I SEGRETI DELLE STELLE
La morte di Antinoo

Opera teatrale tragica in due atti

di

Ralph Lorbeer

con

musiche originali di Mauro Maur

 

 

 

 

Personaggi

Antinoo………………………………………………………………..

L’imperatore Elio Adriano…………………………….………………

L’imperatrice Sabina…………………………………………………..

Nixide, maga-medium, intima confidente dell’imperatrice Sabina…......

Lucio, già favorito dell’imperatore ……………………………………

Ermogene, medico dell’imperatore……………………………………

Rufo, capo delle guardie imperiali di Sabina………………………….

Agrippa, sacerdote del culto di Mitra………………………………….

Schiavi egizi (due)……………………………………………………..

Ballerini (due)………………………………………………………….

Tempi

Antefatto: durata 8 minuti (con cortina in trasparenza calata, decorata con la scintillante stella di Antinoo, la costellazione dell’Aquila e il segno zodiacale dell’Acquario)

Atto primo: durata 45 minuti

Conclusione atto primo: scena di danza dei due ballerini a torso nudo (cinque minuti)

Intervallo:15 minuti

Atto secondo: durata 45 minuti

Durata dei due atti, senza intervallo: 98 minuti ( senza coreografia)

 

Scenografia

Scenografia antefatto: prologo musicale; si alza il sipario, mentre resta calata una cortina trasparente trapunta di stelle; al centro della scena, un tappeto orientale e due tripodi sullo fondo della scena, fumanti di resine orientali, il cui profumo deve invadere la platea. Cala il sipario.

Scenografia atto primo: si alza il sipario; velluti alternati, rossi e neri, sui tre fondali di scena ad arco, come lesene di un tempio greco-romano e, al centro del palcoscenico, un triclinio imperiale dorato con velluti rossi. Dopo l’eventuale fase danzante, cala il sipario.

Scenografia atto secondo: si alza il sipario; velluti alternati rossi e neri sui tre fondali di scena ad arco, come lesene di un tempio greco-romano e, al centro del palcoscenico, una portantina reale, dorata e con cuscini di velluto rosso, con grandi veli bianchi svolazzanti, rigonfi di vento. Sull’uscita finale di scena di Antinoo ed Adriano, mano nella mano, cala lentamente la cortina in trasparenza dell’antefatto. Epilogo musicale trionfante.

Luci

Gli effetti-luce dovranno evidenziare, a seconda dell’andamento della tragedia: i velluti rossi (gioia e passione) o i velluti neri ( dolore e lutto), il centro della scena ( tappeto, tripodi, triclinio e portantina) e, di volta in volta, i volti dei personaggi. Di particolare interesse dovrà essere l’effetto dei veli svolazzanti, le cui ombre in movimento saranno proiettate, in maniera inquietante, sulla platea.

COSTUMI

  1. Antinoo: nudo nell’antefatto e seminudo, con ghirlanda di fiori bianchi nei capelli, e con il corpo scintillante, nel secondo atto.
  2. Elio Adriano: abbigliamento imperiale con tunica ricamata e corona dorata nell’antefatto e senza tunica e corona nel secondo atto( la veste deve apparire come un abito penitenziale).
  3. Sabina: abbigliamento imperiale nei due atti, con particolare cura all’acconciatura dei capelli.
  4. Nixide: abbigliamento da schiava imperiale, maga-medium, cerchi dorati, alle braccia ed ai piedi.
  5. Lucio: abbigliamento raffinatissimo con capelli lunghi biondi intrecciati con fili d’oro, veste finemente ricamata con motivi dorati e calzari anche dorati.
  6. Ermogene: veste bianca con i simboli di Esculapio.
  7. Rufo: abbigliamento da capo della guardia imperiale.
  8. Agrippa: abbigliamento orientale, molto colorato.
  9. Schiavi egizi: abbigliamento tipico ( vedere tombe dei faraoni).
  10. Ballerini: calzamaglia rosso, calzamaglia nera.

MUSICA

Musiche originali(sinfonia) del Maestro Mauro Maur (in particolare prologo ed epilogo); il resto sul tema " L’uomo uccide ciò che ama", dalla colonna sonora del film "Querelle de Brest" di Rainer M.Fassbinder.

 

SINTESI DEGLI ATTI

 

 

A N T E F A T T O (5’)

Un rumore, che sembra di tuono potente e prolungato, irrompe e squassa la scena, a sipario calato. Poi, si alza il sipario e la cortina trasparente rimane calata. Il rumore non è un tuono. E’ soltanto l’inizio di un brano musicale, dissonante e sempre più incalzante. Di colpo questa congerie di suoni, quasi rabbrividenti (da caos pre–creazione, come quello di Haydin), viene coperta da voci concitate(off) che gridano:

"Antinoo è morto! Antinoo è morto!".

Di seguito, due schiavi egizi seminudi, bellissimi, altissimi e di colore, entrano in scena da destra e recano sulle braccia il corpo nudo ed esanime di Antinoo, con il capo riverso e i lunghi capelli ondulati ancora gocciolanti. Mentre i due stanno adagiando lentamente, in posizione parallela rispetto alla platea, il corpo di Antinoo al centro della scena, su di uno splendido tappeto orientale, le stesse voci(off) di prima annunziano a gran voce:

"L’imperatore! L’imperatore".

Gli schiavi egizi si ritirano rapidamente dalla scena sulla destra, donde erano entrati. L’imperatore Elio Adriano, con abbigliamento imperiale, entra in scena da sinistra, a passi lenti e quasi ricurvo su se stesso, si accosta al corpo di Antinoo. Piange, singhiozza, come una donna (muliebriter). Si inginocchia dal lato del capo, accarezza i capelli di Antinoo, piega in avanti la sua testa fino a sfiorare con la sua fronte quella di Antinoo ed urla:

"Perché? Perché?".

Si attenuano piano le luci sulla cortina in trasparenza, fino al buio totale sulla scena.

 

 

 

 

ATTO PRIMO(45’)

 

Alessandria. Anno 130 d.C.. Dimora dell’imperatrice Sabina. La scena si apre con un concitato dialogo tra l’imperatrice Sabina e la maga-medium-confidente, Nixide. Dal dialogo si comprende come l’imperatrice, la corte imperiale e il Senato siano preoccupati delle condizione dell’imperatore, il quale, da circa due mesi, in attesa della preparazione mummificatrice del corpo

del defunto favorito Antinoo e della tumulazione, giace in uno stato di profonda prostrazione e trascura gli affari di Stato. L’attivismo di Elio Adriano appare un ricordo del passato. Tutte le energie del principe e padrone del mondo sono impiegate, esclusivamente, nell’individuazione di un luogo sacro e protetto, lontano dalle future offese degli uomini, per la tumulazione delle spoglie dell’amato giovane, morto suicida, nonché sui templi e sulle statue da innalzare in suo onore e ricordo, su tutto il territorio dell’Impero. L’imperatrice Sabina non riesce a comprendere come la morte, per suicidio, di un giovane favorito dell’imperatore possa causare tanti danni agli affari di Stato ed invita, ancora una volta, Nixide ad usare le sue arti magiche, per escogitare un rimedio che restituisca all’imperatore la gioia di vivere. Nixide propone all’imperatrice di evocare lo spirito di Antinoo e capire così il perché del suicidio, in grado di fornire un rimedio alla prostrazione dell’imperatore. Sabina si rifiuta perentoriamente e la invita ad escogitare un rimedio magico, senza giungere ad evocare lo spirito del favorito defunto.

" Presto, Nixide, interroga, di nuovo, gli astri e le viscere degli animali !".

Mentre Nixide si allontana in fretta, irrompe sulla scena Rufo, capo delle guardie imperiali dell’imperatrice. Si avvicina veloce al triclinio, sul quale Sabina si è regalmente assisa, dopo avere vagato, nervosissima, avanti ed indietro, s’inchina profondamente e, mentre porge all’imperatrice una pergamena, le annunzia con quella l’arrivo da Roma del richiesto messaggio informativo intorno ai commenti del Senato, delle supreme magistrature e del popolo sulla morte di Antinoo e sulle attuali condizione dell’imperatore:

"Divina Sabina Augusta, imperatrice di Roma e del mondo, sono arrivate dall’Urbe le notizie che attendevi. Ci sono i commenti, che ho fatto raccogliere riservatamente per te, in Senato, presso le supreme magistrature ed il popolo romano, sulla morte di Antinoo e sul dolore senza consolazione che affligge da tempo il divino Adriano, imperatore".

L’imperatrice legge avidamente il messaggio. Appare sconvolta dalla lettura, si alza di scatto e ,quasi, impreca:

"Sono accuse infamanti…….infamanti! Antinoo si è suicidato!".

Ordina, sempre decisamente, a Rufo, di portare subito, alla sua augusta presenza, tre testimoni: Ermogene, medico dell’imperatore; Lucio, già favorito ed amico dell’imperatore ed Agrippa, sacerdote del culto di Mitra, anch’egli sodale edamico dell’imperatore.

Nell’attesa, in un drammatico e solitario monologo, Sabina commenta ad alta voce le diverse ipotesi, alternative al suicidio, contenute nel messaggio di pettegolezzi ed insinuazioni, provenienti da Roma: Antinoo è stato vittima di una congiura di palazzo, ordita per gelosia da Lucio; Antinoo è stato vittima di un incidente nel corso di un rito sacrificale in onore di Mitra, alla presenza dell’imperatore; Antinoo (ipotesi più sconvolgente) è stato fatto uccidere dall’imperatore stesso per motivi inspiegabili.

Rufo annunzia l’arrivo dei tre convocati e introduce il primo, Ermogene. I dialoghi intrecciati del medico con l’imperatrice, che lo incalza con domande sempre più stringenti, tendono a confermare la versione ufficiale del suicidio, anche se, in conclusione, Ermogene fa balenare, accennando alla gelosia di Lucio, l’ipotesi di una congiura di palazzo.

Anche l’imperatrice comincia ora a pensare che abbia fondamento l’ipotesi della congiura, per cui, licenziati il medico dell’imperatore, fa introdurre, sempre tramite Rufo, Lucio.

Il colloquio tra i due è drammatico: Lucio si difende fermamente dalle accuse e sposta l’attenzione dell’imperatrice sui riti in onore di Mitra, come causa incidentale della morte di Antinoo. Esce Lucio ed entra in scena Agrippa. Anche questi esclude l’ipotesi dell’incidente e difende i valori del culto. L’imperatrice sempre più preoccupata per le conseguenze degli eventi decide di raggiungere la corte imperiale ed affrontare direttamente Adriano, chiedendo a lui ragione della morte del favorito.

Il primo atto si chiude con l’ordine a Rufo di precederla e di farla annunziare all’imperatore. Sabina esce di scena. In calce all’atto primo, con cortina trasparente di nuovo calata, potrebbe essere inserita una coreografia essenziale di due ballerini( red = passione and black = morte), metafora elegante dell’amore tra Antinoo e l’imperatore.

 

 

ATTO SECONDO(45’)

 

Alessandria. Anno 130 d.C.. Corte imperiale dell’imperatore Adriano. L’imperatrice entra in scena scortata da Rufo, al quale ordina di annunziare il suo arrivo all’imperatore. Nell’attesa, la mente dell’imperatrice è attanagliata dal dubbio atroce: possibile che Elio Adriano sia arrivato ad punto da far uccidere la persona che, non lo nascondeva a nessuno, neppure a lei, amava più di se stesso? Perché avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Può un uomo, anche se padrone del mondo e della vita degli altri, uccidere ciò che ama? L’entrata in scena dell’imperatore, il cui abbigliamento non-imperiale (non indossa né la corona, né il mantello imperiale) simboleggia uno stato d’animo prostato. Sabina incalza l’imperatore con domande sempre più provocatorie con l’accusa di aver abbandonato gli affari dello Stato e di nascondere qualche terribile segreto. L’imperatore risponde all’imperatrice, prima con fastidio e, poi, con regale fermezza, fino a chiederle ragione del perché ella si stia tanto affannando a voler conoscere una verità che non saprà mai e le spiega che, nella morte di Antinoo, c’è un po’ di tutto: suicidio, congiura, rito e assassinio:

"Nella morte violenta di un giovane uomo, nel sacrificio di una vita ancora da riempire del tempo della gioia e del dolore, niente è chiaro, neppure la luce del giorno!".

La profondità delle parole dell’imperatore, non colta da Sabina, scatena l’ira della donna che gli rinfaccia la storia del loro matrimonio di facciata (la ragion di Stato), i tradimenti con donne e uomini, l’ambiguità e l’ambizione a voler passare alla storia come uomo colto e magnanimo, ma, in realtà, soltanto amante del potere e violento. Infine, gli rimprovera la debolezza di aver abbandonato gli affari dello Stato per la morte di un favorito. Le ultime parole sprezzanti di Sabina scuotono profondamente l’imperatore che riassume di colpo tutta la sua regalità e difende la sua persona, il suo amore per Antinoo, il suo governo dell’impero e la sua lungimiranza politica.

" La memoria cara del grande Traiano, divino imperatore e maestro per me di virtù politiche e militari, di sapienza e di prudenza, mi impedisce, o Sabina, di trattarti come prezzolata cortigiana di un lupanare dell’Urbe…Il mio amore per Antinoo è la parentesi più limpida della mia vita…".

L’imperatrice non si lascia convincere ed afferma che solo Antinoo, evocato dagli Inferi dalla medium Nixide, potrebbe placare la sua ira e mettere fine alle insinuazioni che pullulano a Roma. L’imperatore accetta la sfida ed ordina:

"Così sia! Sia introdotta la medium Nixide per evocare dagli Inferi lo spirito di Antinoo!".

Entra in scena Nixide e, con un rito in fenicio, evoca lo spirito di Antinoo. Un vento fortissimo, sottolineato dalla musica, squassa i veli della portantina, le cui ombre serpeggiano sulla platea. Sabina e Nixide cadono a terra,

mentre l’imperatore, sempre più luminoso, si accosta alla portantina. Antinoo emerge, bellissimo, luminoso e seminudo, dal buio del fondo della scena e la sua immagine è come filtrata dalla luce che è alle sue spalle. La sua voce è melodiosa:

"Nessuno mai tra gli umani, nei secoli dei secoli, o mio dolce imperatore, potrà comprendere quale divina ambrosia ho bevuto, per dieci anni, dalla tua coppa…….

Soltanto Venere e gli dei dell’Olimpo, con il loro dono dell’immortalità, soltanto Alcibiade e Patroclo, circonfusi dalla gloria della bellezza e dell’amicizia, potrebbero accostarsi all’altare della nostra felicità….."

Il monologo di Antinoo in difesa dell’imperatore viene seguito da un intenso dialogo dello spirito con Elio Adriano sui ricordi di vita comune evocati. L’imperatrice e Nixide, intanto, si sono ritirate, strisciando per terra. Il secondo atto e l’opera si chiudono con l’uscita verso il fondo della scena, come assorbiti dal buio, di Antinoo e dell’imperatore, mano nella mano. Un marcia trionfante e gioiosa accompagna l’uscita di scena, il calo della cortina e la chiusura del sipario, con il canto:

"Noi resteremo immortali…".

 

 

_______A N T I N O O_______

 

 

ANTEFATTO

 

Scenografia antefatto: cortina trasparente calata, trapunta di stelle (decorata con la scintillante stella di Antinoo, la costellazione dell’Aquila e il segno zodiacale dell’Acquario); al centro della scena, un tappeto orientale e due tripodi sullo sfondo, fumanti di resine orientali, il cui profumo invade la platea.

La musica inizia a sipario calato. Dopo un minuto, si solleva il sipario e rimane la cortina trasparente calata.

Un rumore, che sembra di tuono potente e prolungato, irrompe e squassa la scena a sipario calato. Poi, si alza il sipario e la cortina trasparente rimane calata. Il rumore non è un tuono. E’ soltanto l’inizio di un brano musicale, dissonante e sempre più incalzante. Di colpo questa congerie di suoni, quasi rabbrividenti (da caos pre–creazione, come quello di Haydin), viene coperta da voci concitate(off) che gridano:

"Antinoo è morto! Antinoo è morto!".

Di seguito, due schiavi egizi seminudi, bellissimi, altissimi e di colore, entrano in scena da destra e recano sulle braccia il corpo nudo ed esanime di Antinoo, con il capo riverso e i lunghi capelli ondulati ancora gocciolanti. Mentre i due stanno adagiando lentamente, in posizione parallela rispetto alla platea, il corpo di Antinoo al centro della scena, su di uno splendido tappeto orientale, le stesse voci(off) di prima annunziano a gran voce:

"L’imperatore! L’imperatore".

 

Gli schiavi egizi si ritirano rapidamente dalla scena sulla destra, donde erano entrati. L’imperatore Elio Adriano, con abbigliamento imperiale, entra in scena da sinistra, a passi lenti e quasi ricurvo su se stesso, si accosta al corpo di Antinoo. Piange, singhiozza, come una donna (muliebriter). Si inginocchia dal lato del capo, accarezza i capelli di Antinoo, piega in avanti la sua testa fino a sfiorare con la sua fronte quella di Antinoo ed urla:

 

"Perché? Perché?".

 

Si attenuano piano le luci sulla cortina in trasparenza, fino al buio totale in scena.

 

 

 

ATTO PRIMO

 

Scenografia atto primo: velluti alternati, rossi e neri sui tre fondali di scena ad arco, come lesene di un tempio greco-romano e, al centro del palcoscenico, un triclinio imperiale dorato con velluti rossi.

Si alza il sipario.

Alessandria. Anno 130 d.C.. Palazzo dell’imperatrice Sabina. Ora: indeterminata. L’imperatrice è sdraiata sul triclinio. La maga-confidente Nixide è assisa vicino all’imperatrice e le accarezza i piedi nudi.

 

Sabina, moglie dell’imperatore Adriano (con un crescendo nella voce, alla fine quasi urlando) :

Quale inattesa sciagura,

quale fulmine avverso lo colpisce…

ci colpisce.

Quale infausto sortilegio,

precipitato d’improvviso nell’arco radioso della sua vita,

sta dissolvendo

l’animo dell’imperatore?

Quale angoscia,

partorita dal ventre di un mostro degli Inferi,

opprime il suo animo?

Quale tenebrosa magia riesce ad ottenebrare quella mente

più luminosa di un astro celeste?

Mai, mai,

da quando il forte Traiano,

alla morte del cugino, lo portò a Roma,

dalla provincia spagnola;

lo pose, orfano fanciullo, sotto la sua tutela;

e dopo tre anni, lo allevò come figlio,

gli insegnò la lingua antica dei padri,

lo preparò

al principato….

Mai, mai,

egli manifestò tanta debolezza,

tanta inettitudine…

 

Nixide (con voce soffocata) :

Dicono che pianga come una donna….

Inconsolabile..

 

Sabina (ergendosi con uno scatto nervoso, e mettendosi seduta sul triclinio con lo sguardo rivolto al pubblico, quasi vaneggiando ad alta voce) :

Lui…il padrone del mondo..

Lui…il guerriero coraggioso..

Lui…il terrore dei nemici in fuga..

Lui…il cacciatore di cinghiali senza paura..

Lui…il viaggiatore instancabile in terre lontane e sconosciute..

Lui…l’architetto infaticabile..

Lui…il reggitore dell’Impero..

Lui…

piange come una femminuccia.

 

Nixide (quasi ad alimentare lo stato d’animo dell’imperatrice) :

Sono dei mesi….

 

Sabina (alzandosi in piedi e muovendosi meccanicamente sulla scena) :

Da mesi gli affari dello Stato

sono abbandonati.

Egli sembra non interessato più

alle sorti della cosa pubblica.

La corte imperiale è sconcertata!

I medici costernati!

Nixide ( perfida):

Anche gli schiavi ridono di lui.

 

Sabina (continuando il discorso precedente, all’apparenza non ascoltando più le provocazioni di Nixide) :

Gli antichi progetti,

le strade, i ponti, i palazzi e i templi,

di cui egli voleva adornare

le città dell’Impero;

i progetti ai quali dedicava inesauribili energie,

giorno e notte,

giacciono inerti,

senza vita..

senza futuro…

 

Nixide (insinuante e provocatoria) :

Dicono che l’imperatore,

dopo la tumulazione,

farà costruire una città

sul Nilo…

e la chiamerà con il nome del favorito ( Nixide allude ad Antinoo con disprezzo, ma non ne pronunzia il nome, per un divieto dell’imperatrice, ma incalza).

Dicono che farà innalzare

anche un tempio in Roma,

accanto al luogo destinato al suo mausoleo, sulle rive del Tevere.

Dicono che mille e mille statue

adorneranno i Fori di tutte le città romane

e monete auree con l’effigie del favorito circoleranno nei mercati.

Dicono che l’imperatore

proporrà al Senato…

(Nixide esita, si alza da terra, mentre l’imperatrice le rivolge uno sguardo di fuoco)

di proclamare la divinità di…….

(pur esitando, Nixide sembra sul punto di voler pronunziare il nome del favorito)

 

Sabina (fortemente irritata) :

Ho proibito a tutti di pronunziare quel nome!

 

Nixide (quasi a volersi liberare, pronunzia il nome di Antinoo, con voce soffocata) :

Antinoo.

 

 

Sabina (strappandosi di dosso e gettando a terra il mantello regio, urlando e vagando per la scena) :

 

Antinoo…Antinoo….Antinoo…

Dannata,

ti farò frustare dal più violento dei carnefici.

 

Nixide (implacabile, e sicura di sé) :

Augusta imperatrice,

quel nome corre sulla bocca di tutti:

dei cortigiani, dei soldati,

dei mercanti, degli schiavi,

negli angiporti di Alessandria..

nel Foro di Roma.

 

Sabina (sempre ad alta voce) :

Neppure Nerone…

Neppure Caligola..

osò tanto….

Un favorito divinizzato!

 

Nixide (di nuovo, perfida) :

Un nuovo culto sarà introdotto a Roma?

 

 

Sabina (ancora più furibonda) :

 

Neppure la sposa di Traiano,,

la materna e presaga Plotina,

che fu per Adriano

matrice del suo destino imperiale;

che lo accompagnò,

accorta e prudente,

nel cursus honorum,

da questore a console,

da governatore delle province orientali ad arconte di Atene;

che lo consigliò e lo protesse dalle ingiurie e dalle insidie dell’Urbe;

che ne governò, con mano ferma,

sul letto di morte

del vincitore dei Daci,

del terrore dei Parti,

la successione…;

neppure l’augusta sposa di Traiano,

ha meritato

da lui

simili onori!

 

Nixide (subdola) :

Per il suicidio di un favorito..

 

Sabina (ora quasi meditativa, dopo l’urlo precedente) :

Il suicidio di un favorito

non può mettere in pericolo la guida dell’Impero;

non può precipitare nel dubbio la dinastia;

non può esporre a rinnovate insidie interne

la pace e il benessere del popolo romano.

A Roma,

i vecchi nemici sono sempre in agguato.

L’Urbe è affollata di uomini ostili,

dominati da sentimenti di vendetta.

Anche in Senato,

persino in Senato,

c’è chi trama nell’ombra,

chi potrebbe organizzare nuovi agguati,

per vendicare

quei congiurati

che,

dopo la sua proclamazione a imperatore da parte dell’esercito

e la ratifica del Senato,

si riuscì,

con impavida fermezza,

e con l’aiuto di Giove Capitolino,

a sconfiggere ed affogare nel loro stesso sangue di traditori.

 

Nixide (propositiva e interrogativa verso l’imperatrice) :

Le profezie di questa mattina

sono ancor più nefaste di ieri.

Continuo a cercare un rimedio

che rechi salvezza all’imperatore?

che plachi il suo oscuro dolore?

 

Sabina (perentoria e solenne, mentre si stende sul triclinio) :

Nixide,

interroga, di nuovo, gli astri e le viscere degli animali!

Adopra ogni arte magica,

prepara filtri risolutori,

per restituire

l’uomo a se stesso,

il marito all’imperatrice,

e l’imperatore agli affari di Stato.

Nell’attesa delle notizie provenienti dall’Urbe,

a me già preannunziate da Rufo,

capo della mia guardia,

io pregherò ,

da qui, dalle sponde del Nilo,

da Alessandria,

gli antichi dèi campestri,

gli Argèi,

affinchè il sortilegio sia infranto.

Nell’attesa di gettare

io stessa

nel Tevere,

dal sacro ponte,

accompagnando il corteo delle vergini Vestali,

giunchi votivi intrecciati.

 

Mentre Nixide si allontana in fretta, irrompe sulla scena Rufo, capo delle guardie dell’imperatrice. Rufo si avvicina veloce al triclinio, sul quale Sabina si è di nuovo regalmente assisa, s’inchina profondamente e, mentre porge all’imperatrice un pergamena, le annunzia l’arrivo da Roma del richiesto messaggio informativo intorno ai commenti del Senato, delle supreme magistrature e del popolo sulla morte di Antinoo e sulle precarie condizioni dell’imperatore.

 

Rufo (con enfasi):

 

Divina Sabina Augusta,

imperatrice di Roma e del mondo,

ecco a te,

dall’Urbe,

le notizie che attendevi.

In questa pergamena ci sono i commenti,

che ho fatto raccogliere in Senato,

presso le supreme magistrature ed il popolo romano,

sulla morte del giovane favorito e sul dolore senza consolazione

che affligge da tempo il divino Elio Adriano, imperatore.

 

Sabina (svolgendo la pergamena e leggendo avidamente il messaggio, sembra essere sconvolta dalla lettura, si alza di scatto e, quasi, impreca) :

Accuse infamanti…

Infaaa….manti!

Antinoo si è suicidato!

I nostri nemici affilano le armi della perfidia e della calunnia,

in attesa di affilare armi più pericolose per una rinnovata congiura.

Non c’è tempo più da perdere!

 

 

Rufo (quasi mettendosi sull’attenti e pronto agli ordini imminenti) :

Divina imperatrice,

ogni tuo ordine sarà eseguito!

 

Sabina (con tono di chi è abituato al comando) :

Rufo,

senza informare l’imperatore,

conduci immediatamente alla mia presenza uno dei testimoni del suicidio,

il medico Ermogene.

E, poi,

Lucio, ed, infine, Agrippa, sacerdote del culto di Mitra.

 

Rufo (interrogativo) :

E se si rifiutassero di venire presso di te,

senza il consenso dell’imperatore?

Ricorda i divieti di Adriano.

Sabina:

Riferisci che li voglio incontrare per il bene dell’imperatore,

per il futuro di Roma!

 

Rufo (quasi a voler prevedere ogni ipotesi) :

E se ancora si rifiutassero?

Sabina (perentoria):

Allora conducili qui con la forza,

anche in catene,

se necessario.

 

Rufo esce a precipizio. Sabina ritorna sul triclinio. Rientra silenziosa e circospetta Nixide.

 

Sabina ( sempre più angosciata):

Maga, hai trovato il rimedio?

A Roma, corrono voci gravi……

 

 

 

Nixide (come chi debba dare cattive notizie) :

Divina Sabina,

nessun rimedio è possibile!

Soltanto lo spirito del suicida può placare il dolore di chi lo ama.

Con un rito di…… di magia fenicia…….

(Nixide sembra esitare)

io potrei evocarlo….

davanti a te.

 

Sabina (ora ansiosa) :

E se non si fosse suicidato?

Se……fosse stato ucciso…..da qualcuno…

 

Nixide (sorpresa da quella strana insinuazione dell’imperatrice) :

Ucciso????

 

Sabina (quasi esitante) :

Si, ucciso.

Nixide (ora decisa, dopo lo sbalordimento iniziale) :

Lo spirito potrebbe svelare il nome del suo assassino..

o dei suoi assassini!

Sabina (come, di colpo, precipitata in una spirale di pensieri tremendi) :

Ritirati..

Lasciami sola!

Sola…..

Nixide, perplessa, prontamente e in silenzio, si ritira. Inizia il monologo dell’imperatrice, la quale ridiscende dal triclinio e si avvicina alla platea, guardando nel vuoto. Sabina, incredula su quanto ha letto poco prima nell’informativa, medita ed argomenta, per esclusione, ad alta voce sulle ipotesi diffusesi a Roma intorno alla morte di Antinoo) :

Da troppo tempo

l’imperatore è lontano da Roma.

Da troppi mesi

siamo lontani da Roma.

L’assurdo dolore di Adriano

sta scatenando,

nell’Urbe,

la canea della calunnia.

La grande cloaca delle insinuazioni

dilaga.

L’acre fetore

delle parole avverse

potrebbe soffocarci.

…………………………………………….

A Roma c’è chi afferma che la gelosia di Lucio,

avrebbe armato la mano assassina?

Lucio avrebbe temuto

di essere sostituito, per sempre,

nei favori dell’imperatore?

…………………………………………….

senza temere di essere scoperto,

senza temere la reazione di Adriano?.

Lucio avrebbe messo in pericolo,

dopo tanti anni di solidale amicizia di Adriano,

il suo stesso futuro,

e la ricchezza, gli agi che gli vengono assicurati,

per una banale gelosia umana,

come la più stupida delle amanti?

Lucio è troppo raffinato ed intelligente,

amante del lusso e del potere,

innamorato di se stesso e del proprio destino,

per cadere nella stupida trappola della gelosia.

…………………………………………………………

Altri calunniatori,

negli squallidi lupanari,

sotto lo stadio di Domiziano,

vanno propalando diverse malvagità.

Un rito sacrificale,

in onore di Mitra,

alla presenza dell’imperatore,

spinto oltre ogni limite,

avrebbe provocato,

nella furia del sangue taurino,

la morte del giovane?

…………………………………………………

Né voglio pensare,

neppure pensare possibile,

l’estrema delle cattiverie,

diffusa negli ambulacri, nei recessi del Senato.

Fiore del male,

sbocciato su labbra malsane!

Solo la follia,

una follia senza fine,

potrebbe spingere un uomo ad uccidere…

…………………………………………………

Adriano non è folle.

Egli è l’alfa e l’omega della razionalità.

Egli è il segno della benevolenza degli dei verso l’umanità.

Egli è la sintesi più alta delle qualità divine ed umane.

…………………………………………………...

( L’imperatrice cessa le meditazioni ad alta voce e riprende coscienza della gravità della situazione)

Bisogna fermare

l’onda delle calunnie.

Bisogna provare,

al di là di ogni dubbio,

il suicidio del favorito.

Bisogna strappare Adriano alla sua cupa disperazione.

 

 

Rufo (entra, sempre rapido e annunzia all’imperatrice che tutte le persone richieste sono nell’anticamera) :

Divina Sabina,

le persone sono qua:

il medico Ermogene, Lucio ed Agrippa, sacerdote del culto di Mitra.

 

Sabina:

Hanno offerto qualche resistenza?

 

Rufo:

No,

soltanto Lucio ha chiesto,

senza esito,

di poter informare prima l’imperatore!

Sabina:

Rufo, introduci Ermogene.

Rufo esce e rientra con il medico Ermogene, lo annunzia e si ritira:

Divina Sabina,

Ermogene, il medico dell’imperatore!

Ermogene si inchina profondamente senza pronunziare una parola.

Sabina subito lo interroga:

Quale è lo stato di salute di Adriano?

Ermogene:

Divina imperatrice, le nebbie del dolore si stanno dissipando.

Lentamente…

 

Sabina:

Ermogene, il tempo è breve.

Adriano deve tornare al più presto alla guida dell’Impero.

I tuoi medicamenti sono, dunque, inefficaci?

 

Ermogene:

Non c’è lenimento terreno per le ferite dell’animo.

 

Sabina (spostando bruscamente l’argomento) :

Come si suicidò il favorito?

Tu stesso, vero?, ne esaminasti il cadavere.

Ermogene (profondamente addolorato) :

O giorno terribile!

O inizio dello strazio del mio padrone!

Quel giovane, dotato di tutte le umane bellezze,

in gara con quelle degli dei dell’Olimpo,

si lasciò morire nelle basse acque del Nilo.

Sabina (incalzante) :

Per quale ragione,

il favorito dell’uomo più potente del mondo

si è lasciato morire?

 

Ermogene ( alludendo ad Adriano):

Ragioni misteriose,

ecco perché il dolore di Adriano non trova quiete,

non si placa…

Sabina (indagatoria):

Potrebbe non essere un suicidio?

Ermogene:

Potrebbe…

Sabina:

Potrebbe essere scivolato..

Ermogene:

Potrebbe essere stato spinto..

Sabina:

Spinto?da chi?

Ermogene:

Da mani prezzolate dalla……..gelosia.

Da chi poteva temere nuove scelte dell’imperatore.

Da chi è arrivato di recente ad Alessandria da Roma.

Sabina comprende l’allusione a Lucio. Lo licenzia con un gesto e, mentre attende Lucio, sembra dare credito a quella allusione:

La gelosia del potere………………

La paura di perdere i favori di Adriano e la ricchezza…..

Entra Lucio, elegante come un sibarita, allarga le braccia, mentre si avvicina, quasi scherzoso, a Sabina:

Augusta, quali segreti di Stato

ti hanno spinta a convocarmi,

così, di gran fretta?

 

Sabina:

Segreti che tu ben custodisci.

Lucio (interdetto) :

Non ho segreti per l’ imperatrice.

 

Sabina (decisa e incalzante) :

Perché sei venuto ad Alessandria?

Perché lo hai fatto uccidere, mettendo in scena il suicidio?

Perché hai voluto distruggere la gioia di Adriano e mettere in pericolo la guida dell’Impero?

Davvero pensavi possibile che egli potesse sostituire te, romano,

nei favori e nell’amicizia,

con un favorito di origine greca?

Lucio (quasi incredulo e protestando) :

Le tue parole mi offendono…

L’amore che porto ad Adriano

mi impedirebbe di fare qualcosa che gli possa recargli dolore.

Potrei lordare le mie mani di sangue

soltanto per difendere la vita di Adriano,

che mi è più cara della mia stessa vita.

Sabina (oramai convinta dell’ipotesi dell’omicidio) :

Chi lo ha precipitato

nelle acque melmose del Nilo?

Lucio:

Forse il corpo fu deposto là

dopo un rito in onore di Mitra.

Un rito di sangue…

 

Sabina:

Quei riti non sono stati più praticati da Adriano!

 

Lucio (allusivo, mentre si ritira):

Forse Adriano ha iniziato il greco

alla pratica di nuovi riti misterici.

Cerca lontano da me, o imperatrice,

la causa di quella morte…

Cercala nei riti

di sangue e di sesso

tra uomini…..

 

Sabina (ad alta voce, mentre entra quasi piegato in avanti il mercante Agrippa, accompagnato da Rufo):

Adriano sarà stato presente all’incidente…..

ecco perché è vittima dell’inquietudine…

 

Rufo (annuncia il terzo testimone e si ritira. Il mercante resta piegato in avanti verso l’imperatrice, in atto di ossequio):

Il sacerdote Agrippa,

dignitario del culto di Mitra!

Sabina (saltando i preamboli e sempre più indagatrice):

Anche tu eri presente, insieme con l’imperatore,

al rito in onore di Mitra, in cui è morto il favorito?

Tu hai fatto trasportare il corpo nelle acque del Nilo?

 

Meneo Agrippa (spaventato, imbarazzato e quasi tremante):

Divina imperatrice,

il culto di Mitra non genera morte,

ma vita!

Il sangue del toro

onora il dio unico del bene.

Tuttavia il divino Adriano

non lo ha più praticato.

Da tempo nessun rito in onore di Mitra

è stato più celebrato nelle caverne del palazzo imperiale.

Non comprendo ciò che la divina Sabina dice……

Sabina ( imperiosa):

Allora, chi ha ucciso il favorito?

Meneo Agrippa (non più tremante, mentre si ritira, senza dare mai le spalle a Sabina) :

L’uomo uccide ciò che ama.

La morte rende immortale la bellezza, che il tempo sfiorisce.

 

Sabina (appena uscito Agrippa, ne ripete, quasi scandendole, le stesse parole, prima che entri Rufo) :

L’uomo uccide ciò che ama.

La morte rende immortale la bellezza,

che….il tempo…sfiorisce.

Rufo:

Ci sono altri ordini, divina Sabina?

Sabina (frenetica) :

Devo vedere subito l’imperatore.

Precedimi a corte

ed annunziami!

Sabina (scendendo dal triclinio) :

Nixide, presto. Devo raggiungere l’imperatore!.

Entra Nixide, raccoglie da terra il mantello, lo appoggia velocemente sulle spalle di Sabina ed escono a precipizio dalla scena.

Musica ed eventuale intervallo coreografico.

 

 

ATTO SECONDO

Scenografia atto secondo: si alza il sipario; velluti alternati rossi e neri sui tre fondali di scena ad arco, come lesene di un tempio greco-romano e, al centro del palcoscenico, una portantina reale, dorata e con cuscini di velluto rosso, con grandi veli bianchi svolazzanti, rigonfi di vento.

 

Alessandria. Anno 130 d.C.. Corte imperiale dell’imperatore Adriano.

Ora: indeterminata. L’imperatrice Sabina entra in scena, seguita da Rufo.

Sabina:

Rufo, fai avvertire l’imperatore: io sono qui!

Rufo si inchina ed esce senza parlare, come fosse preoccupato, conoscendo i reali rapporti tra Adriano e Sabina. Entra in scena da destra l’imperatore Adriano, con una lunga tunica bianca, quasi monacale, la barba lunga e i piedi scalzi. E’ l’immagine di sofferenza. L’imperatrice gli si avvicina, quasi premurosa, gli accarezza il volto, con le due mani, con affetto apparentemente protettivo.

Sabina:

Adriano, Adriano…….!

Adriano ( con un filo di voce e, quasi, scandendo le parole):

Terribili eventi ti hanno portato alla mia corte…

ti hanno spinta a violare,

con carezze insincere,

il luogo

della mia sofferenza?

 

Sabina:

Sono preoccupata.

Adriano:

Mi hanno informato delle tue forsennate indagini,

dei tuoi interrogatori……….

Sei intenzionata di nuovo

a lasciarti coinvolgere

negli intrighi di corte?

Non rammenti più i divieti imperiali?

Sabina:

Sono preoccupata per il tuo stato di salute.

Adriano:

Sei preoccupata di salvaguardare il tuo potere!

Sabina:

Ne ho parlato anche con il tuo medico, Ermogene.

 

Adriano:

Mai, mai,

nei trentuno anni del nostro matrimonio,

mai ti preoccupasti

della mia salute….come oggi…

Né quando mi ammalai in Pannonia,

né quando mi ammalai in Siria.

Cosa succede, o Sabina?

Quale incubo tormenta il tuo sonno?

 

Sabina:

Gli affari dello Stato sono negletti….

Voci infamanti corrono su di te, a Roma,

persino in Senato…..

 

Adriano (quasi ironico):

Caput mundi…

Caput calumniae…

Sabina (insistente):

I nostri nemici sono in agguato…

Le tue debolezze alimentano attese di vendetta..

Adriano (filosofico):

Il dolore non è debolezza.

La consapevolezza del dolore è forza..

Sabina (interrompendo bruscamente la meditazione di Adriano e passando all’attacco):

Non per queste umane miserie,

ti prescelse il grande Traiano.

Non per queste umane miserie,

ti fece erudire nelle lettere, nelle arti e nelle scienze.

Non per queste umane miserie,

acconsentì a consegnarti, con la parente adorata,

la mia incontaminata bellezza.

Non per queste umane miserie,

ti allevò alle asprezze della vita militare,

ti portò con lui,

in Germania contro i Daci,

messaggero segreto dei suoi ordini,

o nelle dure battaglie contro i Parti.

Non per queste umane miserie,

ti educò alle supreme magistrature,

fino alla sofferta adozione

che ti spalancò le porte del principato.

Dove è finito

il coraggio di Adriano,

giovane combattente

nella quinta legione germanica?

Dove è finito

il coraggio di Adriano,

che reca,

per primo,

tra insidie ed agguati,

la notizia a Traiano della morte di Nerva

e, con essa, l’annunzio della sua ascesa al trono imperiale?

Adriano (inizia a scuotersi dall’iniziale distacco):

Tu chiami umane miserie

ciò che rende l’uomo veramente uomo.

Tu opponi,

senza ragione,

il coraggio al dolore…

Sabina (ancor più provocatoria):

Appari un uomo diverso..

anche le schiave ridono di te!

Forse nella tua natura non hanno mai albergato

le antiche virtù dei romani,

intrepidi

nel guardare

la morte negli occhi

non soltanto sui campi di battaglia.

Senza paura,

senza viltà..

Adriano (ormai irritato):

Di quale viltà osi farneticare…

Sabina ( a raffica):

Oggi comprendo le perplessità di Traiano

nell’adottarti….

le sue esitazioni.

Egli aveva compreso il tuo doppio essere.

Tu, uomo e donna.

Tu, magnanimo e violento.

Tu, coraggioso e vile.

Tu, romano e greco.

Tu, guerriero e lascivo.

Tu, feroce e mite.

Gli ebrei dell’Egitto, di Cipro e della Giudea

Ricorderanno per sempre le tue sanguinose persecuzioni.

Oggi compiango il mio matrimonio,

voluto da te,

per ingraziarti Traiano.

Un matrimonio,

mortificato dai tradimenti,

con cortigiane e con favoriti,

ridotto a simulacro di ipocrisie e di inganni.

Oggi colgo la ragione dei tuoi divieti,

acchè io non governassi la corte,

non partecipassi alla vita politica di Roma.

Mi umiliasti sempre

come donna…

e come imperatrice augusta.

Adriano (stupefatto da quelle inattese e feroci accuse):

Adriano non è un eroe,

egli è uomo di carne, di sangue e di merda.

Egli è forte e debole.

La coscienza della propria fragilità

non è un limite,

come insegnano i filosofi greci.

Ti sbagli, Sabina.

Io ti ho rispettata come donna.

Io ti ho onorata,

come imperatrice,

con palazzi, statue, monete

e con il titolo di Augusta.

La tua effigie

adorna

ogni angolo dell’Impero!

Cosa pretendi di più?

 

Sabina (sarcastica):

Gli onori che hai reso

a Traiano,

tuo unico timone;

all’imperatrice Plotina,

tua generosa protettrice;

a mia madre ed a me, tua infelice moglie..

presto saranno pallide ombre.

La stessa colonna di Traiano,

nel Foro romano,

marmorea visione dei trionfi in Oriente,

diverrà rossa di vergogna…

 

Adriano:

Quale inesauribile odio

alimenta

parole cosi gravi

contro il tuo imperatore e marito?

Quale disprezzo della verità,

quale dileggio dei miei sentimenti

alberga

nel tuo animo?

 

Sabina (ormai diretta e scatenata):

 

Oserai, dunque,

innalzare templi, statue e coniare monete?

Oserai

Proporre al Senato in subbuglio,

la divinizzazione del tuo favorito,

mettendo in pericolo la dinastia?

 

Adriano (rispondendo indirettamente alla domanda dell’imperatrice):

Antinoo sarà immortale!

L’armonia del corpo,

la tenerezza dello sguardo,

il guizzo delle membra danzanti,

il ruscellare dei capelli ondulati….

saranno immortalati

dagli scultori nel marmo,

dai poeti nei versi.

I musici ne celebreranno le virtù.

Fino a quando il sole

risplenderà sulle vicende degli uomini,

fino a quando un sentimento d’amore

unirà due esseri,

Antinoo sarà immortale!

 

Sabina (mettendo da parte ogni prudenza):

Perché vuoi immortalare

colui che è stato privato della vita?

Non fu, certo, suicidio.

Chi armò la mano assassina?

Quale terribile segreto ti angoscia, Adriano?

Adriano (ambiguo):

 

Nella morte violenta di un giovane uomo,

nel sacrificio di una vita,

ancora da riempire delle ore

della gioia e del dolore,

niente è chiaro,

neppure la luce del giorno!

Sabina:

Può un uomo uccidere ciò che ama?

Adriano (riassumendo le sua regalità):

La memoria imperitura di Traiano,

divino imperatore e maestro, per me,

di virtù politiche e militari,

di sapienza e di prudenza,

mi impedisce, o Sabina,

di trattarti

come prezzolata cortigiana di un lupanare dell’Urbe…

Il mio amore per Antinoo

è la parentesi più limpida della mia vita..

Il mio amore per Antinoo

ha irrobustito,

non distratto,

il governo dell’Impero.

Non c’è progetto realizzato,

non c’è ordine impartito,

in questi anni,

che manchi del suo inconsapevole sigillo,

dei suo benefico influsso.

Da lui, inconsapevole,

trassi

la consapevolezza storica

di dover fermare le inutili guerre di conquista,

di consolidare i confini dell’Impero,

di rinsanguare l’erario,

di urbanizzare le province,

di rinsaldare i culti religiosi,

di fondere la cultura romana con quella della Grecia,

antica madre di Roma.

Come avrei potuto

inaridire la sorgente vivente

della mia felice esistenza?

Tu, Sabina,

pronunzi bestemmie…..

senza senso.

 

Sabina (non domata e non convinta dalle ambigue risposte di Adriano):

Solo lo spirito del defunto

potrebbe placare la mia ira.

E, con essa,

le calunnie che pullulano a Roma.

……………………………………

E se lo spirito ti accusasse?

Adriano ( sempre più imponente e sicuro):

Nessuna magia,

la più torbida,

può stravolgere la verità.

L’amore,

che è di origine divina,

nulla teme,

perché la nostra armonia

fu diseguale,

ma completa.

Completa perché diseguale.

Perfetto equilibrio tra sensi ed intelletto,

cerchio concluso dell’esistenza,

unico ed irripetibile,

come insegna Platone.

Esso si nutriva della verità e viveva nella verità.

La presenza di Antinoo,

altra parte del mio cerchio,

ormai spezzato,

la presenza evocata del suo spirito,

come tu chiedi,

rinnoverà la mia sofferenza

e la mia disperazione.

Sappi, tuttavia,

che non ho timori!

L’imperatore ha accettato la sfida.

L’imperatrice ordina, nominando, per le prima volta, il favorito:

 

Così sia!

Rufo..

Entra in scena Rufo.

Sabina:

Sia introdotta Nixide

per evocare dagli Inferi

lo spirito di Antinoo!

Entra in scena Nixide e, con un rito in fenicio, lingua incomprensibile, evoca lo spirito di Antinoo.

Un vento fortissimo,

sottolineato dalla musica,

squassa i veli della portantina,

le cui ombre serpeggiano sulla platea.

Sabina e Nixide cadono a terra,

mentre l’imperatore, sempre più luminoso,

si accosta alla portantina.

Antinoo emerge, bellissimo, radioso e seminudo,

dal buio del fondo della scena

e la sua immagine è come filtrata dalla luce che è alle sue spalle (ghost).

La sua voce è melodiosa.

Antinoo:

 

Nessuno mai

tra gli abitatori della Terra,

nei secoli dei secoli,

o mio dolce imperatore,

potrà comprendere

quale divina ambrosia ho bevuto,

per tanti anni,

dalla tua coppa…….

Soltanto Venere

e gli dei dell’Olimpo,

con il loro dono dell’immortalità;

soltanto Alcibiade e Patroclo,

circonfusi dalla gloria della bellezza e dell’amicizia,

potrebbero accostarsi

all’altare della nostra felicità…..

L’imperatrice e Nixide, di fronte a quelle significative parole di Antinoo, lentamente si ritirano, quasi strisciando per terra.

L’imperatore, commosso ed emozionato, si siede sulla portantina:

La tua radiosa presenza,

o Antinoo,

frutto di magia fenicia,

sia pure fatta soltanto di soffio e di luce,

mi suscita e mi atterra,

mi consola e mi affanna.

 

Antinoo (sfiorando con una mano la spalla di Adriano):

La mia morte…..

 

Adriano (rammaricato, sconfortato e rivolto verso l’alto):

 

Sommo Giove,

la cieca superbia

mi impedì di cogliere fino in fondo

come il pensiero della morte occupasse il suo meditare.

E donde esso ebbe origine…

 

Antinoo (rispondendo all’imprecazione di Adriano e a lui rivolto, con grande dolcezza):

 

Fin da fanciullo

ho coltivato nel mio animo

il pensiero della morte.

Quando a Nicomedia,

mi rivolgesti la parola,

io stavo sfiorando con le mani

la superficie dell’acqua di una fontana.

Mi chiamasti "Narciso",

pensando che io contemplassi il mio volto riflesso.

Ebbene, allora,

la tua voce lieve e il tuo rassicurante sorriso,

per la prima volta,

mi strapparono al mio pensiero dominante…

al mio pensiero estremo.

 

Adriano:

Eppure i primi dialoghi tra di noi,

dai quali sortì

la preziosa intimità,

e gli anni favolosi che seguirono,

riguardarono la filosofia,

l’andare a cavallo,

ed il leggere le stelle.

 

Antinoo:

 

Ciò

che abbiamo vissuto;

ciò di cui discutevamo per ore,

dopo partite di caccia al cinghiale o al leone,

dopo cene con cibi naturali, senza spezie,

nei lunghi viaggi in terre lontane da te governate,

mi riproponeva sempre

quel pensiero.

 

 

Adriano:

Eppure seguivi

con interesse partecipe,

in Grecia,

le discussioni filosofiche

sulla bellezza della vita

e sull’arte di goderne.

 

Antinoo:

Chi inviasti dal filosofo Eufrate

a dargli licenza

di uscire volontariamente dalla vita?

Adriano( quasi a scusarsi):

Eufrate era malato di fegato,

non voleva più soffrire…

Antinoo:

Io fui messaggero di morte.

Adriano (come sorpreso da quelle rivelazioni):

Eppure

nella caccia

abbandonavi

le indecifrabili malinconie.

Il tuo desiderio di vita

esplodeva in grida potenti,

di fronte alle prede abbattute..

Il tuo corpo,

teso come un’arco,

come quando danzavi per i miei ospiti,

sprizzava energie vitali

e contagiava

i partecipanti,

oltre che il tuo imperatore.

Antinoo:

 

Anch’esso,

spettacolo di potenza e di forza,

era generatore di pericolo.

Qui in Egitto, ricordi ?,

trafissi a morte un regale leone,

ma, imprudente, lo ricordi?,

mi esposi al suo ultimo attacco.

E, tu,

fulmineo e freddo,

intuisti il pericolo,

e finisti la belva color del deserto,

strappandomi ai famelici Inferi.

Allora,

per la prima volta,

scorsi il profilo

della mia morte.

 

 

Adriano:

Credevo che il pericolo ti esaltasse!

 

Antinoo ( con tenerezza malinconica):

 

Quale compagno

ti seguirà in futuro

nei piaceri della caccia?

 

Adriano (con pari sentimento):

Il ricordo della mia adozione

mi è caro.

Lo è, ancor più,

quello dei leoni,

uccisi con te in Mauritania.

Ma il tempo dei piaceri è finito….

è finito con te!

Antinoo:

Neppure tornerai più a viaggiare tra le stelle?

 

 

Adriano:

Forse salirò ancora,

con il piede stanco,

gli scalini dell’osservatorio di Tivoli.

Forse getterò ancora,

con gli occhi pieni di lacrime,

lo sguardo al cielo stellato:

Forse…

 

L’imperatore è fortemente commosso. Si alza dalla portantina e vaga per la scena, con lo sguardo rivolto al pubblico. Antinoo si accosta alle sue spalle, spalanca le braccia come un grande uccello protettore, quasi a volerlo abbracciare.

Adriano ( quasi urlante):

Io ti insegnai

il moto degli astri e la magia delle stelle.

Io ti elencai

i nomi delle costellazioni,

e la loro composizione.

Io ti mostrai

le ombre, i chiarori

e le trasparenze della notte.

 

Antinoo (sempre con tenerezza) :

Ho appreso da te,

coricato al tuo fianco,

i segreti delle stelle,

il fascino dell’ ignoto,

il desiderio dell’inconoscibile.

Nelle notti della mia Bitinia…

Adriano (sembra non reggere più a quella marea montante di ricordi):

Non ti addormenterai più,

con il capo reclino

sul petto mio,

mentre io parlerò del cosmo.

Non bacerò più,

furtivamente,

per non svegliarti,

le tue palpebre abbassate

nell’accoglienza del sonno.

 

Antinoo:

Dalle stelle mi vennero

altri preannunzi di morte;

più, ancor più, che dall’orrido sangue dei riti misterici.

 

 

 

Adriano:

Parli della profezia della maga di Canopo?

L’annunzio di sciagure fatali

riguardava me.

Soltanto me.

Antinoo (avvicinandosi all’imperatore e guardandolo negli occhi):

La mia morte è l’ultimo dono,

il segno più alto segno della mia dedizione,

o mio imperatore.

Il mio sacrificio

ha preservato

la tua vita

e il tuo regno

da insidie mortali.

 

Adriano:

Tu offristi,

come vittima,

il tuo amato falcone da caccia,

che ti avevo donato,

per allontanare

da me

i tristi presagi.

 

Antinoo:

Cosparso di miele

e di essenza di rose,

il dolce animale

non riuscì a placare

l’avverso destino....

 

Adriano (sconvolto da quella ulteriore rivelazione):

 

Chi ti disvelò

l’insoddisfatta brama del dio?

 

Antinoo:

Tornai,

senza di te,

dalla maga di Canopo.

 

Adriano(quasi protestando):

Perché mi tenesti all’oscuro?

Antinoo:

Ella mi rivelò,

senza enigmi,

che la tua salvezza reclamava l’offerta più grande:

chi tu amavi più di ogni altro,

chi ti amava più di ogni altro.

Adriano:

Il dio avrebbe accettato

altre vite…

altri sacrifici…

altri doni propiziatori.

 

Antinoo:

La maga

mi chiamò

con il nome Alcesti,

non di Antinoo.

Mi raccontasti tu, anni fa,

la storia dell’amore di Alcesti,

che, sola, offrì la vita per il marito Admeto.

Così subito ricordai e compresi.

Così mi sono afferto,

per te,

come la regina di Mileto.

 

Adriano (sconvolto e urlante):

Maledetta l’invidia del dio…

mi ha strappato

ciò che avevo di più caro…

 

Antinoo (quasi distaccato):

Nessun dio,

neppure il padre di tutti gli dei,

potrà cancellare il nostro amore.

Adriano:

Ho difeso

lo scandalo del nostro amore

dalle invidie dei cortigiani…

Ho difeso

lo scandalo del nostro amore

dalle calunnie dell’Urbe…..

Ma il padrone del mondo

è stato costretto a subire l’oltraggio

dell’invidia del dio.

 

Antinoo (quasi invitante):

 

Non rendere il mio dono inutile.

Roma ha bisogno della tua saggezza.

La grandezza di Roma

non consente soste,

non tollera esitazioni.

Adriano (dopo qualche istante di silenzio, in tutta la sua regale maestà, consapevole del proprio dolore, ma anche dei propri doveri di Stato):

Continuerò a rendere grande Roma…..

Per rendere te immortale, o Antinoo!

Coro di voci off ( mentre cala lentamente la cortina ed inizia l’epilogo musicale):

La stella di Antinoo brillerà nel cielo,

in eterno, in eterno.

 

Adriano ed Antinoo si abbracciano a lungo, poi, lentamente, quasi a rallentatore, mano nella mano, si allontanano verso il fondo della scena, fino a scomparire nel buio. Intanto, prosegue l’epilogo musicale finale, con il coro che canta (o recita):

Noi resteremo immortali,

Fuori dalla storia.

Noi resteremo immortali,

Fuori dal tempo.

Ovunque,

nell’universo vivrà l’amore,

Noi vivremo.

Noi resteremo immortali!

Cala il sipario.