogabili impegni delle Autorità di Governo, l'incontro istituzionale, promosso dal sen. Raffaele Lauro ed organizzato dall'Amministrazione Comunale di Sorrento, sul tema "L'Unione dei Comuni della Penisola Sorrentina", fissato per sabato 5 marzo 2011, presso la Sala Consiliare del Comune di Sorrento, è stato rinviato a nuova data, che sarà successivamente comunicata.
Di Raffaele Lauro (del 03/03/2011 @ 17:26:10, in Il commento politico, linkato 441 volte)
SENATO DELLA REPUBBLICA
AS ....
———– XVI LEGISLATURA ———–
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa del senatore LAURO
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Istituzione della festa nazionale del 17 marzo per la celebrazione della proclamazione dell’Italia unita
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Onorevoli Senatori. – A differenza di alcuni altri Stati europei, la storia di un’Italia unita è molto recente: dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente, avvenuta nel 476 dopo Cristo, la nostra penisola ha ritrovato una unità stabile soltanto nel 1861, anche se l’identità di un popolo «italiano» non è stata mai messa in discussione.
All’origine del processo di presa di coscienza nazionale e di unificazione avvenuto nel corso dell’Ottocento sta probabilmente la situazione di malcontento generale seguita alla Restaurazione. Con il Congresso di Vienna (1815) e la fine degli ideali rivoluzionari, l’Italia si trova divisa fra l’Austria, che governa direttamente il nord (Lombardia, ex-Repubblica di Venezia, Trentino, Valtellina) e indirettamente il centro (con i Ducati di Parma, Modena e il Granducato di Toscana), i Borboni al sud nel Regno delle Due Sicilie, lo Stato Pontificio al centro e i Savoia che governano il Piemonte e la Sardegna.
La divisione politica ha importanti effetti negativi sullo sviluppo economico della penisola perché limita gli scambi commerciali, impedisce l’uso di una moneta e di un peso unici e lo penalizza con le tasse doganali. E' quindi soprattutto all’interno della borghesia imprenditoriale e specialmente nelle aree economicamente più avanzate che si creano i presupposti per la nascita di una vera e propria coscienza nazionale.
Tuttavia, i moti rivoluzionari degli anni 1820-1821 e 1830-1831 falliscono miseramente poiché non riescono a coinvolgere le masse popolari, e le società segrete (fra cui la Carboneria) contano troppo sull’aiuto dei sovrani, sempre pronti a voltare faccia per il proprio tornaconto.
E vale la pena ricordare come uno di questi significativi episodi, l’insurrezione nolana di due militari nella notte tra il 1° e il 2 luglio 1820, si svolgesse al grido di «viva la libertà e la costituzione» quasi già a prefissare il vincolo indissolubile dello Stato italiano, successivamente rafforzato dalle vissute esperienze del nostro popolo, fino alla proclamazione della Repubblica e alla promulgazione della Carta costituzionale, che ben può riassumersi nell’endiadi «libertà e Costituzione».
Il sentimento nazionale si incanala quindi in due linee di pensiero e di azione: una, più democratica e popolare, portata avanti da Giuseppe Mazzini, il quale aspira a un’Italia unita, indipendente e repubblicana; l’altra, più moderata, è capeggiata da Vincenzo Gioberti, il quale propone la soluzione di una confederazione di Stati italiani presieduta dal Papa.
Le idee rivoluzionarie di Mazzini sembrano per il momento avere il sopravvento e sfociano nel 1848 (anno di rivoluzioni in tutta Europa) in una serie di sommovimenti popolari. A Palermo, in Campania, in Toscana, in Piemonte e nello Stato pontificio il popolo insorge e i sovrani si trovano costretti a promulgare nuove costituzioni (che, tuttavia, avranno vita breve).
Nel Lombardo-Veneto, territorio allora austriaco, l’insurrezione viene appoggiata dal re di Sardegna, Carlo Alberto, dando vita così a quella che è definita la I guerra d’indipendenza (1848). Carlo Alberto, con l’aiuto di Papa Pio IX e degli altri Stati italiani, sembra avere la meglio; ma, quando il Papa si ritira, dichiarandosi neutrale, l’esercito sabaudo viene sconfitto.
Fallito il tentativo moderato e federalista, i democratici non si arrendono e le insurrezioni continuano a Firenze, Roma, Napoli e Venezia. La guerra contro l’Austria sembra continuare, ma nell’estate del 1849 l’esercito di Carlo Alberto subisce una dura sconfitta a Novara e in breve tempo l’Austria riprende il controllo di gran parte della penisola.
Si delinea a questo punto la necessità di un’azione politica e militare unica e organizzata, e le speranze di molti si rivolgono al nuovo sovrano del Regno di Sardegna, Vittorio Emanuele II, l’unico governante che mantiene la costituzione emanata durante i moti del 1848. Lo Stato sabaudo intraprende una serie di riforme e ammodernamenti, che mirano a indebolire il potere ecclesiastico e soprattutto a trovare alleati contro l’Austria portando la «questione italiana» all’attenzione europea.
L’occasione giusta si presenta quando il nuovo Ministro del Regno di Sardegna, Camillo Benso conte di Cavour, decide di partecipare alla guerra di Crimea (1853-1856), che vede coinvolte le più grandi potenze europee. L’intervento militare porta Cavour al successivo Congresso di Parigi (1856), durante il quale il Ministro sabaudo indica la necessità di un’Italia unita per il mantenimento della pace in Europa e propone il Regno di Sardegna come Stato-guida per l’unificazione italiana. Tutto ciò sfocia, nel 1859, un un’alleanza con la Francia e negli accordi di Plombières fra Cavour e Napoleone III, con cui la Francia (sotto certe condizioni) si impegna a sostenere il Regno di Sardegna in una guerra contro l’Austria.
Mentre Mazzini continua la sua propaganda rivoluzionaria soprattutto al sud, a Cavour non rimane altro che provocare l’Austria alla guerra; ciò si verifica nell’aprile 1859 e comincia così la II guerra d’indipendenza.
La guerra si risolve in pochi mesi a favore dell’esercito franco-piemontese; tuttavia, le perdite subite spingono Napoleone III a interrompere le ostilità e a firmare l’armistizio di Villafranca con l’imperatore austriaco Francesco Giuseppe. Ciononostante, i popoli del centro-nord Italia (Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana) si ribellano al ripristino dello status quo previsto dagli accordi di Villafranca e mediante plebisciti chiedono l’annessione al Regno di Sardegna: Napoleone III è costretto ad accettare il nuovo assetto dell’Italia centro-settentrionale, ma chiede in cambio Nizza e la Savoia, che diventano territori francesi.
A questo punto l’Italia risulta essere così divisa: i Savoia al centro e al nord, il Papa al centro, i Borboni al sud. Il Regno delle Due Sicilie, tuttavia, proprio in questi anni sta attraversando una profonda crisi e l’azione democratica mazziniana lo rende il prossimo candidato all’unificazione.
Il recupero delle terre del sud avviene non tanto grazie alla fine politica di Cavour quanto grazie ai (più o meno) taciti accordi fra Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi. In gran segreto, con l’appoggio del re, Garibaldi organizza una spedizione di militari volontari (i Mille) che nel maggio 1860 partono da Quarto (vicino a Genova) per raggiungere e «liberare» il sud. I garibaldini sbarcano in Sicilia e in breve tempo si impadroniscono dell’isola; l’entusiasmo è tale che tutte le regioni del sud insorgono e il sovrano Francesco II di Borbone deve scappare e rifugiarsi a Gaeta.
Cavour si trova allora costretto a giustificare e a «legalizzare» agli occhi della Francia le insurrezioni: decide pertanto di mandare dal nord l’esercito piemontese incontro ai garibaldini conquistando l’Umbria e le Marche. I due eserciti, quello regolare piemontese con a capo Vittorio Emanuele II e quello volontario guidato da Garibaldi, si incontrano a Teano, in Campania, dove Garibaldi consegna i territori conquistati nelle mani del re.
Così, dopo l’annessione delle regioni del sud attraverso plebisciti popolari, il Regno di Sardegna diventa ufficialmente Regno d’Italia «per grazia di Dio e volontà della nazione», come viene solennemente proclamato nel primo Parlamento italiano il 17 marzo 1861 con un decreto istitutivo firmato da Vittorio Emanuele II.
L’atto formale del sovrano completava non soltanto l’iter parlamentare di un provvedimento esaltante, ma soprattutto una lunga, gloriosa e dolorosa storia di lotte politiche, di ragioni storiche che volevano, fondatamente, consacrare in forme giuridiche e strutturali la già antica e radicata identità nazionale del popolo italiano.
Appare perciò più che opportuno e necessario soddisfare una diffusa richiesta di popolo e proclamare il 17 marzo festa nazionale, per celebrare l’anniversario dell’Italia unita, libera e indipendente.
Art. 1.
1. E' istituita la festa nazionale del 17 marzo, per celebrare l’anniversario della proclamazione dell’Italia unita.
2. Alla legge 27 maggio 1949, n. 260, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, dopo il capoverso: «il giorno della festa di San Giuseppe;» è inserito il seguente: «il 17 marzo, giorno della celebrazione della proclamazione dell’Italia unita;»;
b) al primo comma dell’articolo 5, dopo le parole: «della festa del lavoro (1° maggio)» sono inserite le seguenti: «, del giorno della celebrazione della proclamazione dell’Italia unita (17 marzo)».
3. Con regolamento da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1, il Governo dispone la conseguente soppressione di una delle festività civili attualmente previste.
Art. 2.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Di Raffaele Lauro (del 06/03/2011 @ 19:17:58, in Il commento politico, linkato 457 volte)
Caro Direttore Califano,
mi rivolgo alla Tua ospitalità per fare il punto
sugli incontri istituzionali, da me promossi,
in Penisola Sorrentina, negli ultimi due mesi,
ed anche per sottolineare l'attenzione,
da Te riservata, al nuovo spirito comprensoriale
che anima le Amministrazioni della Penisola Sorrentina.
Premetto un breve richiamo storico.
I dissidi, le lacerazioni, le lotte fratricide, anche sanguinose,
ed i contrasti, che hanno marchiato, lungo i secoli, la storia della nostra terra,
dentro e fuori le mura di Sorrento,
causarono, indirettamente,
anche il saccheggio turchesco del 1558,
le stragi, le schiavitù e il non ritorno di tanti, nonchè
la distruzione della memoria storica della città
e una crisi economica e sociale, senza precedenti.
E, più recentemente, nella fase
della ricostruzione del secondo dopoguerra, accanto ad un significativo
sviluppo socio-economico, si è determinato un cumulo di criticità,
specie infrastrutturali, causato dai campanilismi dei singoli comuni e dalla stessa composizione
di una parte della classe dirigente locale, spesso in conflitto di interessi
tra attività privata e ruolo di pubblico amministratore.
Ne ebbi prova quando, da amministratore, a Sorrento,
provai ad affrontare, con illustri urbanisti di fama internazionale,
in un'ottica comprensoriale,
i problemi della mobilità in Penisola Sorrentina e della viabilità, senza dover
deturpare ulteriormente il paesaggio, con sventramenti e superstrade,
che avrebbero alimentato ulteriormente la speculazione edilizia.
Allora il progetto dei grandi parcheggi extraurbani e dei collegamenti, sotterranei,
sembrò una follia, oggi viene giudicato un'occasione perduta.
Con queste consapevolezze (anche storiche), accanto all'apprezzamento generale,
di cui sono grato a tutti e, in particolare, ai tanti che me lo hanno manifestato direttamente,
avevo dato per scontato analisi critiche,
che sono sempre positive, nella dialettica democratica,
purchè costruttive e finalizzate alla crescita dei progetti.
Alcune di queste critiche, però, anche se del tutto minoritarie,
sono dettate dal pregiudizio, dalla frustrazione,
dal desiderio di visibilità narcisistica e, non di rado, da strategie occulte di chi immagina
ancora che la vita dei cittadini possa essere eterodiretta dai piccoli boss locali,
i quali partecipano alla vita amministrativa, non importa in quale partito o lista civica (l'uno vale l'altra)
per difendere esclusivamente i propri interessi, professionali o imprenditoriali.
A questo tipo di polemiche, non intendo prestare attenzione, perchè il loro unico intento è di distruggere e non di costruire.
Provo a dare soddisfazione, come doveroso, a chi ha posto problemi seri o interrogativi più che legittimi.
- Un parlamentare, vicino al territorio e sempre disponibile nei confronti di chi
ha il peso dell'amministrazione locale, ha il dovere di secondare lo spirito nuovo,
a carattere comprensoriale, come quello emerso oggi tra i Sindaci della Penisola Sorrentina,
ed ha il dovere di farlo, come nel mio caso, in termini esclusivamente istituzionali.
La mia logica, quindi, è quella di unire e non di alimentare scontri politici, di partito
o, addirittura, personali.
- I temi affrontati nei primi incontri istituzionali non sono stati calati dall'alto, ma imposti dalla realtà dei fatti: sanità,
sviluppo urbanistico e infrastrutture energetiche non rappresentano invenzioni convegnistiche, ma elementari necessità.
L'avvio del confronto su questi problemi è solo l'inizio di un percorso, come è stato sempre chiarito, in ogni sede, e non l'approdo.
Sarebbe velleitario il solo pensare che, con un incontro, pur autorevole, si risolvano problemi annosi, che coinvolgono diversi livelli di responsabilità
politico-istituzionale e necessitano di ingenti risorse, in una fase restrittiva dei bilanci.
Ma da un parte bisognava pur iniziare! Per cui parlare di successo o di insuccesso, dopo il primo passo, risulta puerile o segno di assoluta malafede.
Mentre appare giusto e propositivo chiedere l'ampliarsi del confronto, nelle sedi consiliari, nei segmenti associativi e nelle articolazioni sociali.
- L'incontro istituzionale su "L'Unione dei Comuni della Penisola Sorrentina", rinviato per la sopraggiunta indisponibilità delle
Autorità di Governo, da me invitate, si colloca nelle stessa ottica dell'avvio di un progetto, che diventerà il nodo, strategico
e permanente, per affrontare la gestione unitaria dei servizi, con l'obiettivo di migliorarne la qualità per i cittadini, nonostante la minore disponibilità delle risorse.
Se questo rinvio obbligato potrà servire ad allargare, anche preliminarmente, il dibattito ed il confronto, tra le Amministrazioni, tra i gruppi consiliari,
tra le forze politiche, tra le associazioni e tra i cittadini, sarà certamente positivo.
Mi trovo nella felice condizione, di non avere interessi particolari da tutelare.
Il mio unico interesse, generale, nella qualità di rappresentante, a livello nazionale, della sovranità popolare, consiste nel poter dare un contributo, se richiesto e di intesa con gli Amministratori locali, alla crescita unitaria delle comunità di Sorrento, di Massa Lubrense, di Sant'Agnello, di Piano di Sorrento, di Meta e di Vico Equense.
E, da questo punto di vista, non arretrerò di un millimetro, per tutta la durata del mio mandato parlamentare.
I percorsi iniziati, tuttavia, dovranno essere verificati in tutti i passaggi successivi (per i quali sono stati indicati dei coordinatori), che non saranno facili, nè indolori, nè i traguardi possono essere considerati come acquisiti!
E se i risultati saranno conseguiti, il merito andrà alle comunità amministrate, non a questo o a quel parlamentare, non a questo o a quel sindaco, non a questo o a quel partito!
E' necessario, tuttavia, che non si attenui lo spirito comprensoriale dei Sindaci, che rimane l'unica strada percorribile per garantire un futuro di sviluppo equilibrato per la Penisola Sorrentina!
La mancanza di collaborazione e il prevalere dei vecchi egoismi provocherebbero, alla lunga, un nuovo 1558, nuovi dissidi, nuove lacerazioni, nuove lotte fratricide, nuova crisi economica, con una sola differenza, rispetto al passato: i turchi non sbarcherebbero più dalla galee di Pialì Pascià, ma sarebbero già presenti tra noi!
Con animo grato,
Raffaele Lauro
Senatore della Repubblica
Di Raffaele Lauro (del 07/03/2011 @ 10:40:45, in Il commento politico, linkato 461 volte)
TORNEO DI CALCIO INTERFORZE
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Si è concluso, domenica sera, 6 marzo, a Sorrento, il Torneo di Calcio Interforze "Città di Sorrento", con la finalissima tra la Squadra della Polizia di Stato e quella dei Vigili Urbani di Sorrento. Il torneo è stato vinto dalla Squadra dei Vigili Urbani di Sorrento. La Coppa del Capo della Polizia "per il giocatore più corretto in campo" è stata assegnata, all'unanimità, ad un giocatore di eccezione della squadra vincente: Giuseppe Cuomo, Sindaco di Sorrento. I migliori complimenti al giocatore- Sindaco!
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