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DDL Lauro sulla regolamentazione e il controllo della prostituzione (Senato, 18 novembre 2010)
Di Raffaele Lauro (del 18/11/2010 @ 14:55:01, in Il commento politico, linkato 379 volte)
SENATO DELLA REPUBBLICA AS .... ———– XVI LEGISLATURA ———– DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa del senatore LAURO ———– Norme in materia di regolamentazione e controllo della prostituzione ———– Onorevoli colleghi. - Il presente disegno di legge si compone di un unico articolo e propone la non facile regolamentazione della attività della prostituzione sessuale esercitata liberamente, in forma autonoma e a domicilio. Quale premessa alla presente relazione si ritiene utile illustrare, a fini comparativi, la legislazione che disciplina la prostituzione in alcuni paesi europei. In Francia, la prostituzione è un'attività libera e non regolamentata. Tuttavia, le "maisons de tolérance" sono state chiuse nel 1946, come conseguenza dell'approvazione della c.d. legge Marthe Richard, e sono oggi vietate dall'art. 225-10 del codice penale che prevede 10 anni di reclusione e 750.000 euro di multa per chi possiede, gestisce, sfrutta, dirige, fa funzionare, finanzia o contribuisce a finanziare una casa d'appuntamenti. Inoltre, il codice penale sanziona - in alcuni casi molto duramente - le condotte di favoreggiamento e adescamento. Tale apparato sanzionatorio è stato rafforzato dalla legge sulla sicurezza interna del 2003 (c.d. legge Sarkozy II). Per quanto riguarda in particolare lo sfruttamento, l'art. 225-5 del codice penale prevede 7 anni di reclusione e una multa di 150.000 euro per coloro: 1) che aiutano, assistono o proteggono la prostituzione altrui; 2) che traggono profitto dalla prostituzione altrui, che ne condividono i proventi o che sono mantenuti da una persona che si dedica abitualmente alla prostituzione; 3) che avviano un'altra persona alla prostituzione o che esercitano pressione su un'altra persona finalizzata a farla prostituire. Il successivo art. 225-6 elenca una serie di condotte che sono equiparate ai fini sanzionatori al favoreggiamento. Il codice penale prevede poi numerose aggravanti (ad esempio, nel caso in cui il fatto sia compiuto nei confronti di un minore o di una persona particolarmente vulnerabile o da parte di una associazione per delinquere). Nel caso più grave - quando il fatto è commesso facendo ricorso ad atti di tortura o di barbarie - la pena prevista è la reclusione e la multa di 4.500.000 euro. La suddetta legge sulla sicurezza interna del 2003 ha reso penalmente rilevante l'adescamento ("racolage"), introducendo il nuovo art. 225-10-1 che prevede due mesi di reclusione e una multa di 3.750 euro per chi, con qualsiasi mezzo, ivi inclusa una attitudine passiva, procede in un luogo pubblico ad adescare qualcuno in vista di incitarlo a relazioni sessuali a pagamento. Per quanto riguarda i clienti, la legge francese in linea di massima non li sanziona, salvi i casi in cui il soggetto che si prostituisce sia un minore o un soggetto che si trova in condizioni di vulnerabilità individuate dall'art. 225-12-1 del codice penale (gravidanza, malattia, invalidità, ecc.). Le sanzioni sono identiche in questi due casi (tre anni di reclusione e una multa da 45.000 a 100.000). In Germania, nel 2002 è entrata in vigore la nuova legge sulla prostituzione (Gesetz zur Regelung der Rechtsverhältnisse der Prostituierten del 20 dicembre 2001), finalizzata a migliorare lo status legale, la posizione sociale e le condizioni di lavoro delle persone che esercitano la prostituzione. In particolare, la legge in questione ha voluto rimuovere lo stigma dell'immoralità nei confronti della prostituzione e delle persone che la esercitano. Ciò è stato perseguito, in primo luogo, prevedendo che l'accordo in base al quale viene concordato un compenso in cambio di prestazioni sessuali giustifica una pretesa giuridicamente efficace e, quindi, l'attuazione in giudizio del diritto. Mentre in passato la giurisprudenza riteneva che gli accordi fra prostitute e clienti fossero nulli per contrarietà al buon costume, ai sensi dell'art. 138 del codice civile, la persona che esercita la prostituzione può oggi agire in giudizio per ottenere il compenso pattuito, in caso di inadempimento del cliente. È stato inoltre stabilito che l'esercizio della prostituzione come attività dipendente costituisce un'occupazione soggetta ad assicurazione obbligatoria ed al diritto previdenziale vigente. Infine, sono state apportate modifiche conseguenti agli articoli del codice penale in materia di favoreggiamento della prostituzione. In particolare, il favoreggiamento della prostituzione è stato riformulato al fine di circoscriverlo ai soli casi in cui la persona che esercita la prostituzione si trova ad essere in una condizione di dipendenza personale o economica rispetto ad un terzo. Si ricorda inoltre che i comuni possono individuare zone della città o orari della giornata in cui la prostituzione di strada non è consentita. Per quanto riguarda la pubblicità, essa costituisce un illecito amministrativo qualora non sia effettuata in maniera discreta e violi, ad esempio, la sensibilità dei minori. Anche in Inghilterra la prostituzione non è illegale, ma sono illegali numerose attività ad essa connesse. In particolare, i reati connessi alla prostituzione sono sanzionati da una serie di Sexual Offences Acts, l'ultimo dei quali risale al del 2003. Ai sensi dei suddetti provvedimenti costituiscono reato: il favoreggiamento della prostituzione; la gestione di case di appuntamento; l'adescamento; il fatto di consentire che un bene immobile sia utilizzato per la prostituzione; il traffico di persone finalizzato allo sfruttamento sessuale. Anche in Inghilterra novità normative in materia di prostituzione sono state apportate da un recente provvedimento in materia di pubblica sicurezza: il Policing and Crime Act del 2009. In particolare, tale provvedimento ha esteso i casi di responsabilità penale del cliente. In primo luogo, è stato modificato il suddetto Sexual Offences Act del 2003, introducendo un paragrafo ai sensi del quale il cliente è perseguibile se la prostituta svolge tale attività non di sua spontanea volontà ma perchè costretta da un terzo. Il reato si configura anche quando il cliente ignora tale circostanza. È stata inoltre prevista la nuova fattispecie definita "soliciting" (sollecitazione), che punisce la condotta di colui che in un luogo pubblico o in un veicolo sollecita un'altra persona ad offrirgli servizi sessuali a pagamento. La nuova fattispecie sostituisce due fattispecie precedenti ("kerb-crawling" e "soliciting"), che richiedevano però la persistenza della condotta e il fatto che essa fosse idonea a danneggiare la quiete pubblica. Tali condizioni non sono più richieste. In Svizzera la disciplina della prostituzione trova il suo fondamento nell'art. 199 del codice penale. Tale disposizione prevede infatti che l'infrazione delle prescrizioni cantonali sul luogo, tempo e modalità dell'esercizio della prostituzione sia sanzionata con una multa. Ne deriva che la prostituzione è un attività libera e che essa viene regolamentata a livello cantonale, nei limiti tracciati dal codice penale confederale. Oltre al suddetto art. 199, assumono rilevanza l'art. 182 (in materia di tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento sessuale) e l'art. 195 (in materia di sfruttamento di atti sessuali / promovimento della prostituzione). Per quanto riguarda in particolare la materia dello sfruttamento, con la riforma dei reati sessuali avvenuta nel 1992, sono state eliminate le due disposizioni penali riguardanti in modo specifico il lenocinio e lo sfruttamento passivo della prostituzione. Ad essere rilevante ai fini della punibilità è, invece, ora la violazione del diritto all'autodeterminazione sessuale, ad esempio per mezzo della prostituzione forzata. Attualmente, l'art. 195 del codice penale prevede infatti la reclusione sino a dieci anni o una pena pecuniaria per: - chi sospinge alla prostituzione un minorenne; - chi, profittando di un rapporto di dipendenza o per trarne un vantaggio patrimoniale, sospinge altri alla prostituzione; - chi lede la libertà d'azione di una persona dedita alla prostituzione sorvegliandola in questa sua attività o imponendole il luogo, il tempo, l'estensione o altre circostanze inerenti all'esercizio della prostituzione; - chi mantiene una persona nella prostituzione. Tornando quindi al disegno di legge in titolo, va sottolineata la circostanza che la maggior parte dei disegni di legge presentati al Senato sulla materia, ed in corso di esame presso le Commissioni riunite Giustizia e Affari costituzionali, nel mentre prevedono il divieto di esercizio della prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico, lo consentono, a determinate condizioni, nelle abitazioni private. Altri disegni di legge, compreso quello del Governo (AS. 1079) affrontano la problematica prevalentemente con un'ottica di tipo penalistico, introducendo nel codice del reato di prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico e le relative misure sanzionatorie nei confronti sia di chi esercita la prostituzione che dei clienti. Si tratta di una soluzione condivisibile e auspicabile, soprattutto considerando le condizioni di miseria sociale e morale in cui si consuma prevalentemente il fenomeno della prostituzione. Occorre che lo Stato intervenga per tutelare la libertà della persona e la sua libertà di autodeterminazione. Occorre quindi punire chi esercita la prostituzione in luogo pubblico, allo scopo di eliminare la prostituzione di strada come fenomeno di maggiore allarme sociale. Nello stesso tempo si deve contrastare lo sfruttamento della prostituzione, in quanto è soprattutto in luogo pubblico che si perpetrano le più gravi fattispecie criminose finalizzate allo sfruttamento sessuale. Se questo è vero, al legislatore non può al contempo sfuggire il dovere di disciplinare "il mestiere più antico del mondo" che, probabilmente, nessuna norma penale riuscirà mai a cancellare. In questo solco "regolamentare" si muove il disegno di legge sottoposto all'esame : il Governo, nell'esercizio della delega conferita, dovrà prevedere l'obbligo di controlli sanitari, l'obbligo di registrazione fiscale dell'attività, e definire le modalità con le quali il soggetto che esercita la prostituzione possa, a determinate condizioni, pubblicizzare la propria attività. L'abrogazione dell'articolo 7 della legge Merlin, che fa divieto alle autorità di pubblica sicurezza, sanitarie e amministrative di registrazione di donne che esercitano o siano sospettate di esercitare la prostituzione, è conseguenza delle disposizioni precedenti. Si ritiene in conclusione che il testo proposto corrisponda al principio di tutela la dignità e i valori della persona umana e al contempo possa costituire un utile strumento sia per prevenire le cause del diffuso allarme per l'ordine e la sicurezza che il fenomeno determina nonché il duro colpo che può essere inflitto all'attività criminosa dello sfruttamento. DISEGNO DI LEGGE Art. 1. 1. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro centottanta giorni dall’approvazione della presente legge, il Governo disciplina l’esercizio della prostituzione, svolto, da chi abbia conseguito la maggiore età, liberamente e in forma autonoma, a domicilio, prevedendo: a) l’obbligo di controlli sanitari periodici, annotati in apposito registro dalle autorità sanitarie nel rispetto del diritto alla riservatezza, e le sanzioni per la sua violazione; b) l’obbligo di registrazione fiscale delle prestazioni, effettuata nel rispetto del diritto alla riservatezza, ai fini della determinazione dell’imposta sul reddito; c) le modalità con le quali alla persona che si prostituisce è consentito pubblicizzare la propria attività, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 527, 528, 725 e 726 del codice penale e in forme che non siano lesive della dignità umana, stabilendo le eventuali sanzioni amministrative pecuniarie. 2. Gli schemi di regolamento sono trasmessi alle Camere, perché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro trenta giorni dalla trasmissione. Decorso il termine per l’espressione del parere, i regolamenti possono essere comunque adottati. 3. L’articolo 7 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, è abrogato.».