Lauro: la "Legge di Stabilità 2011" non è sufficiente (Roma, 27 novembre 2010)
La “Legge di Stabilità 2011” non è sufficiente a rianimare la ripresa della sviluppo economico (1)
di Raffaele Lauro (2)
L’economia italiana, lungi dall’accelerare il passo della crescita per recuperare le ingenti perdite di produzione e di reddito accusate nella recessione dell’ultimo biennio, è di nuovo in una fase di rallentamento. La crescita del PIL nel terzo trimestre è, infatti, scesa dallo 0,5% allo 0,2 %, il fatturato dell’industria a settembre è calato dello 0,3% , gli ordinativi dell’1,2% e la produzione industriale del 2,1%. Sull’onda di questi rilevamenti, si dovrà rivedere al ribasso la crescita prevista del PIL per il 2010 dal già modesto 1,3 % ad appena l’ 1%, risultato del tutto insoddisfacente. Di riflesso, si allarga il distacco della nostra economia dai maggiori paesi europei, che marciano quest’anno a ritmi tra il 3,9 % della Germania, il 2,8% del Regno Unito e l’ 1,8% della Francia.
In un quadro così preoccupante, si innesta la manovra finanziaria, contenuta nel disegno di “Legge di stabilità per il 2011”, in discussione al Senato, che sarebbe dovuta intervenire per correggere la deriva in atto verso la stagnazione economica. In particolare, più volte ho sottolineato l’urgenza di fare della finanza pubblica uno strumento per lo sviluppo, pur mantenendo fermo il rispetto del vincolo di riassorbimento del disavanzo di bilancio e di riduzione dell’incidenza del debito sul PIL.
Non credo che il disegno di legge dia pienamente corpo a questo indirizzo, perché non va né verso un maggiore rigore nel risanamento dei conti pubblici, né nel senso di promuovere un ritorno a una robusta espansione dell’economia. Appare una mera misura di mantenimento dell’insoddisfacente status quo, con una stretta sui saldi di bilancio, che, comunque, va approvata, di necessità e con urgenza, per il semplice motivo che i mercati finanziari, da cui il Paese dipende per coprire i suoi disavanzi e debito pubblici, sono molto inquieti a causa dei timori di dissesto di paesi europei meno indebitati del nostro. Non si possono sottacere, tuttavia, le intrinseche debolezze di questo provvedimento, nella speranza che, con i successivi provvedimenti finanziari, il Governo Berlusconi voglia mettere mano alla correzione di rotta auspicata.
Si tratta, a mio giudizio, di una manovra debole sotto i profili sia della stabilità che dello sviluppo.
Sotto il primo profilo, si nota che a fronte di un incremento della spesa per 5,7 miliardi non stanno nuove fonti di entrata di certa corrispondenza. Mentre gran parte delle risorse, ovvero 2,4 miliardi, dovrebbero provenire dalla vendita delle frequenze derivanti dal passaggio al sistema televisivo digitale terrestre, la stima dei proventi pecca per eccesso per diversi motivi. Solo un modesta parte delle frequenze disponibili è vendibile, data la legge esistente; la cerchia dei potenziali interessati all’acquisto si è ristretta; e la propensione dei grandi operatori a sborsare ingenti somme per l’acquisto sembra essersi attenuata per le difficili condizioni dell’economia nell’attuale fase congiunturale. Si sottolinea, inoltre, che si tratta di una entrata straordinaria, che non è ripetibile nel tempo e che, quindi, va sostituita negli anni successivi con altri prelievi, per non aggravare il disavanzo strutturale di bilancio.
Un’altra consistente parte delle maggiori entrate per il 2011 (500 milioni) dovrebbe derivare dalla lotta all’evasione fiscale. Anche qui, tuttavia, si tratta di ipotesi difficili a realizzarsi, perché è ben noto che solo una piccola frazione di quanto viene accertato come imposta evasa viene recuperato ed, in aggiunta, in tempi non brevi. Sui 500 e più milioni che si intende trarre dalla ulteriore (ed irresponsabile!) espansione dei giochi e delle scommesse, andrebbero tenuti presenti i rilievi ed i suggerimenti approvati all’unanimità dalla Commissione Antimafia, rimasti finora inascoltati.
Per coprire le maggiori spese del 2011 non resterebbe, quindi, che affidarsi a una crescita al di sopra delle attese, una possibilità che appare alquanto remota in un periodo in cui, da un lato, l’economia mondiale si espande a tassi nettamente più bassi del passato per via del diffondersi di manovre di stabilizzazione delle finanze pubbliche tra le economie dell’OCSE, e, dall’altro lato, sul fronte interno, non si vedono impulsi significativi al rilancio economico né da parte del bilancio pubblico, né in termini di competitività esterna. Ma da dove dovrebbe provenire il tanto desiderato slancio di una nuova crescita, in un contesto di rigore sui saldi finanziari di bilancio?
La risposta più plausibile, come ho dichiarato di recente in Aula al Senato, potrebbe ricercarsi nel miglioramento della qualità della spesa pubblica, comprimendo quella che meno contribuisce al potenziale di crescita ed espandendo la restante parte. I progressi in questa direzione appaiono, tuttavia, anch’essi insufficienti nel provvedimento in esame, se si fa un’analisi attenta dei diversi incrementi di spesa previsti.
Un’economia come quella italiana può ritrovare una maggiore crescita solo attraverso una decisa spinta all’innovazione, alla Ricerca e Sviluppo e agli investimenti in infrastrutture strategiche per l’economia, in quanto sono i presupposti necessari per quel salto di competitività e produttività di cui le nostre imprese hanno bisogno per tornare ad affermarsi sui mercati interni ed esteri.
Per la ricerca è invece previsto un credito di imposta di portata limitata, mentre non viene rinnovato il credito di imposta generalizzato, che è stato in vigore nello scorso triennio. Per gli investimenti pubblici si prevedono solo finanziamenti aggiuntivi per la linea ferroviaria Torino-Lione, mentre permangono le limitazioni sui finanziamenti per opere pubbliche agli enti territoriali, che sono responsabili per la maggior quota (72%) degli investimenti pubblici. Per gli investimenti nel Mezzogiorno, si confida nel Piano per il Sud, varato dal Governo, che non solo permetta di non perdere i fondi comunitari rimasti inutilizzati, ma che rilanci l’attività d’investimento, dopo il dirottamento di risorse del FAS verso altre urgenze del Paese, durante la recessione economica. L’estensione al 2011 della detassazione dei contratti di produttività è una misura positiva, ma è l’unica che va verso la promozione di incrementi di produttività e competitività. Per l’università, in un’ottica di valorizzazione del merito nella ricerca, si ripristinano alcune delle risorse tagliate, ma ben più consistenti meccanismi premianti andrebbero previsti, se si vuole veramente promuovere la ricerca in funzione del rinnovamento tecnologico del nostro sistema produttivo.
Sul fronte dell’occupazione sono state rinnovate molte delle misure a sostegno al reddito o alla rioccupazione dei lavoratori in difficoltà. Tuttavia, si tratta di interventi a carattere meramente di tutela, come nel caso della cassa integrazione in deroga o dei “lavoratori socialmente utili”, non provvedimenti volti a creare nuovi e stabili posti di lavoro, che abbiano una loro genuina giustificazione in una crescente domanda di lavoro delle imprese per cogliere le opportunità del mercato. Al tempo stesso, si rileva che, soprattutto al Nord, un gran numero di offerte di lavoro delle imprese rimangono inevase per carenze gravi di lavoratori specializzati, di tecnici, di professionalità, di artigiani, di cui il Paese aveva un tempo ampia disponibilità. Su questo problema è evidente che si richiedono interventi più incisivi del piccolo sostegno all’apprendistato, che è stato previsto.
Mentre si sarebbe potuto fare di più e meglio per innalzare il potenziale di crescita economica, si individuano, nel provvedimento in discussione, diversi rivoli di spesa corrente che non danno un significativo contributo allo sviluppo dell’economia. Mi riferisco, ad esempio, ai vari contributi all’editoria e agli incentivi per l’emittenza televisiva locale e per l’emittenza radiofonica.
Considerato, quindi, il grave momento economico che attraversa l’economia sia italiana che europea, non dovrà mancare il pieno sostegno della maggioranza parlamentare a questo provvedimento, nell’interesse superiore di offrire una immagine di stabilità dei nostri conti pubblici. Ma i seri problemi di stimolo allo sviluppo economico, specie del Mezzogiorno, dovranno ricevere maggiore attenzione ed essere affrontati subito dal Governo, a partire dai provvedimenti previsti per la fine dell’anno.
(1) Pubblicato sul Corriere della Sera-Corriere del Mezzogiorno del 27 novembre 2011
(2) Senatore della Repubblica (PdL)
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