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Lauro: commento breve al libro di Angelo D'Amelio (Camera dei Deputati, 29 settembre 2011)
Di Raffaele Lauro (del 04/10/2011 @ 21:10:28, in Il commento politico, linkato 583 volte)
"I LUOGHI DELLA MIA ANIMA" di Angelo D'Amelio Edizioni Albatros Commento breve di Raffaele Lauro Roma, Camera dei Deputati, Sala del Refettorio 29 settembre 2011, ore 18.30 "La nostra storia è la storia della nostra anima, e la storia dell'anima umana è la storia del mondo." L'anima è quel "locus sacer", ove serbiamo quanto di più prezioso arricchisce la nostra identità. Ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che potremo essere. I luoghi della nostra anima siamo noi! La sublime bellezza della nostra vita è racchiusa in questa parola, in questo concetto, in questo soffio dello spirito. L'anima, quindi, è ciò che rende diverso ed unico, ciascuno di noi. Con questa opera prima, Angelo D'Amelio, racconta la sua anima, quasi come una confessione e, per certi aspetti, come una liberazione. Apre coraggiosamente grandi varchi che consentono al lettore di guardarvi dentro. Come un cinematografo d'altri tempi, illustra i fotogrammi della sua storia, della storia della sua famiglia e della storia della sua terra, con una immediatezza e una ricchezza, che soltanto un esteta, amante delle arti figurative, può essere capace di conferire. La realtà dei sentimenti e delle sensazioni viene prima distillata nel crogiuolo interiore e, poi, trasferita nella scrittura. Si dischiude così una galleria pittorica, che espone dipinti di scuola preraffaellita. La parola di Angelo è come un pennello, intinto in una tavolozza, fatta di cielo, di terra, di mare, di sole, di pioggia, di vento ed anche di polvere. Come i preraffaelliti, Angelo utilizza un registro espressivo e un linguaggio vivido - e, allo stesso tempo, penetrante e profondo -, in bilico sempre tra una forte tensione verso il naturalismo e la predilezione, talvolta ridondante, per materiali storici ed arcaici, nutriti di espressioni romantiche. In contrasto con gli artifizi del linguaggio ufficiale di tanta letteratura contemporanea, Angelo ricerca anche quei dettagli più trascurabili (un albero, il gambo di un fiore, un leggero nembo di nubi), riscoprendo così, nella struttura della natura, lo spirito ormai dissolto dell'animo umano. Un viaggio dell'anima, dunque, una confessione, anzi, una liberazione. Quest'opera si presenta come un "voyage" sentimentale attraverso la primissima infanzia, sino alle soglie della maturità. Un "voyage" che pellegrina per le terre delle Puglie, descritte con amore devoto. Quell'amore che unicamente un figlio autentico è in grado, non solo di provare, ma anche di trasmettere. "I luoghi della mia anima" è, innanzitutto, un libro d'amore, amore per le donne della vita di Angelo: la madre, la nonna materna, le terre delle Puglie. Un amore condito di gesti naturali, di carezze, di abbracci, genuino ed immediato. Un amore che affonda le radici nelle stesse difficoltà di una terra bellissima e di frontiera, che, seppur povera, si mostra sempre generosa a dispensare piccole gioie ai suoi abitanti: un'epopea silente di genti costrette a confrontarsi con le esigenze del quotidiano; un'epopea silente di popoli ai quali la storia non dà voce ma che contribuiscono a fare la storia, anche la grande storia. La madre, la nonna materna, la conturbante maestrina Rossella e la ragazza della scogliera, Daniela, si trasformano, per dirla con Shakespeare, in protagoniste che calcano il palcoscenico del mondo, dove ogni giorno va in scena la commedia umana. E come nel significato originario di commedia, che trae origine dalle komai, i piccoli villaggi dei contadini, anche la storia di Angelo principia da un piccolo paese del Sud, come tanti, abitato da gente laboriosa e semplice, i cui ritmi di vita sono scanditi dal succedersi dei giorni e delle stagioni, in una natura che appare idealizzata. Da bambino, è costretto a subire la traumatica separazione dei genitori e l'abbandono morale, da parte del padre. E da quel momento doloroso, pian piano, emerge la figura della madre, di cui Angelo, lungo tutto il libro, non pronuncia mai il nome: una donna straordinaria, pur nella ordinarietà che ha contraddistinto e contraddistingue tante donne del Sud; una donna divisa tra il necessario lavoro e il figlio; una donna dai capelli dorati e setosi, come se i raggi del sole le si arrotolassero intorno e una donna dal volto radioso di bambina felice ed entusiasta di essere al mondo; una donna di ferro, foderata di sorriso, verso la quale la vita non è stata, in fin dei conti, troppo benevola. Un donna che è stata più forte di tutte le avversità, che è riuscita a tirare su il "suo" Angelo, non facendogli mancare mai quell'affetto e quel calore che, durante l'infanzia, come scrive l'Autore, "sono necessari quanto un pezzo di pane inzuppato in una tazza di latte caldo." La nonna materna! Il profumo dei cui pranzetti domenicali fuoriesce dalle pagine del libro, amorevole come solo una seconda madre può essere, un po’ in affanno nello star dietro al fanciullo irrequieto. La maestrina Rossella! Poco più che ventenne lentamente apre la porta della classe il primo giorno di scuola, messaggera divina simile ad una Venere, con una carnagione freschissima e qualcosa di infantile negli occhi e nel sorriso. È la prima donna a travolgere Angelo, con una scintillante armonia ed una ineffabile grazia. E non sarà l'ultima, nella collezione sterminata dell'universo femminile dell'Autore! Ed, infine, Daniela, la ragazza della scogliera, la bella che non si troverà più, perché dormiente di sonno eterno, protetta dalle ninfe degli abissi, in qualche antro sottomarino, magico ed irraggiungibile. Un'altra qualità del libro è la sapiente commistione operata, tra personaggi ed eventi comuni, che potrebbero anche apparire un prodotto di finzione narrativa, con personaggi ed eventi della storia delle Puglie. L'origine greca della città di Taranto, come gli insediamenti greci lungo tutta la Puglia ionica sono i prodromi necessari di un racconto che si alimenta di queste nobilissime radici, che affondano in un terreno di storia e di leggenda. Storia che giunge sino al novecento, affacciandosi alla ringhiera del Canale di Taranto, dalla quale la popolazione tarantina assiste, muta e pensosa, durante i quattro anni del secondo conflitto mondiale, al partire delle navi verso il nemico e al loro ritornare in porto indenni, o mortalmente ferite, ma pur sempre "eroiche". Al centro, il più illustre tra i personaggi che abbiano mai vissuto le Puglie, Federico II imperatore, lo stupor mundi, presentato come legislatore, uomo animato da profonda cultura artistica, tale da lasciarne impronte in molte città e paesi delle Puglie e grande appassionato di caccia, per secondare la quale, ordina la costruzione di uno di più belli e misteriosi castelli d'Europa: Castel del Monte. Il Castel del Monte si staglia sovrano, misterioso e inespugnabile, imperioso, col suo volto possente, con la grazia elegantissima delle sue finestre e con l'insidia delle sue feritoie che sembrano tagliate da netti colpi di spada. E qui bisogna lasciar spazio all'Autore: "Venire nelle Puglie e non conoscere Federico II è come ammirare l'opera e ignorare l'artista. Visitare i monumenti che egli fece erigere e non sentire la presenza della sua grande anima può essere esaltazione puramente estetica, ma non ricostruzione ideale di un'epoca che, nell'anima dell'imperatore, trovò l'anima sua e da essa attinse tutte le fonti della sua bellezza e del suo tormento." Terre intrise anche di pietà religiosa, come poche altre, non potevano che essere lo sfondo per un'altra leggenda: mille anni fa, i sacerdoti Lupo e Grimoaldo, insieme con quarantacinque marinai, si recano a Mira per tentare di sottrarre a quella città, allora occupata dai saraceni, i resti mortali di San Nicola il Taumaturgo. L'audace tentativo riesce e le ossa, avvolte nel mantello di Grimoaldo, vengono rifugiate sulla nave che le trasporta a Bari, dove, nello stesso anno, viene iniziata la costruzione della basilica, nell'altare d'argento della cui cripta, esse ancor oggi riposano. Il raffinato lirismo, col quale Angelo descrive le sue donne, la sua terra e la storia delle Puglie, tutto circonfondendo di unicità e di assolutezza e tutto elevando, al di là della narrazione, oscilla, come un pendolo, in moto perpetuo, tra un proseggiare antico, di sapore omerico, che sovrabbonda di apposizioni, di caratteri e di immagini (come il Mediterraneo delle origini lo era di misteriose e fantastiche creature ed eroici semidei!) ed il realismo naturalistico riscontrabile nel Petrarca della prima parte del Canzoniere o in quello, splendidamente visivo, della Primavera del Botticelli, con i suoi reconditi motivi neoplatonici, ficiniani ed esoterici. Quest'opera si legge d'un fiato e si disvela al lettore, come un intreccio di destini, come un proliferare di "beau désordre" amoroso, dai rimandi proustiani, carico di simmetrie e di parallelismi tra i diversi piani, narrativi e sentimentali. E, proprio come ci accade con la "Recherche", leggendo queste pagine non tardiamo a cogliere, come, nel mondo incontaminato dell’infanzia di Angelo, viva il vero regno felice, ove nulla ha segreti per nulla, dove il cielo precipita in fondo ai fiumi, il sole lungo i muri e le farfalle, uscite non si sa da dove, tra i fiori, battono le loro ali blu o bianche o nere dagli occhi di fuoco. Sotto l'astro celeste della luce, tutto reca gioia: il vivo splendore della mattina, i primi freddi dell’inverno, il chiarore dorato del pomeriggio, che, sebbene giunga sul banco di un'aula di scuola, riempie di calore. L'Autore, sempre proustianamente, rivela l’importanza della memoria non sollecitata, ma involontaria, quale strumento atto ad evocare l'inconscio, ricco di quella realtà essenziale del passato, che non ci è dato di cogliere nel momento in cui lo si vive. Mediante quella memoria che appare, improvvisamente, con le intermittenze del cuore, e che, come un’illuminazione, colpisce la sfera intima e le sue profonde pulsioni, prende vivida forma il passato. La restituzione del passato raggiunge la perfezione attraverso la parole e l’arte, proiettandolo fuori dal tempo. Sono grato all'amico Angelo per il coraggio dimostrato, con questo libro, di mettersi a nudo, senza timori e senza pudori, e per aver voluto permettere, a noi, di penetrare la sua interiorità e di uscirne arricchiti. Un libro, come un film, deve saper emozionare. E questo libro emoziona molto! Emozioni che nessun algoritmo, pur sofisticato, potrà mai misurare. Questo libro dovrebbe essere letto da tutte le donne e gli uomini del Sud, ma non solo. La Yourcenar lo definirebbe "Annale del Sud"! Chi vive o ha vissuto nel Mezzogiorno d'Italia si identifica facilmente con i luoghi descritti e con i ritmi che ne scandiscono la vita. Questo libro, però, è principalmente lo specchio dell'anima di un uomo, che assume carattere universale e travalica il confine dell'individo. "La nostra storia è la storia della nostra anima, e la storia dell'anima umana è la storia del mondo." Parole di Benedetto Croce!
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