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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Il Sen. Raffaele Lauro ha partecipato, a Sorrento, in Cattedrale, sabato 21 novembre 2009, ore 11.00, alla solenne Santa Messa, celebrata dal Parroco, don Carmine Giudici, in onore della Patrona dell'Arma dei Carabinieri, la "Virgo Fidelis", su invito del Capitano Massimo De Bari, Comandante della Compagnia CC di Sorrento. (Foto105)
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Il Sen. Raffaele Lauro ha partecipato sabato 21 novembre 2009, ore 18.00, presso la Sala Consiliare del Palazzo Municipale di Sorrento, alla cerimonia di consegna del Premio "Sorrento nel Mondo", organizzato dal Lions Club Penisola Sorrentina, ed ha consegnato il prestigioso riconoscimento a Pina, Firminia e Francesco Gargiulo, proprietari del Ristorante storico "Antico Franceschiello" di Massalubrenze.
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Atto n. 1-00202 Pubblicato il 18 novembre 2009 Seduta n. 284 LAURO , ASTORE , CALABRO' , CALIGIURI , CARUSO , CONTI , COSTA , DI STEFANO , FASANO , GRAMAZIO , LATRONICO , MAZZARACCHIO , MENARDI , MUSSO , NESSA , PASTORE , PICCONE , SARRO , SALTAMARTINI , SIBILIA , TOTARO , VICECONTE Il Senato, premesso che: secondo le teorie della rivitalizzazione delle zone urbane e dello sviluppo locale, la creazione di valore e le performance del territorio diminuiscono con l’aumentare della distanza dai distretti finanziari o dalle produzioni specializzate. In una prima fase, una grande sala da gioco o, ancor più, un distretto del divertimento genera un impatto incrementativo sull’apprezzamento del patrimonio immobiliare, sulla domanda del settore terziario e sull’occupazione locale; alla prova dei fatti, di contro, e cioè nel medio periodo, è stato dimostrato (Hakim e Friedman, 1987) che il gioco d’azzardo ha un effetto depressivo proprio a causa dell’indotto criminale che si forma in un’area più vasta dello stesso distretto; la rappresentazione dei “benefici” del “polo di crescita”, incentrato sul gioco d’azzardo, trascura assolutamente di contabilizzare i “costi”, che emergerebbero da una visione integrata dell’impatto e delle ricadute. Tali costi sono rappresentati da diversi fenomeni indotti. Il primo è la ridistribuzione della domanda di beni e servizi: al polo rivitalizzato fa da pendant un forte declino di altre località turistiche e di altre economie locali vicine, travolte da una perdita di competitività. Il secondo è l’incentivo alla criminalità comune e organizzata (ed in particolare alle attività di usura, truffa e riciclaggio); lungo le vie adduttrici alle sale da gioco e nell’intorno della città ospitante si verifica un enorme aumento dei reati comuni, per l’interagire di numerosi fattori che si possono ridurre – per comprenderne la dinamica – alla proiezione della criminalità sulle occasioni di assalto alla ricchezza che si muove nelle strade e intorno ai beni localizzati; l’allocazione del risparmio per finalità produttive – che tradizionalmente caratterizza una data area – viene stravolta dall’aggressione ai piccoli istituti di credito del posto, necessari per l’attività parallela di “cambio assegni”, rifornimento di liquidità, riciclaggio da parte della criminalità. A questi costi – la cui evidenza matura nel tempo – vanno aggiunti quelli che derivano dalla sottrazione di “valore monetario astratto” e “di ricchezza concreta”, provocata dall’inflazione dei reati. Anche i costi sociali – omicidi, ferimenti, insicurezza diffusa, devianza giovanile – sono una penalizzazione che ha un peso finanziario enorme e che modifica, peggiorandola, la qualità della vita; più in generale, vi è un riflesso altamente negativo sul “sistema Paese”, derivante da un’obiettiva, strutturale maturazione della criminalità di tipo mafioso, con la replica del suo modello operativo in tante località non ancora del tutto inquinate dal suo insediamento. Sin dalla loro costituzione, infatti, gli organismi internazionali di azione contro il riciclaggio di capitali sporchi hanno indicato il pericolo rappresentato dal ricorso ad “intermediari finanziari non tradizionali”, da parte della criminalità organizzata. Il FATF, Financial Action Task Force Working Group (o GAFI), valuta che occasioni privilegiate per le operazioni di occultamento dell’origine della ricchezza si trovino tra i casinò, nelle lotterie, nelle sale da gioco, tra gli uffici di cambio e tra gli uffici di trasferimento fondi, nei servizi per l’incasso di assegni, nei corrieri e tra i grossisti di gioielli, di pietre preziose e tra i venditori di opere d’arte: tutti soggetti che forniscono servizi finanziari di tipo bancario, pur essendo sottoposti a regolamentazioni e controlli, quasi evanescenti rispetto ai tradizionali operatori finanziari. Le prestazioni di alcuni di tali intermediari non tradizionali sono utilizzate soprattutto nella prima fase del riciclaggio, quella del collocamento, che costituisce il punto debole dell’intero processo; considerato che: nonostante le segnalazioni, gli accordi internazionali e i regolamenti adottati dai singoli Stati, i casinò e le sale da gioco non cessano di rappresentare un collaudato e sicuro canale di riciclaggio, poiché operano con grandi volumi di denaro contante, mentre offrono servizi finanziari dedicati, quali linee di credito, cassette di sicurezza e trasferimento di fondi. Una parte delle case da gioco, peraltro, è collegata in rete, dispone di uffici operativi in più Stati che, dall’estero, sono in grado di trasferire elettronicamente i fondi in ogni parte del globo; con la “legalizzazione” delle slot machine, si è riprodotto quell’effetto d’incorporamento del legale nell’illegale, che avviene quando il modello di business non è corredato da un’effettiva capacità regolativa dello Stato. Così l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, a dispetto del logo di "Grande Timoniere", ha sempre meno controllato e sempre più offerto opportunità ai trust dell’illegalità, sia sotto forma di lobby corruttrici, sia sotto forma diretta di criminalità organizzata; il 25 settembre 2007 le cronache giudiziarie hanno riferito degli esiti dell’indagine della Guardia di finanza, ordinata dalla magistratura di Genova, sulle slot machine: 120.000 di questi apparecchi furono posti sotto sequestro, perché risultati irregolari in tutta Italia. Esibivano il bollino "gioco sicuro", ma consentivano vincite superiori ai limiti consentiti: il marchio era contraffatto ed erano istallate in circa 50.000 esercizi pubblici tra cui bar, pube locali notturni. Gli apparecchi, autorizzati e garantiti dai Monopoli di Stato con il logo "gioco sicuro", hanno consentito vincite oltre i limiti consentiti. Le dichiarazioni di conformità, fornite dagli enti certificatori, infatti, sono risultate ideologicamente false; lo Stato ha dunque abbandonato la funzione regolativa/contenitiva e ha generato una fiscalità regressiva sul reddito (si incamera di più, percentualmente, da chi ha reddito più basso); quindi ha “superato” (nel senso di una Aufhebung) le finalità fiscali per preferire le finalità di modello di business. Lo Stato ha così perso il timone e ha portato il gioco pubblico d’azzardo nel grande mare dei business criminali; l’introduzione delle slot machine ha provocato un impatto capillare sul territorio economico con almeno sei drammatiche conseguenze: la scarsa controllabilità dei flussi delle giocate; la formazione di un circuito di installatori e manutentori delle postazioni, occupato da società collegate o emanazione della criminalità organizzata, grazie alla sovrapposizione della nuova opportunità di business sui precedenti cicli di affari illegali; l’attivazione di un sistema di pressioni corruttive correlato alla necessità di monopolizzare i mercati locali delle postazioni da gioco; la moltiplicazione dei "punti caldi" nel tessuto della città, intesi come luoghi di concentrazione quotidiana di denaro contante che necessita di spostamento fisico, con conseguente esposizione al rischio di rapina; l’incentivazione ai micro mercati locali di prestito ad usura per il finanziamento, oltre che delle elementari esigenze di volano per la continuità di partecipazione al gioco, anche di attività di gestione delle postazioni e delle sale; il generarsi di percorsi di particolare esposizione alla criminalità di strada da parte dei giocatori, in particolare di quanti raccolgono vincite di un rilievo apprezzabile; la partecipazione al gioco d’azzardo quotidiano da parte di minori di 18 anni, con costante e pervasiva violazione della norma penale che vieta di offrire loro la possibilità di scommettere in qualsiasi forma; di tale insieme di problemi, non confutabili, si hanno dei riscontri, anche molto vistosi. Nell’estate 2007, ad esempio, un provvedimento della Procura della Repubblica di Venezia ha posto sotto osservazione, inibendone il funzionamento, ben 100.000 apparecchi dei 235.000 totali autorizzati dall’Amministrazione dei Monopoli di Stato. I consulenti della magistratura e la Polizia giudiziaria hanno rilevato la non conformità alla normativa di un campione di apparecchiature per la “NewSlot”, rappresentativo, secondo alcune stime, di ben 176.000 installazioni, vale a dire il 75 per cento dell’intero comparto. Il 5 luglio 2007, peraltro, l’Amministrazione dei Monopoli di Stato aveva notificato alle concessionarie l’azione giudiziaria della Procura di Venezia; la proposta di attività remunerativa con le slot machine si articola su più “livelli” di “profitto”, che sono così schematizzati. Da varie indagini espletate emergono alcuni “modelli” contrattuali: “cessione” onerosa di “quote di mercato” a gruppi criminali insediati sul territorio, realizzata attraverso la vendita degli organizzati apparati tecnici ad esponenti di quei gruppi, forniti di proprie strutture (cosiddetti “biliardi”), sotto il proprio “dominio”, nei quali quei gruppi potranno gestire le slot machine; la “convenzione” attuata con gruppi criminali organizzati egemoni in varie aree per la penetrazione commerciale, attuata attraverso il ricorso alla violenza ed alla sopraffazione, praticata dagli esponenti di quei gruppi criminali, e la partecipazione di questi agli utili dell’impresa criminale, in quota fissa o in quota proporzionale; la “collocazione diretta” di slot machine e relativa assistenza attuata attraverso il ricorso alla violenza ed alla sopraffazione; la “gestione diretta” dei punti di concentrazione delle slot machine; dai dati sull’aspetto autorizzato dei giochi elettronici, si possono derivare delle considerazioni che aiutano a capire la forte capacità di presa del gioco d'azzardo, mediante il ricorso a sofisticati strumenti. È stato sfruttato, infatti, il risultato di un cambiamento più generale che è intervenuto nelle abitudini di consumo del gioco non “a fini di lucro”, sia nella sfera domestica che agli angoli delle strade, nei circoli ricreativi e nei bar: così, al boom dei videogames o dei fun games, nelle abitazioni private o in luoghi pubblici, si è sovrapposta una nuova modalità ludica anche per il gioco d’azzardo; il rilancio su larga scala e in ogni regione d’Italia (ma con prevalenza nel Mezzogiorno) è però avvenuto di recente, dopo che la legge n. 425 del 1995 ha ammesso la liceità della gestione di apparecchi elettronici, un tempo considerati d'azzardo. Le condizioni, fissate dalla norma, sono che il valore economico della giocata sia modesto e che i due fattori, dell'intrattenimento e dell'abilità del giocatore abbiano un ruolo preponderante rispetto all’aleatorietà. I vincoli posti dal legislatore si basano su concetti intuitivi che la realtà s’incarica quotidianamente di smentire, come del resto accade spesso quando il supporto strumentale è assai più raffinato delle capacità cognitive umane di tenere sotto controllo le nuove dinamiche di comportamento; anche i divieti e le restrizioni, inserite nella legge finanziaria per il 2001, sono stati del resto ampiamente superati. Vi sono, nel caso dell’azzardo con apparecchiature informatiche, tre fattori che, nella realtà, rendono vulnerabili le persone che si accostano a tale tipo di scommessa-puntata: l’esiguità della singola giocata, che abbassa la soglia di percezione del danno, che deriva dal comportamento; l’affrettata ripetitività del tentativo successivo, che non consente la rielaborazione di quanto si è appena svolto; la somiglianza o l’identità con il mezzo impiegato per i fun games, cioè per i videogiochi d’abilità senza vincita; le modeste somme e la messa alla prova dell’abilità del giocatore concorrono alla velocizzazione delle puntate. Di qui l’accumulo di una massa critica di perdite, la compulsività dello stile di comportamento e, per contro, la speculazione e i vantaggi che il nostro ordinamento considera criminosi; ritenuto che: dal 1985 gli Stati Uniti hanno sottoposto anche i casinò all'obbligo della segnalazione delle transazioni superiori a 10.000 dollari, anche se alla norma non corrisponde una sorveglianza efficace da parte del Governo federale, giacché i controlli sono in larga parte di pertinenza dei singoli Stati, che spesso oscillano tra permissivismo e osservanza; sebbene negli anni Novanta grandi imprese del settore turistico-alberghiero siano entrate nella gestione delle case da gioco, la criminalità organizzata continua ad essere interessata al circuito dei casinò. Per esempio, le famiglie mafiose di Atlantic City e di Las Vegas hanno mantenuto i loro centri di entrata nell'ambito del settore del gioco d'azzardo, anche dopo che i casinò hanno aperto l’accesso alle famiglie e le località specializzate si sono riconvertite in “parchi giochi” tipo Disneyland, con annesso casinò; ha rilievo anche un altro campo dell’offerta, quello dove si esprime la concorrenza criminale al Monopolio dello Stato, che peraltro non è intaccata dall’inflazione di giochi “istantanei” e di estrazioni con poste a dieci zeri. Anzi, lo sviluppo dell’azione giudiziaria di contrasto alle pratiche clandestine mette in luce uno sconcertante “tandem” tra il legalizzato e il criminalizzato: il successo delle operazioni di marketing del primo, spesso attraverso una pubblicità che si giudica ingannevole, finisce per riflettersi sull’espansione dell’altro, in un’interazione che è già stata rilevata, almeno dalle correnti più critiche del pensiero economico e sociale, per altre forme di “nocività” generatrici di lucro (consumo di stupefacenti); l’antiproibizionismo si rivela un formidabile battistrada per l’allargamento di un mercato, destinato a mantenere la sua segmentazione, vale a dire una suddivisione di utilità e convenienze “su misura” delle molte categorie di consumatori, quindi, a perpetuare un dinamismo che alimenta le opportunità sia di chi offre occasioni di gioco sorvegliate dalla legge e sia di chi esercita il racket sull’incontro tra domanda e offerta. si può riassumere il circolo vizioso tra i giochi pubblici e i giochi clandestini in una elementare sequenza. In primo luogo, l’introduzione di nuove offerte autorizzate genera l’ampliamento della platea dei giocatori, creando delle utilità marginali per il settore illegale (inclusione delle persone espulse dal legale, offerta di vincite più remunerative, articolazione maggiore delle modalità di gioco). In secondo luogo, grazie all’aumento e/o alla diversificazione delle persone coinvolte, si crea uno spazio crescente al finanziamento usurario dei giocatori. In terzo luogo, l’illegale alimenta il legale fornendo la motivazione per giustificare l’introduzione di nuovi giochi e ampliando così la popolazione che entra in contatto con l’offerta criminale. Gli effetti sono: a) vantaggi legali e vantaggi border line: incassi diretti della direzione dei casinò; interessi per prestiti concessi legalmente dagli uffici fidi presso i casinò; interessi percepiti dall’offerta usuraria (cambisti e finanziatori in nero); vantaggi ricavati dalla rete di commercianti locali che rilevano, trasformandoli in liquidità, beni mobili dei giocatori; b) indotto criminale; c) attività delinquenziali generiche e specializzate: sul territorio, lungo le vie di transito del denaro liquido da e verso i casinò (rapine, furti, aggressioni); nei centri abitati del bacino del casinò (prostituzione, usura, ricettazione, furti, rapine); d) territorio economico degli interessi illegali circostanti il casinò: investimenti di provenienza criminale; riciclaggio; corruzione di pubblici funzionari; dalla metà degli anni Ottanta, tutti i casinò italiani hanno subito delle operazioni strutturate della criminalità organizzata, tese a controllare tanto i flussi legali del gioco d’azzardo, quanto l’insieme dell’indotto che le sale generano; si può considerare l’insieme delle opportunità, come articolate in due ambienti di mercato: il primo riguarda il circuito di servizi strumentali che la gestione legale predispone: dall’accreditamento dei frequentatori all’ufficio fidi, dall’assistenza per le operazioni di perdita e di vincita alle infrastrutture d’intrattenimento e di residenza; il secondo, parallelo, riguarda quei soggetti e quelle operazioni non compatibili con i regolamenti adottati dalla sala da gioco autorizzata: affidamenti non sostenuti da garanzie bancarie ordinarie, cambio degli assegni postdatati, assistenza ai drop out del circuito legale. Basta ricordare che l’interesse giornaliero richiesto dal “cambista” in nero, ad un giocatore “non affidabile” dal servizio interno al casinò, varia dal 5 al 15 per cento. La gestione del “portafoglio crediti” è assolutamente chiaro, come richiesta dei sistemi di garanzia non legali, e, quindi, dei servizi “professionali” della criminalità mafiosa. su tali basi, la maturazione di gruppi molto determinati, anche in province senza antica tradizione mafiosa, ha fatto emergere i comportamenti tipici delle associazioni ben strutturate. Esse hanno imposto la verticalizzazione - cioè regole e disciplina - a quelle attività essenziali allo sfruttamento dei giocatori; dall’osmosi tra le transazioni interne ai casinò legali a quelle esterne ed illegali, ma sempre gravitanti attorno alla medesima struttura, si è passati ad un sistema di vasi comunicanti con reti di bische clandestine. In altre parole, le attività gravitanti sul casinò autorizzato hanno creato una domanda indotta per bische nello stesso territorio provinciale e regionale interdipendente, impegna il Governo ad attivarsi onde prevenire e reprimere adeguatamente il gioco d'azzardo illegale e le interazioni con il reticolato della criminalità organizzata mafiosa, nonché a regolare in modo maggiormente rigoroso il gioco d'azzardo illegale, anche attraverso il proprio sostegno ai disegni di legge di iniziativa parlamentare recanti tali finalità.
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Atto n. 1-00203 Pubblicato il 18 novembre 2009 Seduta n. 284 LAURO , BALDINI , CALABRO' , CALIGIURI , CARUSO , CONTI , COSTA , DI STEFANO , FASANO , GRAMAZIO , LATRONICO , MAZZARACCHIO , MENARDI , MUSSO , NESSA , PASTORE , PICCONE , SALTAMARTINI , SARRO , SIBILIA , TOTARO , VICECONTE Il Senato, premesso che: la crisi della cantieristica, per la intrinseca natura internazionale del settore navale e per la stretta interdipendenza dei suoi segmenti, ha oggi una dimensione globale; anche nel settore “nuove costruzioni” la domanda mondiale ha registrato una forte contrazione (in particolare nel comparto standard gli ordini sono scesi in un anno del 46 per cento, mentre quelli nel comparto high tech del 59 per cento); la crisi del settore è definitivamente esplosa nei primi mesi del 2009 con una riduzione della domanda di nuove navi di oltre il 90 per cento secondo i dati della Community of european Shipyards association (CESA); considerato che: la cantieristica italiana ed europea, che non poteva restare immune dall’onda della crisi, dovuta senz’altro a fattori globali comuni a tutta l’economia, ha subìto anche i contraccolpi di una aggressiva politica economica messa in atto dai Paesi del sud-est asiatico i quali, dopo aver conquistato nel periodo del boom una grande fetta di mercato, hanno messo in atto grossi meccanismi protezionistici con finanziamenti statali e crediti agevolati; il programma appena varato dal Governo cinese per il sostegno del settore cantieristico ha lo scopo principale di indurre le strutture finanziarie ad aumentare il credito nei confronti degli acquirenti che si rivolgeranno a cantieri di quel Paese, garantendo così la domanda di navi stimolando l'intero settore navale cinese e ciò a detrimento del resto del mondo e dell'Europa in particolare. Il programma prevede, inoltre, l'applicazione di politiche che incoraggino la rottamazione e l'aggiornamento tecnologico delle vecchie navi nonché l'eliminazione delle petroliere a singolo scafo; la contrazione della domanda globale è comunque un dato di fatto dal quale non si potrà prescindere nel breve e medio termine per cui l’Europa, che non ha potuto beneficiare di misure di sostegno economico uguali o equivalenti a quelle del sud-est asiatico, si troverà a pagare un prezzo ancora più alto con il rischio di chiusura di molti operatori medio-piccoli e la dismissione di grosse fette azionarie di aziende storiche del settore cantieristico, a favore di operatori asiatici, con ripercussioni negative sull’occupazione e sull’intera economia di Paesi europei che, per motivi geografici, avevano fatto del navale un settore di punta; ogni tentativo di creare un polo cantieristico europeo è finora fallito e i pochi grandi gruppi industriali privati europei rimasti sono attualmente incapaci di reggere il confronto con i colossi orientali; la stessa Commissione europea, sfavorevole alla costituzione di un’aggregazione tutta europea perché potenzialmente monopolistica e, quindi, contraria ai princìpi di libera concorrenza e di mercato, non ha compreso l’enorme danno che la scalata coreana avrebbe prodotto nel tempo all’industria navale del Vecchio Continente; con scarsa lungimiranza i Governi dei singoli Paesi europei che hanno interessi nel settore hanno portato avanti politiche a vario titolo protezionistiche, anziché favorire la collaborazione tra i membri dell’Unione; la crisi generale, le aggressive politiche economiche dei Paesi del sud-est asiatico e l’assenza di una strategia comune in Europa sono state le cause principali del progressivo indebolimento dell’industria cantieristica privata europea ed italiana che, solo con i contributi e le agevolazioni concesse in passato, era riuscita in qualche modo a reggere la concorrenza; mentre i Governi degli altri Paesi europei che hanno interessi nel settore hanno sempre portato avanti politiche a vario titolo protezionistiche, in Italia il settore è stato quasi del tutto abbandonato a se stesso e, esauriti i finanziamenti previsti sino a qualche anno fa, si è assistito ad un blocco quasi totale delle commesse con annullamento di contratti già stipulati o richieste di posticipare le consegne di navi già in costruzione; l’Italia finora non ha fatto ancora niente di concreto per sostenere il settore navale, e la cantieristica in particolare, con in più il problema della sopravvivenza di società di Stato, che non hanno più ormai da tempo le caratteristiche per operare nei mercati, e per questo sono nel mirino dell'Unione europea, e che non lasciano spazio alle aziende private; come è noto, l’Unione europea ha recepito il principio di neutralità, per cui non esiste alcuna preferenza per il modello privato di gestione dell’impresa (lo stesso articolo 295 (ex art. 222) del Trattato che istituisce la Comunità europea espressamente prevede che: “il presente Trattato lascia del tutto impregiudicato il sistema di proprietà degli Stati membri”); in molte altre disposizioni comunitarie e soprattutto in vari documenti di carattere programmatico si sostiene con forza il processo di “privatizzazione” delle imprese statali e ciò in quanto queste, per il rapporto privilegiato con il potere statale, si prestano ad essere un fattore di squilibrio delle attività economiche e di mercato; per attuare una vera privatizzazione è necessario abbandonare definitivamente le vecchie politiche assistenziali e clientelari che hanno visto applicare l’etichetta di SpA ai colossi della cantieristica e del settore navale italiano, attuando una trasformazione di pura facciata che ha lasciato inalterate, nella sostanza, le strutture che si sarebbero dovute correggere. La conseguenza di questa logica ancora legata a concetti di impresa pubblica è stata che i difetti del sistema economico-concorrenziale, che a livello comunitario si auspica di superare, sono risultati in Italia ancora più accentuati, con ricadute negative sugli investimenti in nuove tecnologie, sulla crescita delle aziende sane e sulla stessa occupazione, ritenuto che: già dal mese di marzo del 2009 il problema Fincantieri era emerso in tutta la sua portata, a seguito della convocazione del consiglio di amministrazione che si riuniva per esaminare il bilancio dell'anno 2008 e per cercare soluzioni che non rallentassero il processo di privatizzazione. La Fincantieri ha la necessità di essere ricapitalizzata per sostenere il proprio sviluppo e per realizzare quegli interventi che negli ultimi 10 anni non è stata in grado di realizzare. Al di là delle capacità tecniche, che non sono in dubbio, rimane l’incapacità manageriale di capire l’andamento dei mercati ed operare le scelte vincenti, la rinuncia sostanziale a ricerca e innovazione per creare nuove nicchie di mercato, l’incapacità di ottimizzare i costi di produzione (e non solo la riduzione); la “Tirrenia” poi dovrà necessariamente operare la cessione delle linee di trasporto marittimo locale con il conseguente problema della collocazione dei lavoratori attualmente impiegati, sopratutto se non si creano nuove opportunità per le aziende private sicché possano assorbire questo personale; si avverte la mancanza di una guida politica mirata, in grado di dettare una linea di azione per il futuro. Per vincere la sfida di modernizzazione cui il Paese è chiamato in questo momento e per consentire non solo la sopravvivenza ma addirittura il decollo dell’intero settore navale, occorre infatti modificare la modalità pubblica di approccio e la tipologia di intervento, che deve essere finalizzato al ripristino delle condizioni concorrenziali e, nel breve e medio termine, laddove la libera concorrenza risulti distorta o comunque eccessivamente penalizzante per l’impresa privata e per i lavoratori del settore, ad una redistribuzione dei redditi mediata dal mercato stesso. Ciò soprattutto quando è accertato che questo sistema, così come implementato in Italia soprattutto nel momento di transito dalla cosiddetta “mixed economy” alla cosiddetta “market economy”, ossia all’equa competizione tra soggetti privati a favore del mercato vigilata dal potere pubblico in veste di regolatore, non soddisfa alcuno schema di giustizia sociale; alla tendenziale primazia dei princìpi di libera concorrenza, la stessa Unione europea affianca obiettivi di “coesione economica e sociale” e di “solidarietà” nel mercato comune (articolo 2 del Trattato) che hanno una propria forte capacità di connotare le azioni delle istituzioni comunitarie in senso, appunto, redistributivo; se si coniugano le varie teorie meta-giuridiche sulla redistribuzione del reddito (Rawls, Welfare, Communitarians) con le tesi di Musgrave sulla modalità di attuazione di tale redistribuzione, secondo il quale lo Stato non deve interferire direttamente sul funzionamento del mercato per perseguire effetti redistributivi, ma deve ripristinare le condizioni di funzionamento del processo concorrenziale, emerge con evidenza la necessità di una specifica tecnica di intervento, volta non a conferire aiuti pubblici indifferenziati, ma a sostenere il mercato affinché lo stesso si orienti da solo verso migliori condizioni di efficienza allocativa. Tutto ciò senza perdere di vista la salvaguardia dell’ambiente, che pure è tra gli obiettivi dell'Unione europea, e le problematiche relative allo sviluppo e alla ricerca; occorre rafforzare la ristrutturazione tecnologica, elevare la capacità di innovazione, appoggiare la fusione e le sinergie, promuovendo anche le aggregazioni delle imprese di ogni settore, cantieristico e navale, elevando altresì la capacità di ricerca e creazione di modelli hi-tech; occorre portare le aziende esistenti verso livelli qualitativi elevati certificati. In tale contesto la strategia dovrà prevedere due fasi: la prima, a breve termine, con lo scopo di favorire un’immediata inversione di tendenza e dare immediate risposte per mantenere gli attuali livelli occupazionali; la seconda, di più ampio respiro, da spalmarsi in un arco temporale di almeno cinque anni, per creare le fondamenta dello sviluppo strutturale del settore; tutto ciò richiede la massima attenzione da parte del mondo politico e deve essere approntato con la massima urgenza, in quanto la crisi nel settore cantieristico e navale, che già impiega migliaia di lavoratori (circa 300.000 compreso l’indotto), si riflette negativamente sull’intera economia nazionale, impegna il Governo, anche attraverso il sostegno ai disegni di legge d'iniziativa parlamentare recanti tali finalità, a farsi carico di: creare di una commissione ministeriale per lo sviluppo del settore presso il Ministero dello sviluppo economico; introdurre misure di agevolazione fiscale o meccanismi similari utilizzati con successo da altri Paesi europei; promuovere l'introduzione di un fondo di garanzia con il coinvolgimento del sistema bancario per riportare fiducia e riattivare il sistema del credito; favorire la ristrutturazione dei cantieri privati che non hanno sufficienti risorse per operare investimenti; incentivare gli investimenti in formazione ed in gestione della qualità; creare condizioni più favorevoli per riportare gli armatori a costruire in Italia e per aiutare il completo ammodernamento della flotta secondo principi di protezione ambientale, incentivando la demolizione delle vecchie navi a singolo scafo per la sostituzione con unità ecologiche a doppio scafo e riconoscendo e sostenendo l’iniziativa privata, quando investa in nuove tecnologie; favorire gli investimenti in formazione manageriale delle imprese; incentivare l’armamento alla costruzione di unità per il cabotaggio che, per dimensioni e tipologia, ben si adattano alle potenzialità della cantieristica privata di medie dimensioni; riconoscere incentivi per premiare gli armatori che decidano di demolire le navi a singolo scafo, sostituendole con nuove unità a doppio scafo, a patto che la costruzione avvenga in Italia o in Europa.
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SENATO. LAURO (PdL). Schifani e Cossiga hanno presentato il nuovo libro di Raffaele Lauro “Cossiga Suite” Il Presidente del Senato, sen. Renato Schifani, ed il Presidente Emerito della Repubblica, senatore a vita, Francesco Cossiga, hanno presentato, al Senato, nella Sala degli Atti Parlamentari "Giovanni Spadolini", il nuovo libro, in lingua inglese, di Raffaele Lauro, dal titolo "Cossiga Suite", edito da GoldenGate Edizioni, di fronte ad un'enorme folla di illustri ospiti e di personalità, politiche ed istituzionali, tra i quali spiccavano: il Presidente del Gruppo Parlamentare PdL al Senato, sen. Maurizio Gasparri, il Presidente della Corte dei Conti, Tullio Lazzaro, il Commissario antimafia, antiracket e antiusura, Giosuè Marino, il Consigliere Enzo Mosino, il dottor Andrea Monorchio, i prefetti Belgiorno, Montebelli, Gianola, Finocchiaro e Iadanza, il Presidente del Festival del Cinema di Locarno, Marco Solari, senatori, deputati, questori e generali. Ha moderato il dibattito il giornalista Massimo Milone, direttore del TG3 Campania. In apertura, il Presidente Schifani ha illustrato la figura manageriale di Aniello Lauro, fratello dell'Autore, alla cui memoria il libro è dedicato. In conclusione, il Presidente Cossiga ha ricordato la sua affettuosa amicizia con Aniello Lauro e i legami tra il Presidente USA George Bush e la famiglia Lauro. Sono intervenuti: il sen. Gaetano Quagliariello, Vice Presidente del Gruppo Pdl Senato, che ha sottolineato lo spessore politico dell'opera, esaltazione di una visione moderna del conservatorismo politico; la giornalista e saggista, Daniela Brancati, che ha messo in evidenza l'ispirazione ideale del pensiero politico di Lauro, legata alla figura di Tommaso Moro; il Consigliere di Stato, Carlo Mosca, che ne ha individuato il contenuto religioso e valoriale e, infine, la senatrice Diana De Feo, che ha definito il libro "Gli Archivi del Sud", in parallelo con gli "Archivi del Nord" di Marguerite Yourcenar.
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