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Il ddl Lauro su cittadinanza, doppio cognome e luogo di nascita elettivo (15 settembre 2009)
Di Raffaele Lauro (del 14/09/2009 @ 21:49:00, in Il commento politico , linkato 425 volte)
SENATO DELLA REPUBBLICA ———– XVI LEGISLATURA ———– DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa del senatore LAURO ———– Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza, nonché nuove norme in materia di cognome dei figli e di anagrafe Onorevoli Colleghi. - La società contemporanea è chiamata ad affrontare problemi di natura epocale, legati ai fenomeni migratori, che hanno assunto proporzioni vastissime, con ricadute politiche e sociali, assai rilevanti, e che, se non governati, con realismo, con fermezza e con lungimiranza, in un’ottica di collaborazione con l’ Unione Europea e di idonee intese, operative e gestionali, bilaterali e multilaterali, con i paesi di origine o di transito dei flussi, potrebbero, con il trascorrere del tempo, appannare la nostra identità nazionale e le culture, locali e territoriali, di cui il nostro Paese è ricco. Questi complessi fenomeni, quindi, necessitano di adeguate regolamentazioni,che tengano conto anche della tipologia dei flussi migratori: da una parte, occorre contrastare efficacemente l'immigrazione illegale, di qualsivoglia origine, salvaguardando soltanto il diritto di asilo, e, dall'altra parte, disciplinare, in modo rigoroso, i criteri e le modalità, anche di natura organizzativa e logistica, per assicurare ai lavoratori immigrati, entrati regolarmente sul territorio nazionale, un ordinato, effettivo e non traumatico inserimento nelle strutture produttive e sociali del Paesi di arrivo. Accanto e contemporaneamente alla regolamentazione del fenomeno migratorio, gli Stati devono preoccuparsi di assecondare e di guidare il processo di integrazione degli stranieri. Occorre favorire i processi di comunicazione per evitare che si creino “nicchie”, “isole” o “ghetti”, urbani o suburbani, di comunità autoctone autoreferenziali, spesso fondamentaliste sul piano religioso, incapaci di dialogare con l'esterno. Ciò, infatti, rischia di provocare diffidenza reciproca tra le diverse componenti, alimentando fenomeni di razzismo e di sciovinismo, che spesso sfociano in episodi di violenza e preludono alla disintegrazione conflittuale della società. Le autorità nazionali e periferiche di governo sono chiamate, quindi, a predisporre opportune politiche di integrazione ed attuare strumenti adeguati per aiutare gli stranieri a conoscere la lingua del paese ospitante, la sua cultura, le tradizioni, nazionali e locali, dei territori, nei quali vengono ad abitare, a lavorare e a vivere, spesso con i propri nuclei familiari. Nello stesso tempo si impone un'educazione alla legalità, assicurata dall'apprendimento delle regole fondamentali di convivenza e dalla conoscenza delle istituzioni dello Stato ospitante. La concessione della cittadinanza dovrà essere, quindi, l'esito di questo processo di integrazione, che implica la volontà di appartenenza del soggetto richiedente, e non una graziosa concessione, ammantata di falso progressismo, che prescinda del tutto da quella volontà. Lo straniero che chiede la cittadinanza italiana, dopo un congruo periodo di permanenza nel territorio nazionale, deve poter manifestare un desiderio consapevole e maturo di entrare pleno iure nella comunità dei cittadini dello Stato che lo ospita, dimostrando di aver acquisito gli strumenti fondamentali per poter esercitare pienamente i diritti, che derivano dalla concessione della cittadinanza, di possedere le sufficienti competenze linguistiche per comunicare, come pure di aver assimilato gli elementi essenziali della cultura, delle tradizioni, della storia nazionale e locale. A tal fine, questo disegno di legge intende affrontare alcune delle più rilevanti questioni in materia, in particolare quelle attinenti ai criteri e alle modalità di acquisizione della cittadinanza italiana, da parte di stranieri o apolidi. La cittadinanza rappresenta il rapporto fondamentale esistente tra l'individuo e l'ordinamento giuridico, nel quale egli vive, e bisogna trovare un punto di equilibrio tra opposte e spesso confliggenti esigenze: da una parte, è necessario assicurare regole certe e rigorose, perché la cittadinanza non sia un mero riconoscimento amministrativo, affidato ad organi burocratici, ma sia il punto di arrivo di un processo di integrazione adeguato e puntualmente verificato dalle autorità nazionali; dall'altra, non può essere ostacolata la legittima aspettativa di quanti, da ogni parte del mondo, giunti in Italia per lavorare, al termine di un congruo periodo di permanenza nel nostro territorio, aspirano veramente a diventare cittadini italiani. Gli ordinamenti contemporanei più vicini alla nostra tradizione giuridica hanno introdotto, già da alcuni anni, normative molto dettagliate in materia di cittadinanza, allo scopo di governare il fenomeno dell'immigrazione, favorendo l'immigrazione legale e attivando processi virtuosi di integrazione linguistica, sociale e culturale. In Francia la naturalizzazione, per decisione dell'autorità pubblica, richiede, come presupposto indispensabile, la conoscenza sufficiente della lingua francese. È stata anche istituita una cerimonia di accoglienza nella cittadinanza francese. In Germania, oltre alla dimostrazione di una sufficiente conoscenza della lingua tedesca, è richiesta la conoscenza dell'ordinamento sociale e giuridico, nonché delle condizioni di vita, a cui il candidato alla naturalizzazione deve conformarsi. In Spagna, oltre ai requisiti generali, è previsto anche il rilascio di un attestato di buona condotta civica e di sufficiente grado di integrazione nella società spagnola. Appare di tutta evidenza, dunque, la determinazione degli ordinamenti contemporanei, a democrazia avanzata, a valersi di ulteriori e più articolati criteri, in grado di arricchire il concetto di cittadinanza, con contenuti linguistici, sociali e culturali. All'articolo 1 si prevede, in coerenza con tale impostazione, che il periodo di residenza legale sul territorio della Repubblica sia di dodici anni e non più di dieci, come è attualmente. Il periodo di tempo necessario per la concessione della cittadinanza italiana, però, viene qualificato e arricchito di contenuti educativi, che sostanziano la cittadinanza di valori sociali e culturali. E' previsto, infatti, che, al termine dell’ottavo anno, lo straniero riceva un certificato che gli attribuisce il fondamentale diritto civico del voto, limitato alle elezioni amministrative degli Enti Locali (Provincia, Comune) La concessione del certificato è subordinata ad una puntuale verifica della conoscenza della lingua e delle istituzioni della Repubblica, nonché della cultura nazionale e locale, nonché delle tradizioni storiche, religiose, sociali del territorio, nel quale lo straniero aspirante alla cittadinanza si è inserito. L'autorità competente all'adempimento di tale funzione di filtro è l'Arma dei Carabinieri che, per l'autorevolezza ed il prestigio di cui universalmente gode, appare il soggetto istituzionale più indicato a svolgere, con rigore ed imparzialità, tale delicatissimo compito di verifica. Inoltre l'Arma, oltre ad avere una fortissima vocazione ad incarnare visibilmente il valore della nazione italiana, per le sue caratteristiche organizzative è anche in grado di assicurare omogeneità di valutazione su tutto il territorio nazionale, evitando che si producano degenerazioni clientelari e corruttive. L’accesso alla verifica è subordinato, peraltro, al pagamento di una tassa, mentre nulla sarà dovuto per il rilascio del certificato di idoneità o, in un primo caso negativo, per successive prove, da tenere con un adeguato intervello di tempo (almeno un anno). Decorsi quattro anni dalla consegna del certificato, senza ulteriori formalità, se non quelle previste dalla legge vigente, allo straniero è concessa la cittadinanza italiana, qualora non sia stato sottoposto a procedimento penale. L'eventuale sottoposizione a procedimento penale, infatti, rappresenta un indizio particolarmente grave, da cui si evince che lo straniero non ha compiuto adeguatamente il percorso di integrazione e non ha introiettato, in modo pieno, quella cultura della legalità, propedeutica all’ottenimento della cittadinanza. Al fine di evitare una impropria utilizzazione dell'istituto del matrimonio, peraltro ormai diffusa, allo scopo di ottenere rapidamente la cittadinanza italiana, si è inteso intervenire sull'articolo 5 della legge n. 91 del 1992, abrogando l'acquisto della cittadinanza iure connubii. Al coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano, infatti, è rilasciato, esclusivamente, un certificato di residenza, previa verifica della reale convivenza. Con il medesimo disegno di legge si vuole trovare, inoltre, una soluzione equilibrata alla questione dell’attribuzione del cognome ai figli, cercando di assicurare, da una parte, il diritto della madre di vedere il proprio cognome aggiunto a quello paterno e, dall'altra, di evitare il rischio di confusione nella trasmissione del cognome, di generazione in generazione, con conseguenze negative per la tenuta dei registri anagrafici e per una chiara individuazione delle stirpi. È consentito, quindi, ai genitori, di comune intesa, attribuire al figlio, oltre al cognome del padre, anche quello della madre. Se uno o entrambi i genitori hanno un doppio cognome, se ne considera soltanto il primo. Nel caso in cui uno dei due coniugi sia straniero o apolide, è sempre obbligatorio trasmettere al figlio il cognome del genitore italiano. L'ultimo intervento legislativo contenuto nel disegno di legge riguarda la registrazione anagrafica del luogo di nascita dei bambini. E' ormai da anni diffuso il fenomeno della fruizione dei servizi sanitari di assistenza al parto presso strutture sanitarie pubbliche o case di cura private, che, però, sono spesso situate in comuni diversi, benché limitrofi, a quelli di residenza dei genitori. Ciò determina, nei comuni sprovvisti di tali strutture, una vera e propria sparizione delle nuove nascite. Si determina così un progressivo impoverimento della memoria storica e locale di comunità, che pure si caratterizzano per una forte tradizione culturale. Con tale proposta, quindi, si intende garantire ai genitori la possibilità di indicare, di comune intesa, all'atto della dichiarazione di nascita, il luogo elettivo di residenza dei genitori, in alternativa a quello in cui è avvenuta effettivamente la nascita. Art. 1. (Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91) 1. L'articolo 5 è sostituito dal seguente: «Art. 5. - Al coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano è rilasciato un certificato di residenza, qualora sia dimostrata la reale convivenza. Il coniuge straniero o apolide può beneficiare della reversibilità pensionistica solo al momento della concessione della cittadinanza secondo il procedimento ordinario, di cui all'articolo 9, comma 1, lettera f) della presente legge.». 2. All'articolo 9, comma 1, la lettera f) è sostituita dalla seguente: «f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dodici anni nel territorio della Repubblica. In tali ipotesi, dopo otto anni di residenza legale nel territorio dello Stato, lo straniero riceve dal Comando dell'Arma dei Carabinieri territorialmente competente, previa verifica della conoscenza della lingua italiana, delle istituzioni della Repubblica, delle tradizioni storiche, culturali e religiose della nazione, un certificato che lo legittima a esercitare il diritto di voto esclusivamente in occasione delle elezioni amministrative deli Enti Locali (Provincia, Comune). L’accesso alla verifica, effettuata dall’Arma, è subordinato al pagamento di una tassa dell'ammontare di 100 euro. In caso di esito negativo, nulla sarà dovuto per gli ulteriori accessi. Decorsi ulteriori quattro anni dalla concessione del certificato, allo straniero è concessa la cittadinanza, qualora non sia stato sottoposto a procedimento penale. In tal caso, il termine per la concessione della cittadinanza è sospeso fino alla sentenza di assoluzione di primo grado. In caso di condanna, passata in giudicato, lo straniero decade da tutti i diritti temporaneamente maturati». Art. 2. (Modifiche al Codice civile) 1. Dopo l'articolo 143-bis del Codice civile aggiungere il seguente: «Art. 143-bis.1 - I genitori possono, di comune intesa, attribuire al figlio, oltre al cognome del padre, anche quello della madre. Se uno o entrambi i genitori hanno un doppio cognome, se ne considera soltanto il primo. Nel caso in cui uno dei due coniugi sia straniero o apolide, è obbligatorio trasmettere al figlio il cognome del genitore italiano.» Art. 3. (Norme in materia di anagrafe) 1. È attribuita congiuntamente ai genitori la facoltà di indicare, nella dichiarazione di nascita da rendere ai soggetti competenti per legge, il luogo elettivo di nascita del bambino, in alternativa al luogo effettivo dove la nascita è avvenuta. Il luogo elettivo di nascita può essere individuato esclusivamente nel comune italiano di residenza di entrambi i genitori. Qualora i genitori risiedano in comuni diversi, il luogo elettivo di nascita è stabilito di comune accordo.