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Giochi: intervento del Sen. Lauro in Aula al Senato (Senato, 5 ottobre 2011)
Di Raffaele Lauro (del 06/10/2011 @ 17:52:45, in Il commento politico, linkato 440 volte)
Intervento del sen. Lauro nella discussione sulle relazioni della commissione parlamentare antimafia sul fenomeno delle infiltrazioni mafiose nel gioco lecito ed illecito
Senato della Repubblica, 5 ottobre 2011
Nell’arco di un decennio, la spesa registrata di gioco pubblico d’azzardo si è moltiplicata di 7,3 volte: da circa 10 miliardi di euro nel biennio 2000-2001 a un ammontare previsto per la fine del 2011 di 73 miliardi.
Come accertato dalla Commissione Antimafia tale volume non ha sostanzialmente sottratto spazio di mercato all’offerta illegale di azzardo, ma al contrario ne ha aumentato le opportunità.
La disciplina di un settore di tale ampiezza finanziaria richiedeva (e lo domanda ancora) una organica riprogettazione del sistema di regolazione nelle sue diverse componenti: amministrative, economiche, di pubblica sicurezza, di controllo di gestione dei mercati finanziari, di prevenzione delle devianze, di tutela della salute dei cittadini.
Dal punto di vista normativo vi è stato un indubbio ridimensionamento delle procedure tradizionali con grave sottrazione di potere di controllo all’autorità di pubblica sicurezza (che dal 1897 aveva il compito di vigilare ampiamente con gli strumenti del diritto di polizia) e attribuzione di funzioni ispettive a entità facilmente condizionabili – specie sul territorio – da pressioni anche delinquenziali.
Inoltre i controlli, poiché privi della rilevanza che ha invece la funzione di PS, sono particolarmente esposti alla pressione sia di minacce fisiche e sia di offerte di corruzione. Il panorama di alcune inchieste giudiziarie dell’ultimo biennio dimostra chiaramente il rilievo di tale composito fenomeno.
Ai concessionari e ai gestori del gioco pubblico d’azzardo è stato aperto il campo a dispiegare la promozione e la istallazione capillare delle varie modalità di gioco pubblico d’azzardo nell’assenza pressoché totale di un profilo di responsabilità verso il loro “clienti”.
Questi ultimi possono agire al più come “consumatori” e non come persone danneggiate nella loro salute psichica, non essendo riconosciuta, dalle autorità della Salute, la sindrome da Gioco d’Azzardo Patologico come un quadro clinico tipizzato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che a sua volta ha recepito la definizione contenuta dal DSM IV (Manuale statistico diagnostico della malattie mentali).
E’ urgente colmare il vuoto pericolosissimo di riconoscimento giuridico della responsabilità per induzione al GAP, per porre dei precisi limiti all’arruolamento progressivo e di massa della popolazione nel gioco d’azzardo eccessivo e per conseguenza nel gioco d’azzardo patologico.
Si è passati da 10 miliardi a 73 miliardi, da una spesa procapite di 175 euro a un’altra di 1200 senza l’emanazione di norme che rendano risarcibili i danni provocati dall’induzione al gioco d’azzardo, con il corollario che si può fare ovunque e insistentemente propaganda delle varie forme di puntate a soldi, senza risparmiare i minorenni e le fasce sociali più deboli.
Quanto ai “benefici” per l’Erario dello Stato, essi appaiono esigui e addirittura compensati da perdite finanziarie nette, attesa la pressoché invarianza del ricavato lordo documentato dall’AAMS per la fiscalità pubblica negli ultimi tre anni. E questo mentre la spesa degli italiani per i giochi è aumentata – sempre in tale lasso di tempo – del 75 %.
Il gioco pubblico d’azzardo – e dunque concessionari e gestori – si avvantaggia di una costante riduzione delle aliquote fiscali, rendendo risibile il ricavato dall’unica tassa (il PREU) che ha conglobato molte altre. Il PREU si attesta sul 14 per cento del totale dei consumi, a fronte di circa il 40 per cento del gettito da altri e ordinari consumi.
La capillarità delle istallazioni di gioco d’azzardo, in specie delle slotmachine (di “vecchia” e di “nuova generazione), dei punti di raccolta delle scommesse, delle postazioni di gioco d’azzardo on line (poker e casinò) e delle altre forme “tradizionali” (le c.d. lotterie istantanee) riguarda anche province e comuni dove la criminalità organizzata possiede una rete capillare di controllo del territorio.
Spesso tale alternativa “sovranità” è esibita sfacciatamente, come hanno mostrato le registrazioni, da ultimo, di una festa patronale nel quartiere Barra a Napoli, con esibizione in pubblico e sceneggiata di riappacificazione dei capi delle locali famiglie camorristiche. In tali contesti la capillarità delle istallazioni di gioco (tutte) equivale alla totale disconnessione dai sistemi – peraltro fragilissimi e contrassegnati da falle – dell’AAMS.
La Commissione Antimafia, nella relazione dedicata al problema, documenta l’inverarsi delle previsioni a suo tempo (1998) formulate dal Gruppo d’Azione Finanziaria (GAFI) circa la funzione delle sale da gioco nel riciclaggio delle risorse monetarie della criminalità organizzata. Il GAFI si riferiva ai casinò, ma ormai in Italia sono in funzione (sebbene non così denominati) oltre 1100 casinò “locali”, mentre la funzione di riciclaggio è stata seriamente documentata anche per le sale di raccolta delle scommesse su eventi sportivi.
Ultimo aspetto riguarda le gare per le concessioni di alcune specifiche modalità: slot machine (“vecchie” e “nuove”) e casinò on line. La presenza di gruppi italiani e stranieri con partecipazioni o totale proprietà di società investitrici registrate in paesi o città-stato off shore aprono un campo dove impegnare importanti risorse investigative, in particolare della nostra polizia finanziaria, cioè il Corpo della Guardia di finanza.
Insieme a tale iniziativa – urgente e doverosa – devono essere introdotte ulteriori modalità di vigilanza antiriciclaggio nel nostro territorio nazionale.
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