Testo definitivo intervento su "Questione meridionale, una questione nazionale" (Napoli, 28 settembre 2009)
La questione meridionale - una questione nazionale
Intervento del Sen. RaffaeleLAURO
Napoli, 28 settembre 2009
LA NUOVA QUESTIONE MERIDIONALE
Desidero dire soltanto una parola conclusiva di ringraziamento ai Presidenti per questo documento prezioso sul tema del nostro incontro di Napoli, a Palazzo Reale, elaborato dai Gruppi parlamentari di Camera e Senato. Si tratta di una prima analisi, degna di ulteriore riflessione, perché rappresenta una radiografia realistica, abbastanza completa, della questione meridionale, come questione nazionale.
La questione criminale, tuttavia, occupa, nel documento, uno spazio troppo angusto, rispetto alla complessità del problema e alla diseconomia che essa, la questione criminale, provoca non solo per il Mezzogiorno, ma per l’intero Sistema Paese. La questione criminale è anch’essa questione nazionale!
Se Giuseppe Zanardelli, primo ministro del Re d’Italia, tornasse a fare una visita ispettiva nel Mezzogiorno, come la fece nel 1902, riferendo, oggi, in Parlamento – non più Parlamento del Regno! – indicherebbe problemi ben più complessi da risolvere, rispetto al 1902. Non a caso, cari amici del PdL, i meridionalisti degli anni settanta, i più avvertiti, quando stava per essere applicata la Costituzione e stava per essere introdotto l’istituto regionale ordinario, misero in guardia da alcuni rischi: che le Regioni a statuto ordinario si trasformassero in piccoli centri oligarchici di potere; che, invece di articolare e rendere funzionale, sul territorio, i diversi livelli di governo, diventassero, esse stesse, un ulteriore ostacolo, un laccio, rispetto alla libertà di impresa e alla possibilità di intraprendere nel Mezzogiorno.
Dobbiamo riconoscere che quei paventati rischi, definiti, nei dibattiti tra i meridionalisti, come il neocentralismo regionale, si sono inverati in pieno, in forme addirittura perverse in alcuni settori, come la sanità.
Quando riparliamo, quindi, di questione meridionale, non possiamo generalizzare. Dobbiamo scendere nel dettaglio, perché non esiste una questione Sud, che possa essere ancora affrontata unitariamente, con politiche che non siamo diversificate ed insieme complementari. Paradossalmente, a causa di questo neocentralismo regionale, si constata, quotidianamente, che un assessore comunale o un sindaco veniva ricevuto, in passato, più rapidamente da un sottosegretario o da un dirigente generale di ministero, piuttosto che, oggi, da un assessore regionale. Non appaia, questa, una semplice battuta!
Il neocentralismo regionale ha creato delle isole burocratiche nel Mezzogiorno, per cui esiste una questione campana, una questione pugliese, una questione calabrese, una questione Basilicata e una questione siciliana. E, quindi, non si può più schematizzare. Bisogna uscire dai vecchi schemi ed intervenire con strumenti diversificati, flessibili e complementari. Abbiamo di fronte, in poche parole, una nuova questione meridionale.
Il ministro Tremonti ha indicato un percorso, che potrebbe essere efficace, se superasse, appunto, la schematizzazione del passato: il percorso delle risorse che restino sul territorio; il percorso di una progettualità che venga dal centro, dal CNR. Cosa significa questo: Banca del Sud, CNR? Il riferimento di carattere nazionale appare al ministro l’unica alternativa. Praticamente, mi chiedo, si tratta di un ritorno alle origini? Tutto ciò, proprio a causa delle Regioni meridionali, che, con il loro neocentralismo, si sono chiuse in se stesse, come apparati autoreferenziali, come burocrazie fameliche e non sono riuscite neppure a dialogare, a progettare e a realizzare connessioni operative tra di esse.
Questo è l’altro aspetto negativo della nuova questione meridionale. Mentre le Regioni del Nord hanno mostrato una capacità di intesa, di coordinamento e di programmazione, che le rende più affini e omogenee nelle progettazioni e nelle realizzazioni interregionali, le Regioni del Sud non hanno mostrato di avere neppure questa capacità. Ciascuna per proprio conto. Quanti e quali dei grandi progetti per il Mezzogiorno sono stati realizzati dalle Regioni del Mezzogiorno nel loro insieme?
Il neocentralismo e la mancanza di coordinamento tra le Regioni del Sud rinviano al problema dei problemi: la classe dirigente meridionale.
Lo ha detto l’amico e collega Ferrara. Non possiamo non affrontare e sciogliere, preliminarmente, questo nodo. Ne dobbiamo discutere fino in fondo. Un partito nazionale non può affrontare solo il problema del candidato governatore o presidente. Il rinnovamento e la trasparenza della classe dirigente, nel suo insieme, nelle diverse Regioni del Sud, sono diventati passaggi strategici per la soluzione della nuova questione meridionale. Altrimenti ci creiamo altri alibi, per non affrontare, a monte, l’aspetto politico.
Un grande partito nazionale, l’unico partito nazionale – perché il nostro è l’unico partito veramente nazionale! – non può rinunciare, quindi, a porsi, da subito, la dimensione etico-politica della nuova questione meridionale, come enunciava Ferrara.
La soluzione della nuova questione meridionale passa, direttamente, dal rinnovamento della classe dirigente locale, che dovrà rinunziare al gattopardismo, al familismo e alle concentrazioni di potere personale del passato. Solo così sarà edificato anche un adeguato antemurale alle infiltrazioni della criminalità organizzata e di quella borghesia mafiosa, la zona grigia, che attendono in agguato il fiume di risorse economiche, destinate allo sviluppo del Mezzogiorno.
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