Non gettiamo questa vita di Anna Maria Gargiulo Sorrento, 18 dicembre 2010 Questa pregevole opera di Anna Maria Gargiulo, è innanzitutto un diario. Il diario di Mosè, una delle tante ombre che si trascinano invisibili negli angoli dei marciapiedi o nei sottopassaggi delle grandi città del mondo e che spesso abbiamo sotto i nostri occhi. Come tutte le ombre, Mosè non è mai esistito per nessuno. Né per la sua famiglia, né per la società. Ombra persa nella folla di una umanità sempre in movimento, trova la sua unica luce in un amico immaginario, Pasquale, che egli vede con la mente sempre presente accanto a lui, dalla giovinezza sino alla fine. L’autrice con questo libro, dà un volto, delle fattezze, dei nomi, dei sentimenti, a queste ombre. Esse ricevono, insieme alle cure materiali, anche e soprattutto, l’orgoglio e la dignità di sentirsi persone e non fantasmi. Questo libro offre una importante occasione di confronto con una realtà troppo spesso etichettata negativamente ma invece, ricca di sfumature ed estremamente fruttuosa per quanti se ne avvicinano e cercano di carpirne le molteplici sfumature. “Una persona anziana è come una stanza piena di libri che nessuno ha più tempo di leggere.” Ed effettivamente, tanto ha da raccontare di sé ed insegnare a chi ascolta, una persona anziana. Al di là di ciò che si possa dire di un anziano, esso è una fonte inesauribile di conoscenze ed esperienze. Questo libro pone bene in luce questo aspetto. Con delicatezza e dolcezza, l’autrice rende partecipi i lettori dell’esperienza di vita di Mosè che, comunque, è comune a quella di tanti altri uomini e donne nella sua condizione e della sua, nell’assisterli e prodigarsi instancabilmente per essi. La vicenda di Mosè si intreccia a tante altre, fornendo un quando d’insieme garbato e chiaro della condizione degli anziani che, soli, o a causa di condizioni di vita talvolta al limite dell’umano, vivono in una casa-albergo. L’insieme delle loro storie, diventa una galleria d’arte dove poter ammirare i quadri più differenti che hanno però, una medesima cornice: quell’età in cui, il corpo indebolito non riesce più a sostenere il peso degli anni e necessita di assistenza, come in un ritorno alle origini. In questa situazione, l’autrice-direttrice diviene quasi una madre per gli ospiti della casa-albergo. Il punto di riferimento, il vettore attraverso il quale essi possono ottenere ciò di cui hanno bisogno. Ma soprattutto, ella dona loro quel calore e quell’affetto che permette loro di rimettere insieme i pezzi del proprio passato, di rammendare il proprio cuore sdrucito. E sono proprio quei pezzi delle loro vite, che l’autrice fissa su carta affinché non vadano gettati via perché nulla deve essere gettato via, mai, specialmente quando può arricchire, quando può diventare patrimonio. Albert Camus scrisse: “Non essere più ascoltati: questa è la cosa terribile quando si diventa vecchi.” E invece, deve essere il contrario! Dal racconto della vita di Mosè, così come di ogni altro anziano, si possono apprendere notizie fondamentali che indubbiamente aiuteranno ognuno di noi nel cammino della propria vita perché in fondo, chi è un anziano se non un uomo che ha già percorso il cammino che tutti si apprestano ad intraprendere? “Un uomo non è vecchio finché i rimpianti non sostituiscono i sogni.” (John Barrymore) Certo, i sogni di un anziano non sono quelli di un giovane ma credere che la veneranda età porti via la capacità di sognare è sbagliato. Gli anziani di Anna Maria Gargiulo sognano eccome! Victor Hugo disse che la vecchiaia è l’adolescenza dell’infinito e i sogni, tutti i sogni, che siano essi di giovani o di anziani, si tingono ineluttabilmente di infinito. Ma il contenuto di questo libro, è anche un chiaro messaggio alle istituzioni, affinché non abbandonino gli operatori che si prodigano per assistere gli anziani meno fortunati. C’è bisogno di una continua sinergia tra essi, per poter sempre meglio ottimizzare le risorse e gli sforzi che la società civile impiega in questo campo. Anna Maria Gargiulo, con questa sua pubblicazione, mostra chiaramente come sia possibile rendere felice e amorevole, appagando e gratificando, quella stagione della vita di un uomo che, parafrasando Cicerone, è il compimento della vita, l’ultimo atto della commedia umana!