Riflessione di Daniela Brancati sulla commemorazione dell'on. Federico Brini (21 aprile 2009)
Ti ringrazio veramente, caro Raffaele, per questa lettura, che mi colpisce in un momento di particolare sensibilità verso un argomento: gli intellettuali italiani.
Credo che le persone perbene e intelligenti dovrebbero finalmente interrogarsi. Io lo faccio, e mi piacerebbe se tu volessi farti promotore di una riflessione pubblica, in tal senso. Lo faccio mentre sullo sfondo mi arriva da un'altra stanza la televisione con il suo quotidiano intollerabile rumore della politica parlata, chiacchiere e urla sempre uguali, che oramai mi sono insopportabili.
L'invadenza dello Stato nella cosa pubblica ha reso servi gli intellettuali italiani che hanno preferito mendicare qualche posto o consulenza piuttosto che assolvere a un ruolo storico: quello della coscienza critica.
Senza coscienza critica un paese muore, e tanto più il nostro, che non è mai stato un paese di eroi del quotidiano, semmai di quotidiani opportunismi intervallati da rare eroiche gesta, dovute alla necessità di affrontare l'emergenza via via che si presentava.
Io sono un'intellettuale e ne sono fiera. Sono una passionale e ne sono fiera. Sono anche razionale e ne sono fiera. Ma non riesco più a essere fiera di collocarmi fra gli intellettuali italiani, avvolti nel loro opportunistico assordante silenzio, immersi in una sorta di anestetico, sempre pronti ad andare in soccorso al vincitore.
Condivido la frase di gramsci che hai citato. Non le successive, nelle quali si teorizza che l'intellettuale deve essere organico alle lotte. L'intellettuale deve a mio parere essere non organico per definizione, scomodo, non assoldabile per nessuna battaglia, che non sia quella che parte dalla sua mente, dal suo sentire e dalla sua coscienza. L'intellettuale non può essere il militante che dice sempre sì. Può essere un militante che fa la spina nel fianco del suo partito. Solo in questo caso lo si può ancora definire tale.
E venendo ai giorni nostri: la crisi si inserisce in un quadro già sconfortante e si occupa di allargare un po' in tutto l'occidente il terreno di influenza dello Stato: che ne sarà di noi in italia?
Gli intellettuali tacciono, il giornalismo è morto, la politica è spesso al servizio di poteri tanto più forti. La democrazia vive di interessi contrapposti e di chi sappia rappresentarli. Intorno a me vedo solo omologazione e buonismo ipocrita.
Scusa lo sfogo, ma la vedo davvero brutta!
DANIELA BRANCATI
Roma, 21 aprile 2009
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